Analisi

Impatto COVID-19 su Service Business e Field Service Operations

Quali sono le lezioni che arrivano dal campo relativamente alle condizioni di operatività reale delle fabbriche, alle logiche dei processi logistici, alle attività di ufficio e all’ambito delle Field Service Operations (FSO)? Una ricerca, una analisi e un webinar ASAP SMF per approfondire la conoscenza delle logiche che governano la continuità dell’erogazione dei processi di service a fronte dell’emergenza Coronavirus.

Pubblicato il 22 Apr 2020

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Molti sono gli impatti attesi dell’emergenza sanitaria attuale sulle imprese. Questo contributo si focalizza su un tema oggi chiave per molte aziende manifatturiere: la continuità dell’erogazione dei processi di service.  Nel difficile quadro attuale infatti pare fondamentale capire le condizioni di operatività delle fabbriche, dei processi logistici, delle attività di ufficio e delle Field Service Operations (FSO), così da identificare problemi e possibili soluzioni utili a tutti per garantirne la continuità.

In particolare, questo articolo anticipa alcuni dei principali punti emersi da una indagine effettuata nell’ambito delle attività di ricerca di ASAP, il più importante network italiano di imprese e laboratori universitari per l’innovazione strategica e tecnologica della manifattura con i servizi (servitizzazione). Tramite interviste strutturate a 16 manager in posizioni apicali di imprese industriali, la ricerca ha quindi analizzato nel dettaglio l’impatto delle misure di contenimento del COVID-19 sulle attività di FSO.

L’importanza del fattore tempo

Vista la rapidità con cui muta il contesto, elemento chiave per poter discutere i risultati di questa ricerca con la giusta contestualizzazione è il fattore tempo, mappato sulla timeline degli avvenimenti come illustrato in Figura.

Figura 1 – Evoluzione temporale degli eventi in relazione al piano della ricerca

La maggior parte delle interviste si è quindi concentrata nei giorni tra il 25 marzo (data del lock-down imposto alle attività industriali non essenziali) e il 4 aprile. Si tratta quindi di un periodo relativamente recente, in cui i manager avevano già piena consapevolezza del fenomeno COVID e dei suoi impatti sul business: alla data della prima intervista molte delle attività di ufficio erano già state trasferite in remote working, le misure di sicurezza imposte dal protocollo del 14 Marzo erano attivate e limitavano la produttività nelle fabbriche e nei magazzini. Nel seguito si presentano quindi delle considerazioni proprio sull’impatto del COVID sul business di prodotto e di servizio.

Impatto delle misure di contenimento del COVID su business di prodotto 

Impatto sul business di prodotto. In base ai quanto emerso dalle interviste, possiamo stimare un impatto elevatissimo sui fatturati derivanti dalla vendita di prodotti nei settori industriali oggetto della analisi. In particolar modo per chi produce e vende attrezzature, impianti e macchinari – con modelli di business e formule di vendita tradizionali (e.g. vendita di prodotti a catalogo, vendita di prodotti ingegnerizzati su specifiche del cliente) – ed ha come principali mercati di sbocco i settori che più negativamente hanno risentito della crisi (ristorazione, hotel, ma anche agricoltura per la percezione – confermata anche dai media nei giorni successivi –  che non si possa procedere ai raccolti primaverili ed estivi per mancanza di manodopera straniera). Anche se le stime sono assolutamente preliminari e approssimative – mancando all’epoca delle interviste ogni certezza su tempi e scenari di restart – tutti registrano rallentamenti degli ordini e dei flussi finanziari attivi per le prime difficoltà di liquidità del mercato e si aspettano cali in doppia cifra del fatturato a fine anno. Eccezione a quanto riportato sopra sono: 1) le vendite di alcuni prodotti “consumer” tramite canali di e-commerce (es. stampanti domestiche e relativi consumabili), letteralmente spinte dall’esigenza di attivazione rapida (in pochi giorni) di milioni di postazioni per il remote working; 2) la vendita di prodotti e soluzioni tramite gare di appalto, con committenza da parte della pubblica amministrazione o di settori regolati (es. trasporti, energia, utility). I tempi dilatati di attraversamento delle varie fasi della commessa (bidding, aggiudicazione, esecuzione, incasso, etc.) spesso si estendono oltre l’anno. Le gare che erano pronte od in corso di emissione sono state bandite, e gli uffici gare delle aziende sono operativi.

Impatto su business di servizio

Impatto sul business di servizi. Il crollo della domanda per business services tipo operazionale (i.e. che richiedono interventi di campo), quali manutenzioni e riparazioni, è altrettanto rilevante, anche se non totale come nel caso dei prodotti. A fronte di chiusure totali dei reparti produttivi possiamo stimare, in media, una forchetta tra 60 e 90% di rallentamento in queste categorie di servizi, venduti comunque in modalità spot. Minore preoccupazione è evidenziata per la perdita di fatturato derivante dai servizi venduti in forma di abbonamento contrattuale (ad esempio, un contratto di leasing full-service), dove il canone è costituito da una parte fissa e da una variabile. In questo caso c’è la ragionevole certezza di fatturare (e speranza di incassare) la parte fissa, anche se si temono forti cadute della parte a consumo. Per quanto attiene alla vendita “as-a-product” di parti di ricambio, qui si sono rilevati effetti “isterici” che hanno portato a un forte incremento degli ordinativi (+20-30%) nelle due settimane antecedenti il lockdown, dovuti alle decisioni da parte di clienti di fare un po’ di scorta, per non dover dipendere da interruzioni delle pipeline produttive o logistiche (cd. panic buying). Non ci sono evidenze particolari di incrementi della vendita di contratti di assistenza tecnica da remoto (e.g. digital assistance and customer support). In realtà, ci è stato testimoniato in più casi la volontà sia del provider che del cliente di ricorrere a soluzioni tecnologiche di remote assistance già ingegnerizzate, ma finora poco o mai impiegate. Non è quindi aumentata la vendita di assistenza da remoto, ma la fruizione di servizi presumibilmente già attivi nei contratti in essere, oppure forniti gratuitamente (service for free). Tutto ciò è necessariamente influenzato dalle infinite modalità con cui questi servizi vengono venduti o regalati con il prodotto (come si dice, service for free o for fee). Fanno eccezioni, anche in questo caso assolutamente marginali, la vendita di servizi extra-contrattuali in contesti particolari (es. nuovi ospedali, ristrutturazione reparti), come pure le vendite di alcuni nuovi servizi digitali (es. training da remoto), che sono stati messi appunto in fretta e furia in queste settimane e sono oggetto di alcune sperimentazioni commerciali.

Il tema dell’operatività dei processi

Per quanto attiene alla operatività dei processi, ci viene detto che gran parte del personale d’ufficio che svolge attività nel back-office (e.g. call center, help desk/hot line, specialisti, formazione, gestione rete) è attivo in remote working (possiamo stimare che sia attivo il 70-90%). Molte di queste persone però non sono occupate a pieno regime, data la mancanza di gran parte delle attività di field. A questa “bassa stagione” si rimedia con progetti di “fill-in” che riguardano la gestione del backlog, l’elaborazione di documentazione tecnica, lo sviluppo di contenuti per nuovi servizi, progetti di miglioramento e di business development (tradizionalmente trascurati del tutto o in ritardo sui cronoprogrammi). Complessivamente, abbiamo stimato che l’operatività delle attività di field, anche nelle due settimane prima del lockdown obbligato, fosse inferiore al 30-40%, con tempi di esecuzione rallentati per la complessità indotta dall’adattarsi alle necessarie precauzioni: dall’uso di DPI di non facile reperimento, dal doversi districare nel “puzzle” burocratico e nell’”effetto domino” dei Dpcm (comunicazioni al prefetto, verifica delle deroghe ai codici ATECO, etc.).

Uno dei problemi principali, semmai ci fosse bisogno di evidenziarlo, è la difficoltà di approvvigionamento di mascherine, anche se non obbligatorie in molti contesti in cui il servizio viene erogato. Quasi tutte le attività che prevedono attività interne ad abitazioni domestiche sono state, per i troppi rischi, bloccate o posticipate a dopo il restart, per quanto possibile. Per quanto attiene alla attivazione del remote working già prima del lockdown era stato attivato abbastanza diffusamente, per rendere meno densa la presenza negli uffici ed evitare problematiche sanitarie evitabili per quanto possibile. La facilità con cui si registra la transizione dal lavoro in ufficio al remote working provoca incredulità ed euforia tra alcuni dei manager intervistati, soprattutto per l’apparente assenza di evidenti perdite di produttività. Infatti, a tale riguardo – e a detta degli intervistati sorprendentemente – non sono stati segnalati problemi particolari. Gran parte degli organici in ambito service è dotata di laptop, o comunque in pochi giorni la postazione degli uffici è stata trasferita presso l’abitazione, così come rapidamente sono state attivate le opportune VPN. In maggioranza i contratti in essere prevedevano queste modalità di lavoro, e i dipartimenti IT si sono immediatamente adoperati per assistere gli utenti nelle configurazioni. In un paio di giorni, il passaggio al remote working si è completato per un livello di operatività molto elevato (la nostra stima è del 70-90% degli organici).

Le testimonianze raccolte nelle interviste, intrecciate con quelle relative alla survey asap costituiscono al momento un’evidenza empirica pressoché unica nel panorama nazionale, e portano alla realizzazione di un modello generale dell’impatto della crisi Covid-19 sulle aziende manifatturiere servitizzate.

Il modello, sarà illustrato durante il webinar ASAP del prossimo 27 Aprile, ore 14.

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