Analisi

Lezioni sull’emergenza Covid. Un modello per reagire ed evolvere attraverso i servizi

ASAP presenta un modello interpretativo in quattro fasi (Black Swan, Quick & Dirty, Restart and Adapt) a supporto della gestione di un’emergenza come quella rappresentata dalla pandemia Covid-19 nato dal confronto di esperienze tra docenti, ricercatori, direttori e manager

Pubblicato il 04 Mag 2020

coronavirus

Quale il ruolo dei servizi e tecnologie nella ripartenza? Quanto saranno fondamentali nel “new normal”? ASAP prova a fornire una risposta a queste domande nel white paper “Reagire a Covid: l’importanza dei servizi”, oggi scaricabile da tutti. Il report riassume le principali evidenze della ricerca ASAP, che intreccia le evidenze di un’ampia survey con interviste approfondite a direttori e manager e che oggi costituisce un’evidenza empirica pressoché unica nel panorama nazionale sul tema.

Se da un lato sembra difficile poter trovare una risposta univoca ai tanti interrogativi legati alla ripartenza (fase 2), dall’altro ASAP, il più importante network italiano di imprese e centri di ricerca universitari sul tema dell’innovazione strategica attraverso i servizi, ha però deciso di approfondire come le imprese possono oggi reagire attraverso le opportunità derivanti dalla “digital servitization”, fornendo spunti e suggerimenti operativi alle imprese. In particolare, in questo breve articolo, che segue il contributo più descrittivo sui risultati della survey, viene illustrato un modello interpretativo a supporto della gestione di un’emergenza nato dal confronto di esperienze tra docenti, ricercatori, direttori e manager.

Infatti, l’ampio spettro di informazioni e dati raccolti ha consentito ai ricercatori di derivare un modello interpretativo in quattro fasi (Black Swan, Quick & Dirty, Restart and Adapt) utile per la gestione di una emergenza come quella rappresentata dalla pandemia Covid. Questo modello, illustrato nel recente webinar ASAP che potete rivivere qui, individua fasi critiche e soluzioni adottabili con valore generale.

Un modello per la gestione della emergenza COVID

Dalle testimonianze raccolte nelle interviste abbiamo desunto la presenza di quattro fasi rispetto alle quali si può utilmente segmentare la reazione delle imprese all’emergenza COVID. La figura illustra il modello identificato ed evidenzia il significato e i contenuti di ogni fase. Per ogni fase si riportano di seguito alcune considerazioni.

Figura 1 – Le quattro fasi per gestire l’emergenza COVID da parte delle imprese.

FASE 1. Black Swan

La prima fase è quella della presa di consapevolezza. L’escalation è stata per tutti relativamente rapida, ma alcuni sono apparsi più preparati a ciò che sarebbe potuto capitare. Ad esempio, ci sono apparse più pronti e informati coloro che hanno affari (stabilimenti e joint venture) in Cina o in zone del mondo particolarmente problematiche (ad es. Libia o Siria), chi fornisce abitualmente servizi in contesti ad elevato rischio batteriologico (come le strutture di accoglienza profughi o alcuni reparti ospedalieri), chi ha già affrontato situazioni epidemiologiche critiche (Ebola, SARS, etc.). Tutti questi soggetti sembravano disporre di maggiori conoscenza e preparazione (ausili, presidi, piani operativi di sicurezza, DPI) in merito ai rischi per tecnici, lavoratori e “business travellers”, favorite in alcuni casi da società di consulenza in questo specializzate. Tutte le aziende hanno attivato task force e unità di crisi per la gestione quotidiana dell’emergenza, sia a livello locale che Corporate. Tranne rari casi, le task force centrali non hanno avuto responsabilità e compiti operativi. Si sono per lo più limitate a raccogliere informazioni, a coordinare decisioni e trasferire conoscenze. Ad ogni business, e non poteva essere diversamente date le specificità spazio-temporali con cui si è manifestata l’emergenza COVID, è sempre stata garantita una fortissima autonomia a livello locale. Più che il coordinamento centrale, in questa fase sono stati fondamentali i tempi di reazione, e il coinvolgimento delle figure (e.g. legal, RSPP, RSU, direzioni generali e di funzione) delegate a comprendere il fenomeno e a orientare le successive azioni, in ottemperanza ai vari decreti e mandati di ogni governo centrale e regionale. In tutti i casi analizzati, le esigenze del business dei servizi (fieldforce, filiali e reti indirette) sono state considerate alla stregua di quelle del business di prodotto (fabbriche e uffici commerciali e amministrativi). Almeno in queste grandi aziende sembrano ormai lontani i tempi in cui il service veniva considerato un “male necessario”.

FASE 2. Quick and Dirty

Durante questa fase l’energia di tutti i manager è stata indirizzata alla messa in atto di soluzioni semplici e rapide da implementare, per dare continuità – per quanto possibile – al business, per soddisfare le esigenze dei clienti e mitigare i danni delle restrizioni. La narrazione ha evidenziato soluzioni con differenti livelli di creatività e di collegialità, comunque intraprese in deroga all’ordinaria gestione per risolvere problemi contingenti. Ad esempio: Non posso fare la riparazione? E allora suggerisco lo swap del prodotto. Non trovo la parte di ricambio? E allora cannibalizzo un prodotto che adesso non è utilizzato per procurarmi la parte. Non posso mandare in UK un tecnico italiano? E allora ne mando uno da una filiale di un paese ancora non in black-list. Non posso consegnare presso la filiale o il picking-point? E allora chiedo al courier di consegnare direttamente al cliente, e al cliente di trovarsi pronto per ricevere la merce. Non tutti hanno il laptop per andare in remote working? E allora organizzo un presidio IT per facilitare il trasferimento dei PC fissi presso le abitazioni. È sempre emerso un incredibile spirito di collaborazione tra tutte le parti interessate – sia all’interno che all’esterno dell’impresa – al fine di implementare le varie soluzioni indicate: operatori dei call center, courier e spedizionieri, tecnici delle filiali o dei centri di assistenza, dealer, clienti e fornitori.

FASE 3. Restart

Questa è la fase in cui speriamo di entrare tra pochi giorni (ad oggi 21/04/2020 la data di riferimento a livello nazionale per una prima ripartenza è il 4/5/2020). I manager dovranno valutare quali siano le leve gestionali di tipo soft (e.g. turnazione, aperture straordinarie, distanziamento, controlli, tamponi, prove sierologiche) e hard (re-layout, chiusura spazi comuni) più efficienti ed efficaci, ma comunque in grado di preservare la sicurezza dei lavoratori. Sarà necessaria la massima flessibilità al fine di adeguare la capacità produttiva agli shock di domanda dovuti alle asincronie nelle riaperture delle varie filiere, agli eventuali rimbalzi che potrebbe manifestarsi, e che potrebbero portare anche a un forte eccesso di domanda, specie nelle prime fasi del Restart (in un certo senso si ripropone in restart il puzzle vissuto nelle fasi di lockdown progressivo). Sarà necessario stimare l’entità della domanda estemporanea di prodotti e servizi andata persa (es.: consumabili e pay-per-use), dalla domanda procrastinabile a periodi futuri (es.: riparazioni, upgrade, formazione, interventi manutentivi). Sarà fondamentale la collaborazione delle figure chiave delle operations e dell’IT, per ideare processi e workflow management più efficienti e reattivi, unitamente a soluzioni stabili di productivity management. Le domande chiave a cui rispondere in questa fase saranno: quale livello e quale tipo di domanda ci aspettiamo, e su quale mercato? Quali canali di ingaggio, valutazione e vendita saranno efficaci (dando per scontato che il mondo delle fiere e delle exhibition non sarà più come prima)? Di quale e quanta capacità produttiva potremmo disporre rispetto al normale (“old normal”)? Quanto stabile sarà la condizione di restart? Quanto è pronta l’organizzazione sia a livello centrale che periferico a reiterati stop and go? Quanto sono pronte le filiere in tale scenario?

FASE4. Adapt.

Gli economisti concordano che il mondo non sarà più come prima e il “new normal” vedrà equilibri diversi dal business as usual che conosciamo. Sarà quindi necessario mettere in campo tutte le doti di adattamento disponibili. Tuttavia, nessuno è in grado di valutare con precisione l’impatto dei cambiamenti culturali, sociali e normativi sul proprio business e procedere con una programmazione e uno sviluppo di soluzioni conseguente: pertanto gli effetti saranno differenziati a seconda della industry di appartenenza, come esemplificato in figura 2. Questo sottolinea l’importanza di creare organizzazioni più resilienti, pronte ad evolvere per non soccombere.

Fig. 2 – alcune industrie saranno colpite più pesantemente di altre…

Dalla ricerca è emerso che le seguenti aree organizzative e manageriali del service saranno i principali protagonisti dei cambiamenti del prossimo futuro:

1) Relazioni nella filiera logistica e rapporto centro-periferia: si immagina un maggiore decentramento delle pipeline logistiche, con stock maggiori in prossimità del cliente. Questo porterà nuove sfide per contenere costi e complessità di gestione, e forse qualche soluzione e nuova tecnologia ne uscirà rafforzata (ad esempio, stampa 3D).

2) Modello di lavoro degli uffici e delle filiali: per rendere produttivo il modello di remote working (e farlo diventare veramente smart working), occorrono cambiamenti culturali e di mentalità, e nuovi strumenti di collaborazione e condivisione dei contenuti del lavoro (agende, produttività, progetti, obiettivi, etc.); si apriranno spazi per nuove figure professionali (freelance) e si favorirà la diffusione di un maggiore spirito di imprenditorialità e responsabilizzazione tra i remote worker.

3) Diffusione tecnologie digitali: l’emergenza potrebbe contribuire al superamento delle ultime barriere culturali per lo sviluppo massiccio di strumenti di condition monitoring delle basi istallate, industrial internet e digital control rooms, strumenti di training basati su AR/VR, modelli di service coadiuvati da digital twin.

4) Ripensamento delle soluzioni prodotto-servizio tradizionali: le misure di contenimento e adattamento di imprese e filiere avranno un grande impatto sulle prestazioni economico-finanziarie delle imprese e sulla produttività; è impossibile stimare l’impatto diretto sui costi del prodotto-servizio, ma la prospettiva è quella di rivedere i prezzi di alcune soluzioni, la cui convenienza potrebbe adesso essere messa in discussione. Si apre pertanto uno spazio di innovazione delle value proposition e dei business model delle imprese, che prevedano soluzioni nuove e complesse – bundle stratificati di prodotto-servizio con contenuti di servizio incrementali – invece di una semplice revisione del pricing delle offerte attuali.

5) Opportunità per nuove soluzioni con garanzia di risultato: l’incertezza in merito alla possibilità di nuove situazioni di emergenza e di crisi potrebbe creare nuove opportunità – per le aziende con strutture organizzative resilienti e dotate di risorse e capabilities opportune – di sviluppo di business model di tipo use- o output-oriented, ovvero contratti di tipo full-risk, con garanzia di risultato, una sorta di full service avanzato di tipo COVID-compliant e COVID-risk free.

Considerazione finale

Questa ricerca è stata progettata ed erogata con estrema rapidità, per far fronte alla situazione di urgenza. Quanto esposto in relazione ai modelli di gestione dell’emergenza e agli ambiti di impatto sul business dei servizi, richiede quindi ulteriori approfondimenti. Ciononostante, dalla nostra indagine emergono indicazioni precise su alcuni cambiamenti che i manager si aspettano nel cosiddetto “new normal”. Le sfide che il COVID ci ha posto sono certo in primis relative alla sopravvivenza durante la crisi e alla ripartenza dell’economia nelle fasi 2 e 3.

Ma altre sfide non meno rilevanti o forse più critiche ci aspettano, e ci impongono di evolvere verso un nuovo futuro in cui le imprese manifatturiere dovranno fare tesoro degli insegnamenti appresi dalla crisi Covid-19 e dare ai servizi e ai service models il peso che meritano nei loro business. Ciò significa: investire in competenze per potenziare le proprie capacità di vendita dei servizi e trasformarli da “free to fee”, anche potenziando il distant sellinginvestire in tecnologie digitali per le relazioni con il mondo esterno all’impresa (IOT, Cloud, etc.) e in data analysis per ricostruire l’efficienza e produttività delle service operations; usare dati e analisi per informare la progettazione dei prodotti, e renderli sempre più adatti ad essere elementi fondamentali per nuovi servizi e sempre più “made to serve”.

Per una completa lettura dei risultati della ricerca e ricevere indicazioni sugli impatti presumibili sulle attività di business che si basano su vaste reti di field service, in relazione a quello che si prospetta il “New Normal”, vi invitiamo a scaricare il White paper ASAP.

Immagine fornita da Shutterstock

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Mario Rapaccini
Mario Rapaccini
Federico Adrodegari
Federico Adrodegari

Ricercatore PhD presso il Laboratorio RISE dell’Università degli studi di Brescia, dove svolge attività di ricerca, docenza e trasferimento con le imprese. Dopo essere stato responsabile della sezione machinery, dal 2019 è Coordinatore Nazionale di ASAP SMF la community accademico-industriale Italiana di riferimento sul service management e la servitizzazione. Su questi temi è autore di numerosi studi e diverse pubblicazioni scientifiche su riviste internazionali. È inoltre Project Manager presso IQ Consulting, spin-off di UniBS, oggi parte del gruppo Digital 360.

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Marco Paiola

Digital Transformation Lab - Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali "Marco Fanno", Università di Padova

Nicola Saccani
Nicola Saccani

Nicola Saccani Professore Associato presso il Dipartimento di Ingegneria Industriale e Meccanica dell'Università di Brescia (IT), dove fa parte del laboratorio RISE. È coordinatore nazionale dell’ASAP SMF, una comunità che coinvolge accademici e professionisti per sviluppare la cultura e l'eccellenza nella gestione e sviluppo dei servizi. Le sue attività di ricerca riguardano principalmente il service e supply chain management, con particolare riferimento alla servitizzazione, alla gestione dei ricambi e delle scorte, alla pianificazione, alla service and digital transformation. È autore di numerose pubblicazioni scientifiche in questi campi.

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