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ASAP FORUM 2020: un nuovo modello di formazione professionale per il service

Il confronto e la visione di ASAP sull’importanza di far crescere skill sempre più adeguati per sostenere lo sviluppo della service transformation. Il crescente ruolo di soluzioni e tecnologie digitali e la sperimentazione di nuove tipologie di servizio

Pubblicato il 27 Dic 2020

Mauro Bellini

Direttore Responsabile ESG360.it e Agrifood.Tech

Claudia Costa

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Il percorso verso la service transformation e in generale nella gestione dei servizi è più che mai fondato su una crescita di competenze e dunque sulla formazione del personale. Proprio sul tema dei modelli formativi ASAP SMF ha voluto dedicare la seconda giornata dell’ASAP Forum 2020 con una serie di contributi che Industry4Business mette a vostra disposizione. La prima giornata dell’ASAP Forum 2020 è stata dedicata al ruolo della servitization nel Next Normal e ha mostrato le prospettive della servitizzazione per diversi settori e modelli di business con testimonianze ed esperienze di aziende come ServiceMax, Servitly, SKY TV, Carel, Cgt e Siat.

Federico Adrodegari, RISE Lab Università degli Studi di Brescia, Coordinatore ASAP Service

“Le testimonianze della prima giornata del Forum – ha osservato Federico Adrodegari, RISE Lab Università degli Studi di Brescia, Coordinatore ASAP Service –  hanno raccontato che per garantire continuità del business, il servizio deve essere nella condizione di evolvere sempre di più e sempre più rapidamente attraverso un uso consapevole di sistemi e nuove tecnologie che aiutino non solo a sviluppare nuovi servizi, ma anche a ripensare i servizi esistenti, sviluppare nuovi workflow e processi di erogazioni differenti. Il che presuppone una conseguente trasformazione di operations e supply chain che devono essere in grado di supportare il service, il tutto ovviamente per soddisfare al meglio le mutate esigenze del cliente che in questo next normal diventa ancor di più e più spesso non solo fruitore del servizio, ma anche partecipe e co-creatore della generazione del valore che sta nel servizio stesso. Non basta però perché, tutti questi elementi sembrano andare verso una nuova accelerazione in termini di evoluzione delle competenze e dei modelli organizzativi. Non possiamo prescindere dal tema delle competenze. Ci siamo sentiti a nostro agio di fronte a questo tema ed è per questo che abbiamo deciso di riportarlo in questa sessione”.

Le tecnologie IoT per passare dai connected services agli advanced services

Stefano Butti, Fondatore e Ceo, Servitly

Stefano Butti, CEO e Founder di Servitly

Servitly è una realtà nata per colmare un’esigenza sempre più presente nelle aziende che entrano nel cammino di servitizzazione e vogliono sfruttare al massimo le tecnologie IoT. Usare queste tecnologie, a nostro avviso, non è una questione solo di estrarre dei dati e svolgere delle analitiche. C’è bisogno di molto di più. Serve un portale per il cliente, uno per i partner e uno per i manutentori, una forte integrazione con i sistemi di FMS, con quelli di CRM, una vendita di servizi. Funzionalità che offriamo come un prodotto software cloud as-a-service.  

Le aziende che entrano nel cammino di servitizzazione, affrontano il tema del prodotto connesso e attraversano la “terra promessa dell’IoT“, convinti che una volta che il prodotto è connesso si recupereranno tanti dati e si potrà estrarre del valore, ma la ricetta delle analitiche non è sufficiente per creare vero valore. Noi offriamo una roadmap che permette di indirizzare lo sforzo sull’IoT verso un cammino che va dai connected services agli advanced services. Per affrontarlo, noi mettiamo a disposizione tutto quello che non è IoT. Una capacità rapida di trasformare i dati in informazione e conoscenza, la creazione di nuova conoscenza a partire dai dati. La capacità di un controllo bidirezionale. E poi le chiavi in mano all’OEM per governare lo sviluppo nel tempo delle soluzioni.

Una logica end to end per i servizi di assistenza

Mauro Paretti, Senior Regional Marketing Manager, ServiceMax

Mauro Paretti, Senior Regional Marketing Manager, ServiceMax

SserviceMax come una multinazionale americana impegnata nella fornitura di software per la gestione dei servizi di assistenza e manutenzione conta su una profonda competenza nel settore in particolare per quanto attiene al software end-to-end dei servizi di assistenza. 

La piattaforma basata su Salesforce Field Service, grazie alla partnership strategica con Salesforce che ci permette di offrire una soluzione più innovativa e completa abbiamo la possibilità di sfruttare il loro motore di ottimizzazione per rendere più efficiente scheduling and planning nell’ottica di far fronte a esigenze dei clienti sempre più importanti. Possiamo poi sfruttare le potenzialità dell’AI e mettere questa conoscenza a servizio dei tecnici per migliorare la fornitura dei servizi. Salesforce ci aiuta inoltre a connettere il field service con tutti gli altri sistemi aziendali. 

La correlazione tra ServiceMax e competenze dei tecnici è un tema molto importante. A nostro avviso la tecnologia è un abilitatore, ma nello stesso tempo bisogna porre in essere una strategia di gestione delle competenze del change management fondamentale per questi progetti. La tecnologia da sola  non basta e non è l’unico strumento. 

La necessità di uno sviluppo culturale delle persone per la trasformazione dei modelli di business 

Mario Rapaccini, Università degli Studi di Firenze, ASAP Service Management Forum

Nelle scuole di ingegneria industriale ci si è occupati prevalentemente di operations e logistica dei processi di service, con la consapevolezza che la trasformazione dei modelli di business necessita di un nuovo impianto culturale e cognitivo delle persone che partecipano alla creazione del valore insieme al cliente. Nel 2008 in occasione del Convegno Nazionale “Competere attraverso le risorse umane è stata condotta un’indagine, “visitai tre importanti Academy nel settore della formazione dei tecnici, andai a Roma alla Toyota, a Milano da BMW e a Torino da FCA. Era un momento di ripotenziamento di strutture formative per far evolvere il ruolo del tecnico”. Era in corso la trasformazione dei tecnici “cacciavitari” attraverso un percorso di crescita anche consulenziale di supporto al cliente e di sviluppo di conoscenze non solo tecnicheIn quell’anno “abbiamo avviato un’indagine a tappeto raccogliendo dati da centri di assistenza tecnica nel settore del Printing sondando la situazione dei processi formativi dell’epoca che gli OEM mettevano a disposizione per favorire la crescita dei del business dei servizi”. Dalla ricerca sono emersi i problemi di una formazione che comunque stava solo iniziando a usare strumenti e piattaforme digitali, in cui la maggior parte delle attività era in presenza 

Identificazione delle competenze critiche

Dal 2017 abbiamo affrontato per 3 anni, un tema interessante che ha riguardato l’indagine sullo sviluppo delle competenze chiave in termini di digital servitization. Abbiamo affrontato il link tra impatto delle tecnologie digitali e dell’industria 4.0 e il cambiamento di competenze che tutto questo comportava: tecniche, di gestione delle nuove tecnologie, trasversali. E in ragione di ciò, sviluppammo una tassonomia che venne presentata a febbraio 2019 in un evento a Brescia in cui mappavamo le competenze chiave per la trasformazione digitale dei servizi e a fronte di una survey su più di 140 aziende venivano analizzati quelli che erano i principali problemi con una serie di soluzioni per superarli. Questo ha permesso di chiarire che oltre alle competenze tecniche, servono strumenti e processi formativi e ciò richiede modelli di identificazione delle competenze critiche per meglio comprendere i problemi e arrivare alle soluzioni. I framework di certificazione delle competenze del servitization manager sono un esempio importante in questo senso. 

L’importanza del training del cliente

Non c’è solo la formazione interna tecnica o culturale, ma anche la formazione del cliente. Una survey recente di Marco Paiola su 77 aziende manifatturiere di vari comparti della metalmeccanica evidenzia come il training per il cliente figura al primo posto. Tutto ciò si stava sviluppando tra l’altro in un contesto chiaro di budget che continuano a diminuire, in cui le nuove tecnologie digitali si diffondono ma con modelli di sperimentazione ancora non adeguati a capire i trade off che si possano impostare e certamente anche con una osservazione in merito peso all’importanza delle dimensioni delle imprese rispetto alle tematiche di service.  Con il Covid-19, si è registrato un incremento della parola “digital learning” e si può dire che il paradigma è decisamente cambiato. 

La formazione come “forza” per la trasformazione digitale e per la servitization

Paola Liberace, Head of Vetrya Academy, Vetrya Academy

Paola Liberace, Head of Vetrya Academy, Vetrya Academy

Tutti siamo profondamente interessati a mettere in campo le forze di trasformazione digitali che ci aiutino a creare condizioni migliori rispetto a quelle attuali e che ci aiutino in generale anche a realizzare al meglio la transizione verso la servitization nel contesto di una trasformazione più ampia verso l’industria 4.0 

In particolare sono due i filoni sui quali puntare in termini di innovazione. Occorre porre l’attenzione alla cassetta degli attrezzi che dobbiamo possedere per realizzare una formazione capace di integrare tutti gli strumenti digitali; e occorre pensare al ruolo delle competenze digitali.

Le competenze giuste, dove servono e quando servono

Antonio M. Maurici, Risk & Productivity Director, Turbomachinery & Process Solutions Services, Nuovo Pignone International– Gruppo Baker Huges

Antonio M. Maurici, Risk & Productivity Director, Turbomachinery & Process Solutions Services, Nuovo Pignone International– Gruppo Baker Huges 

Nuovo Pignone, divisione di Baker Huges, multinazionale americana è un‘azienda nata a Firenze nel 1848 inizialmente come una fonderia per poi evolvere nel tempo e arrivare alla fisionomia di produttore di turbomacchine. Tra i tantissimi tempi un aspetto chiave è appunto rappresentato dal training nel field services. 

La divisione TPS (Turbomachinery & Process Solutions Services) opera nel mondo Oil&Gas, produce turbomacchine ed eroga servizi per tutto quello che riguarda l’estrazione e la raffinazione del petrolio, il trasporto e la lavorazione del gas. L’azienda dispone di un nutrito portafoglio di prodotti in continua evoluzione e in questa situazione l’azienda opera in 120 paesi nel mondo. In questa divisione operano 850 FSE (field service engineers) e la Technical Training Academy è il luogo in cui storicamente i FSE svolgevano la formazione. Serviamo 1500 clienti nel mondo per cui svolgevamo in periodo pre-Covid circa 1000 eventi manutentivi all’anno. Vista la dislocazione geografica dei nostri tecnici sul campo, appare evidente quanto sia complesso mantenere le competenze di questi tecnici in linea con i correnti standard di qualità. 

David Bianchi, Senior Technical Training Manager, Nuovo Pignone International– Gruppo Baker Huges 

David Bianchi, Senior Technical Training Manager, Nuovo Pignone International– Gruppo Baker Huges

Tra i2008-2009 è stato creato nel campus di Firenze lTechnical Training Academy. In un campo come quello delle turbomacchine, e dei grandi impianti che vengono installati in raffinerie o in altri impianti per il trattamento del petrolio la formazione tecnica del nostro personale è fondamentale, operando direttamente a casa del cliente. Occorre avere la certezza che il personale possa operare in modo giusto seguendo standard predefiniti. Con questa struttura ci siamo focalizzati sulla parte pratica delle attività. Ci occupiamo sia della parte di manutenzione ma anche dell’installazione di nuove macchine, di conseguenza il nostro personale deve essere specializzato su entrambe le parti. L’Academy crea le condizioni per gestire al meglio tutti i profili necessari a servire i clienti in tutto il mondo. 

Nella gestione del percorso formativo anche a fronte della situazione che si è presentata con l’emergenza coronavirus operativamente l’azienda è partita dal classroom training, per poi passare al web based training (WBT). Sono stati riconvertiti tutti i corsi con il 30% di teoria e il 70% di praticità. Abbiamo poi iniziato a capire come la realtà virtuale ci potesse aiutare. Abbiamo creato una stanza totalmente virtuale dove tramite software si potevano creare scenari con modelli 3D che provengono dall’ingegneria che poi vengono utilizzati per costruire e gestire i componenti delle macchine. Con la virtual reality si possono creare scenari e mostrare ai tecnici le differenze tra le varie tipologie di macchine. Un vero e proprio enhancement alla formazione in presenza rispetto alle slide di power point classiche con sessioni di formazione interattive in cui l’istruttore naviga liberamente all’interno del modello 3D per mostrare qualsiasi richiesta o domanda su qualsiasi componente. Poi c’è la realtà immersiva ed è stato introdotto anche uno smart helmet, un elmetto con device che riesce a dare un’assistenza da remoto al tecnico quando si trova in difficoltà su determinate problematiche in cantiere, il tecnico è collegato con telecamera, AR e proiettori per supportarlo in tempo reale anche in condizioni non agevoli per poter parlare con i metodi classici come il telefono. 

Tutti i servizi non essenziali sono stati remotizzati e si è avviata una struttura di formazione con sessioni di refresh, tipo webinar e sono state messe in campo formule che permettono di integrare realtà virtualeequipment, telecamere, smart board il tutto coadiuvato da un mixed video che ci permette di switchare tra varie scene. Tra le challenges le nuove skill degli istruttori su operazioni critiche per le quali è effettivamente difficile assicurarsi che l’utente abbia veramente capito come svolgerle.

Paola Liberace, Head of Vetrya Academy, Vetrya Academy

“Questo intervento ci aiuta a capire che abbiamo la possibilità di risolvere alcuni degli aspetti centrali per la formazione: parlare, mostrare e rappresentare in digitale l’aspetto del fare. Siamo nel Web based training e con smart helmet e remotizzazione si possono creare sceneggiature e ambienti che aumentano l’engagement nelle risorse da formare”.

Virtual training ed Extented Reality (XR) al servizio della formazione

Fabrizio Sillano, Virtual Training Services and Application Manager, TXT Group 

TXT Group è una realtà specializzata nella fornitura di servizi di ingegneria su mercati di alta tecnologia, ed è organizzata su 3 linee di business: 

  • Aerospace & Aviation con ingegnerizzazione del prodotto, creazione di sistemi di training e supporto alle operazioni sugli aeroplani 
  • Automotive & Industrial con software on board, sistemi di connettività supporto all’evoluzione delle procedure interne all’azienda 
  • Fintech con verifica e validazione di application core e fornitura di competenze blockchain 

Con il Simulation and Training per l’Aerospace ci occupiamo della modellazione dei sistemi di avionica, dei sistemi impiantistici, della scrittura del software, della creazione di simulatori e del supporto alla certificazione.  Il Virtual training rappresenta il tipo di training che arriva prima dell’utilizzo della simulazione e può indicare qualsiasi tecnica di extended reality o web based training. A sua volta il concetto di Extented Reality (XR) comprende tre elementi: 

  • Virtual reality intesa come piena immersività in un sistema virtuale, un ambiente 3d totalmente ricostruito 
  • Augmented reality come potenziamento della realtà tramite software che permette di visualizzare elementi aggiuntivi alla realtà 
  • Mixed reality nella forma di unione tra mondo virtuale e reale con la possibilità di interagire sia con oggetti reali che virtuali 

Extended Reality a supporto delle operazioni tecniche

Una delle principali applicazioni dell’Extended Reality riguarda il supporto alle operazioni tecniche. Ricreiamo in digitale operazioni di manutenzione in cui l’operatore si trova in un contesto virtuale, si trova di fronte all’apparato su cui deve intervenire e può operare su quel macchinario portando a termine operazioni di manutenzione. I vantaggi: non dobbiamo spostare grandi macchinari o fermare le macchine, si possono creare digital twin su cui gli operatori possono allenarsi, in particolare nel caso di macchinari di grandi dimensioni o situate in contesti critici. In ogni caso è importante che la virtual reality offra la possibilità di unire i sensi di presenza, di dimensione e di distanza. 

Relativamente ai costi è interessante notare che fino a 3 anni fa, la realtà virtuale era cool e sperimentale spesso al centro di PoC, poi è diventata un asset di training ce grazie alle virtual room, tutto l’ambiente di creazione, è diventato più economico rispetto al passato. 

Uno degli elementi più importanti nell’uso della VR è l’elearning o learning a distanza. Ci stiamo muovendo per riuscirepartendo da un’unica sorgente, declinare il training su varie piattaforme. Diamo la possibilità di rivedere le procedure in VR su pc, desktop o altro. Quando ci interfacciamo con un cliente non diamo solo un servizio di creazione contenuti, bensì vogliamo supportare la creazione dello scenario di training. Non tutto può essere portato in VR quindi è importante conoscere tutte le tecniche di formazione disponibili per creare percorsi di apprendimento che utilizzano tecniche differenti laddove servano. Una delle possibilità che si sono aperte negli ultimi tempi con importanti riscontri è l’addestramento a distanza con 2 possibilità:

  • un gruppo di studenti in una virtual room con l’istruttore in un altro luogo che può intervenire nella scena evitando di far muovere gruppi di studenti o istruttori,
  • studenti in un’unica scena con la possibilità di testare non solo la capacità dello studente, ma la sua collaborazione con gli altri. La creazione di digital twin permette di fare fast prototyping o validare l’usabilità di un prodotto, di eseguire il set up o la configurazione. In questo modo piuttosto che creare il mock up fisico si ha una realizzazione virtuale con cui testare diverse opzioni. 

Le curve di apprendimento in situazioni virtualizzate in rapporto alle situazioni reali

Andrea Laudadio, Head of TIM Academy and Development, TIM GROUP 

Andrea Laudadio, Head of TIM Academy and Development, TIM GROUP

In Tim è stata avviata una riflessione importante relativamente all’organizzazione delle attività formazione di manutenzione, anche in relazione alle conseguenze della pandemia. Si sta analizzando attentamente il lavoro svolto e il tipo di apprendimento acquisito. Sul cosa funziona  non ci sono ancora analisi precise sui livelli di apprendimento comparato tra situazioni virtualizzate e situazioni reali. In questa fase pandemica siamo di fronte ad una nuova variabile. Occorre cioè adeguarsi ai vincoli dettati dal social distancing. L’analisi punta a capire cosa funziona e cosa accade alle curve di apprendimento in situazioni virtualizzate versus in situazioni reali. Si fa ancora fatica a misurare questo aspetto. 

Un altro elemento è cosa si potrà fare con una tecnologia che sta andando verso il 5G. Quello che ci affascina oggi con il 5G sarà straordinario. Il problema che rileviamo è la temutissima latenza. Nelle simulazioni la percezione non è immediata ma con il 5G si azzererà la differenza rispetto al percepito. Inoltre, tolto il problema della latenza, si elimina anche il problema della trasmissione dati, e con il 5G con cui si otterrà un livello di realismo senza pari. E’ molto interessante capire cosa si potrà fare perché è questione di poco. Siamo ormai ad un passo dalla diffusione di massa del 5G. 

Il secondo tema su cui stiamo riflettendo nasce da questa constatazione: per aggiungere qualcosa, bisogna tagliare qualcosa. Bisogna aprire un tavolo sul decommissioning della formazione per fare spazio a qualcosa di nuovo. Su alcuni adempimenti normativi c’era una tempistica vincolante dove veniva assunto come indice di qualità la durata, ma questo è uno dei concetti che con il covid viene sconfitto. Per poter riflettere sul nuovo devo analizzare cosa funziona e cosa funziona meno e il fattore tempo non è più vincolante. 

Per noi la formazione ha perso il senso del tempo, nessun evento si dice “life long learning”. Non c’è più una formazione data dai tempi, così come anche il concetto di luogo ha perso valore. La formazione si sta spostando sugli spazi interstiziali, sull’utilizzo di tempo utile, mentre svolgo altre attività. Ci sono tempi durante la giornata che io voglio dedicare anche alla formazione e non un tempo unico e prestabilito dedicato alla formazione. Tutto ciò si riverbera sugli stili di apprendimento, che stanno cambiando. Le persone cominciano ad usare tempi stretti, la capacità di attenzione non supera i 12 minuti, vogliono che il problema gli venga pre-presentato, vale a dire presentato in termini personali. Occorre lavorare per comprendere che la prospettiva temporale dell’apprendimento spesso supera l’utilità e servono modelli formativi che affrontino come primo step il tema della misurazione precisazione dell’utilità.

I nuovi strumenti della formazione

Paola Liberace, Head of Vetrya Academy, Vetrya Academy

Siamo partiti dalla formazione basata sulla presenza in un’aula, le canoniche 8 ore, a cui si sono andate affiancando via via ore basate sull’elearning, in una modalità che è andata maturando e ampliando come adozione, e che ha sviluppato forme di integrazione con la didattica in presenza. Di fatto la modalità blende(parte in presenza e parte online, con un utilizzo cauto, ma via via crescente delle tecnologie digitali) oggi è la realtà della formazione industriale e della formazione accademica. 

Con l’arrivo della pandemia, c’è stata una forzatura legata allo spostamento negli ambienti digitali anche di quelle esperienze di formazione che non erano nate per il digitale. La necessità del momento ha spinto verso una polarizzazione nella formazione con l’utilizzo sempre crescente di corsi online a catalogo per la forza lavoro operativa che facessero le veci di quelli in presenza. Corsi sempre più standardizzati secondo il modello di massive open courses, aperti a tutti, non customizzati, intesi per essere fruiti in broadcasting. Accanto a questo fenomeno c’è stato poi l’altro polo  rappresentato da una formazione estremamente personalizzata e su misura destinata al management e alla risorsa ad alto potenziale. Con l’emergenza sanitaria da Coronavirus, abbiamo dovuto prendere atto della necessità di fare un passo in avanti. Con il termine smart learning, parliamo di una modalità di formazione intelligente, non semplicemente a distanza, non semplicemente remota o tecnologicamente avanzata. Una formazione che deve essere smart e che ha bisogno di una cassetta degli attrezzi ricca di strumenti che possono e devono essere utilizzati in funzione di nuovi e diversi percorsi formativi.

La cassetta degli attrezzi dello smart trainer

Alcuni tool al servizio della formazione

  • TrainFlix: uno strumento di adaptive learning. Le piattaforme di formazione oggi cercano di costruire percorsi personalizzati che si avvicinino all’esperienza del discente e tengano traccia del suo percorso, esattamente come succede su Netflix il cui sistema registra le preferenze e la maniera di fruire dei contenuti, ne fa tesoro e quindi usa i dati per metterli a disposizione del sistema e costruire un percorso formativo customizzato. 
  • Remote Coaching: una sorta di accompagnamento da remoto da non intendere solo in senso tradizionale come la presenza fisica dell’allenatore ma come un modello che esula dalla visione classica del coaching di presenza. 
  • Microlearning: presuppone una situazione nella quale si sfruttano gli spazi interstiziali della giornata. Se ci sono difficoltà per seguire un’intera sessione formativa, si può sostituire il corso con piccoli spazi di tempo intervallati da altre attività soprattutto in smart working. L’apprendimento si parcellizza, diventa distribuito. Non è uno strumento universale: i fattori di successo sono legati alla costanza e alla ripetizione. Ma non deve essere vissuta come una formazione occasionale, deve essere costante, deve essere pensata come un vero allenamento. 
  • Podcast: vanno considerati anche come uno strumento formativo prezioso perché compatibili con situazioni di sovrapposizione delle attività. L’esempio più comune è quello che prevede l’utilizzo di podcast durante un viaggio o in spostamento. 
  • Gamification: anche le dinamiche tipiche della gamification possono inserirsi in un percorso formativo che può essere strutturato come una gara a punti che può garantire maggior engagement e stimoli al discente. 

Le competenze per l’organizzazione digitale non sono sovrapponibili ai tool digitali. Le competenze digitali sono e restano fondamentali. La una formazione che vuole sfruttare le potenzialità del digitale servono:

  • Reframing: ridefinire l’ambito operativo e riprogettare il ruolo  
  • Empowerment: saper delegare agli strumenti digitali e adottare una prospettiva autoimprenditoriale 
  • Awareness: consapevolezza della tecnologia e del proprio ruolo nell’organizzazione 
  • Integration: saper gestire task e ruoli contemporaneamente e inserirsi in processi diversi senza soluzione di continuità 
  • Networking: collaborare in sistemi informativi complessi e interagire in maniera fluida con le reti cyberfisiche 

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