Digital servitization

Turboden, Clivet, Poste Italiane e Balluff: esperienze concrete di servitization

Quali sono i principali ostacoli, tecnologici e organizzativi con cui si devono confrontare le aziende che sposano la servitization come nuovo modello strategico. La parola a quattro utenti.

Pubblicato il 04 Feb 2019

Annalisa Casali

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Il passaggio da un modello di business prodotto-centrico a quelli incentrati sulla servitization nelle testimonianze dei diretti interessati. Esperienze concrete di come si può trasformare il manufacturing grazie alle tecnologie digitali. Proprio le opportunità legate ai nuovi approcci As a Service sono state il fulcro di un interessante momento di confronto dal titolo “IoT & Big Data per il service e la servitization”, organizzato da ASAP Service Management Forum, la community che riunisce esponenti del mondo accademico, gruppi di ricerca universitari, associazioni di categoria e aziende per promuovere la formazione e il networking sui temi del sistema prodotto-servizio.

Daniela Bonetti, Ricercatrice dell’Università di Brescia

Un passaggio, quello ai nuovi modelli di business legati alla servitizzazione, che molte realtà manifatturiere hanno avviato di recente e per il quale risulta centrale l’aspetto della gestione del ciclo di vita del dato nelle diverse fasi di raccolta, visualizzazione, elaborazione, utilizzo.
Daniela Bonetti, Ricercatrice dell’Università di Brescia e di ASAP Service Management Forum, nel corso dell’evento ha illustrato i risultati di una ricerca condotta all’interno di ASAP, tesa a valutare il grado di preparazione delle aziende italiane nella gestione dei dati in ottica IoT. “I problemi più diffusi sottolineati dalle aziende che abbiamo intervistato sono quelli relativi ai criteri di selezione dei dati da considerare e ai KPI da utilizzare. Manca, inoltre, una cultura della condivisione del dato tra le diverse funzioni aziendali”. La conferma arriva dalle testimonianze dei diretti interessati.

Paganelli (Balluff): Producevamo bulloni, oggi realizziamo software e domani dati per l’Industria 4.0”

Sergio Paganelli, Regional VP Southern Europe di Balluff

Sergio Paganelli, Regional VP Southern Europe del produttore di sensori Balluff, lamenta come “di frequente, il dato raccolto in tempo reale deve essere incrociato con record che non sono live, quindi risulta comunque difficilmente correlabile e questo pregiudica il raggiungimento degli obiettivi dei nuovi approcci di servitization”. Ma spesso il principale ostacolo verso il dispiegamento dei nuovi modelli di prodotto-servizio è legato alle resistenze culturali. “Occorre cambiare mentalità e diffondere la cultura del servizio in azienda. In quest’ottica, è fondamentale il ruolo di guida dell’imprenditore. Se guardo alla nostra realtà, fino a qualche anno fa producevamo bulloni, oggi produciamo soprattutto software e in futuro produrremo dati rilevanti per l’Industria 4.0 da mettere a disposizione dei nostri clienti sotto forma di servizio”.

 

Bianchi (Clivet): “Mancano le competenze”

Riccardo Bianchi, Aftersales Director di Clivet

Secondo Riccardo Bianchi, Aftersales Director dello specialista di impianti di climatizzazione Clivet, per cominciare a pensare in termini di servitization “è essenziale un cambio di mentalità. Un’azienda che ha sempre venduto bottiglie deve imparare a vendere bicchieri di bibite. Mancano le competenze e le aziende devono crearle, per favorire il passaggio a una vera e propria cultura del servizio. La modernizzazione sta in capo a noi. Dobbiamo essere bravi a presentare i business plan all’azienda e far vedere che c’è redditività in questi nuovi modelli strategici. Sul fronte delle tecnologie, invece, dobbiamo abbandonare la logica a silos per abbracciare il cloud in modo esteso. Solo la nuvola, infatti, ci permette di avere a disposizione tutti i dati e selezionare e selezionare i KPI che ci servono per monitorare continuamente i servizi e migliorarli”.

Piubelli (Turboden): “Non ci limitiamo ad assicurare la disponibilità dei macchinari, ma anche le loro performance”

Alessandro Piubelli, Commissioning, Service & Aftersales Director di Turboden

Alessandro Piubelli, Commissioning, Service & Aftersales Director di Turboden sottolinea come per affermare i nuovi modelli di prodotto-servizio si rivelano “fondamentali le sinergie tra la direzione commerciale e chi si occupa di operation. Ecco perché in azienda stiamo promuovendo una logica di team di lavoro trasversali e interfunzionali”. Il produttore di turbogeneratori al momento utilizza solo una piccola parte dei dati raccolti sul campo. “Una quota estremamente ridotta di record, che però ci ha permesso di monitorare e risolvere i problemi sul servizio nel 90% dei casi”. Azioni che si sono tradotte in un miglioramento della qualità percepita dai clienti e che ha spinto Turboden ad ampliare la gamma dei servizi offerti. “Oggi non ci limitiamo più ad assicurare la disponibilità del macchinario, ma ci facciamo garanti anche delle sue performance nel corso del tempo. Ci sono sicuramente molti altri margini di valorizzazione del dato, con KPI e valori obiettivo che ci permetteranno in futuro di efficientare altri processi”.

Saralli (Poste Italiane): “Blockchain per certificare la movimentazione pacchi”

Alessandro Saralli, Senior Innovation Manager per il mercato Business e la PA di Poste Italiane

Estremamente interessante la testimonianza di Alessandro Saralli, Senior Innovation Manager per il mercato Business e la PA di Poste Italiane, che ha illustrato il cambio di rotta compiuto dal colosso del dispatching. “Ci stiamo muovendo verso la servitization e i servizi orchestrati per creare nuovi modelli di business, visto che ormai sono in pochi a spedire lettere e altra corrispondenza. Stiamo sperimentando anche la certificazione della catena logistica del food e il tracking dei pacchi tramite Blockchain”.

Collaborazione elemento centrale della servitization

Nicola Saccani, Professore Associato del Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Industriale dell’Università di Brescia

Nicola Saccani, Professore Associato del Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Industriale dell’Università di Brescia, osserva, però, che “molte aziende stanno cercando di superare le criticità emerse. Come? Attraverso un aggiornamento delle tecnologie dell’intera fase di raccolta e archiviazione dati, con il passaggio da piattaforme Web ad App per ampliare l’offerta di servizi ed erogarli ai clienti secondo modalità più intuitive”.

Volendo riassumere in una parola sola il leit motiv dell’evento, la prima che viene in mente è senz’altro “collaborazione”. Collaborazione lungo la filiera, anzitutto, ma anche tra aziende concorrenti (la cosiddetta coopetition), ognuna chiamata a contribuire con le sue peculiarità e le sue specificità a generare valore per il cliente finale in ottica win-win. Due gli esempi citati dai partecipanti. Il progetto ADAMOS (ADAptive Manufacturing Open Solutions), un’alleanza strategica per l’Industrial IoT nata in Germania dalla collaborazione tra DMG Mori, Dürr, Software AG, Zeiss e ASM PT. L’obiettivo è creare uno standard per la realizzazione di soluzioni digitali preconfigurate e pre-testate di produzione connessa, sviluppate appositamente a partire dalle esigenze del settore machinery. Accanto a questo, l’iniziativa MindSphere di Siemens, che promuove la diffusione di un sistema operativo cloud based sul quale ogni azienda può creare le proprie App IIoT distinguendo tra dati sensibili e dati condivisibili con le altre aziende (open data), per migliorare la gestione dei servizi resi al cliente finale in ottica collaborativa.

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