Una cloud transformation per uscire dalla confort zone

Se il cloud rappresenta la porta di accesso all’innovazione, l’abilitatore di percorsi di trasformazione necessari per garantire la competitività delle imprese, alla migrazione delle business application come SAP si legano importanti KPI di business. La visione di Techedge nei progetti SAP on Azure

Pubblicato il 18 Ott 2019

Multicloud

Non v’è alcun dubbio che il cloud rappresenti oggi una infrastruttura potente e affidabile per la gestione delle business application critiche.
Consente di ridurre le spese in conto capitale, di pianificare i costi di manutenzione, migliorando nel contempo l’affidabilità e la flessibilità dei sistemi. Inoltre, la flessibilità, la scalabilità e i livelli di produttività che produttività che il cloud offre, unite alla possibilità di reagire rapidamente a nuove opportunità o a mutate condizioni di mercato, hanno spinto e stanno spingendo un numero crescente di imprese a spostare l’esecuzione di molti processi operativi nel cloud.
Anche nel nostro Paese.
I numeri, del resto, parlano chiaro.
Già alla fine dello scorso anno, i dati dell’Osservatorio Cloud Transformation del Politecnico di Milano parlavano di un mercato italiano in crescita del 18% a 2,3 miliardi di euro e di un percorso di adozione sempre più convinto, tanto che l’82% delle imprese di medie e grandi dimensioni utilizza almeno un servizio in public cloud, mentre per il 23% si parla già di adozione estesa su processi core.
Una tendenza confermata anche dai dati più recenti, che parlano di nuovo di un incremento del 18% a 2,77 Miliardi di Euro rispetto al valore di consuntivo del 2018.
Soprattutto, ed è questo un punto che gli Osservatori hanno tenuto a sottolineare, si è assistito a un importante cambiamento di approccio: “Migrare al cloud – si legge in una nota – oggi significa andare oltre la connessione statica di servizi infrastrutturali e applicativi eterogenei e lavorare con una logica nuova e dinamica orientata alla flessibilità.
Il punto è proprio questo: il cloud rappresenta non soltanto lo strumento per la riduzione del TCO o per l’accelerazione di processi, ma soprattutto la porta di accesso all’innovazione, l’abilitatore di percorsi di trasformazione necessari per garantire la competitività delle imprese nell’era digitale.

Uscire dalla comfort zone

Nonostante le premesse per una ulteriore accelerazione verso il cloud vi siano tutte, non sono poche le imprese ancora riluttanti ad abbandonare la “comfort zone” delle loro infrastrutture on-premises per affrontare il percorso di migrazione, tanto che, secondo Allied Market Research, ancora nel 2020 il 57% delle business application ancora girerà sulle infrastrutture on-premises delle imprese.
Siamo comunque a un punto di svolta e gli stessi CIO da tempo non si domandano più se davvero sia necessaria una migrazione al cloud, ma si interrogano sul “quando”, sul “come” e su “quante risorse” effettivamente migrare.

Quando si parla di business application, non si può non pensare a SAP.
Così come non si può negare che tutti quei clienti che per decenni hanno mantenuto i loro workload SAP sulle infrastrutture proprietarie siano stati piuttosto riluttanti ad accettare la sfida.
Le cose sono cambiate e stanno cambiando, tanto che il mantenimento di onerose infrastrutture on-premises sembri oggi sempre meno giustificato e giustificabile: non si tratta di fare leva sui tradizionali benefici del cloud, cui abbiamo fatto cenno in precedenza, bensì di una maturazione tecnologica tale da aver reso SAP in cloud decisamente superiore, soprattutto su una serie di specifiche, la sicurezza in primis, che da sempre sono stati considerati i punti di forza dell’on-premises.

Sette motivi per migrare SAP in cloud

Possiamo identificare sette motivi che oggi giustificano, anzi, di fatto impongono, una accelerazione dei percorsi di migrazione di ambienti SAP verso il cloud.

  • Risparmio
  • Agilità
  • Efficienza
  • Scalabilità
  • Astrazione
  • Resilienza
  • Sicurezza

Vediamoli insieme.

Risparmio:
Il cosiddetto “resource pooling”, vale a dire l’accentramento delle risorse, ha ridotto drasticamente il costo operativo del cloud pubblico.
Lavorando in hyperscale, i fornitori di cloud pubblici possono mantenere bassi i costi correlati al computing, trasferendo i risparmi ai tenant. In questo scenario, la migrazione di SAP dall’on-premises al cloud consente di spostarsi da CapEx importanti, necessari per gli aggiornamenti dell’hardware, a OpEx stabili, nei quali si paga solo per la potenza computazionale effettivamente utilizzata.

Agilità
Il cloud rende SAP più agile e flessibile, superando i vincoli dimensionali dei server installati on-premises e offrendo la possibilità di rispondere in modo adeguato alla crescita delle richieste, senza impatto negativo sulle performance complessive.
Inoltre, dal punto di vista del dipartimento IT, non è necessario programmare in anticipo adeguamenti delle risorse hardware, dal computing allo storage: il provisioning delle risorse è immediato e on-demand. Non solo. Il cloud garantisce l’esecuzione di attività di manutenzione, dalle copie agli snapshot, in modalità automatica, senza imporre task specifici al dipartimento IT.

Efficienza
Il cloud consente di monitorare e automatizzare l’utilizzo di risorse, allo scopo di massimizzare l’efficienza, secondo una logica di scale up e scale down che non solo garantisce le performance ottimali al bisogno, ma riduce anche inutili sprechi.

Scalabilità
Migrare SAP in cloud garantisce accesso a risorse potenzialmente illimitate, grazie alla disponibilità di più datacenter dislocati in diverse parti del mondo. Questo consente di dimensionare i sistemi sulla base dei workload effettivi, aggiungendo capacità sulla base della richiesta correlata ai singoli progetti.

Astrazione
Quando si parla di astrazione si fa riferimento alla conversione degli asset fisici in processi virtuali. Concretamente, questo significa che un ambiente SAP non dipende più da una particolare configurazione hardware che deve essere costantemente monitorata e ottimizzata per garantire il corretto funzionamento.
Migrare i propri ambienti SAP verso cloud pubblici significa abilitare il cosiddetto Software Defined Everything, che rappresenta la base per l’orchestrazione e l’automatizzazione di tutti i servizi cloud, con benefici sia in termini di robustezza, sia di riduzione dei costi di esercizio e manutenzione.

Resilienza
Disaster recovery, disponibilità, business continuity sono le tre “parole magiche” del cloud. La replica dello storage, unita alla possibilità di appoggiarsi a diversi operatori di rete, minimizza i rischi connessi alla gestione di una infrastruttura basata su un singolo datacenter privato. L’alta disponibilità è integrata e gli utenti possono soddisfare i requisiti di resilienza a costi decisamente inferiori.

Sicurezza
Con le risorse giuste, l’hosting on-premises può essere sicuro. A patto di averle. È proprio qui che si gioca la differenza con il public cloud, che è, di fatto, costruito intorno a logiche ferree di sicurezza, di rafforzamento, di testing, di cifratura, di controllo degli accessi, uniti a una pletora di certificazioni che ne garantiscono la compliance a regimi normativi e a standard, che diminuiscono nell’insieme i rischi di data breach o di furti di dati.

Perché SAP on Azure

Nel mese di novembre del 2017, SAP e Microsoft annunciarono una partnerhip strategica, per portare gli ambienti SAP su cloud Azure, partnership nata anche sulla scorta delle richieste da parte di numerose aziende-clienti.
Per i due partner era chiaro che un coordinamento delle rispettive attività avrebbe portato beneficio a entrambe e un significativo valore aggiunto ai clienti, in particolare in termini di agilità, più che mai necessaria in contesti competitivi.
C’è poi un ulteriore elemento, preso in considerazione da SAP e Microsoft a favore della loro alleanza: in particolare nel mercato delle piccole e medie imprese, la gestione on-premises di backup e recovery comporta investimenti onerosi e richiede la presenza di esperti o competenze in house. Portando SAP su Azure, o per essere più precisi con SAP Hana Enterprise Cloud on Azure, il problema, semplicemente, non si pone.
Importante, e su questo punto SAP rappresenta di fatto un business case, è poi il tema degli aggiornamenti. SAP in cloud significa che sia gli aggiornamenti funzionali sia quelli di sicurezza sono automatici, eliminando alla radice la complessità e gli oneri di una gestione in house. E a dimostrazione di questo convincimento, SAP ha annunciato che il supporto di S/4HANA on-premises proseguirà fino al 2030 solo per la versione più recente: per quelle precedenti il supporto cesserà a dopo il 2025.
La collaborazione tra SAP e Microsoft prende in esame anche i cambiamenti in corso nelle modalità lavorative. Con una forza lavoro sempre più mobile e con la crescente diffusione dello smart working, aumentano anche le necessità di adeguare sia i flussi, sia la condivisione delle informazioni. SAP in cloud promuove una collaborazione efficace, senza restrizioni di tipo geografico, da qualunque luogo e con qualunque dispositivo.
La collaborazione annunciata non è semplicemente tecnologica: le due aziende fin da subito hanno infatti reso noto che nella portata dell’intesa rientrano anche attività di sviluppo di nuovi servizi, a supporto dei percorsi di digital transformation delle imprese.

Gestire la migrazione di SAP verso Azure

Ma esiste un percorso ideale per gestire in modo ottimale la migrazione?
Pur nella consapevolezza che ogni azienda e ogni implementazione rappresentano un caso a sé, le best practice suggeriscono di partire da servizi più semplici, così che eventuali problemi e complessità possano essere evidenziati, indirizzati e risolti prima di passare ai workload critici. E in ogni caso, testare, testare, testare prima di passare in produzione.
Il secondo consiglio è quello di “fare pulizia” e di farla prima di avviare il percorso di migrazione. Eliminare ciò che non viene più utilizzato, con un’operazione definita di “dumping” consente di rendere più lineare la migrazione, risparmiando nel contempo.
Il terzo consiglio riguarda infine il backup: serve, anche in cloud. La disponibilità di Azure in un numero crescente di region, rende consigliabile valutare dove collocarlo, In assenza di vincoli di tipo normativo o legale (legati ad esempio alla necessità di mantenere i dati in-country), la scelta di utilizzare una region differente rappresenta un elemento di tutela in caso di eventi fortuiti o disastri.
Si tratta comunque di un percorso complesso, che è bene non affrontare da soli.
Per questo motivo, è importante che un’azienda che intende intraprendere una percorso di trasformazione trovi il giusto interlocutore con il quale lavorare fin dalle fasi iniziali di analisi e testing.
La stessa SAP identifica nella propria rete di partner commerciali non solo dei rivenditori per le proprie soluzioni, ma dei veri e propri advisor, in grado di comprendere il business case e abilitarlo all’interno delle aziende loro clienti.
Non è un caso che quando parla dei propri partner, SAP parli di percorsi di co-innovation, nei quali la componente tecnologica e quella di business e strategica vanno di pari passo.
Non solo: è sempre SAP che ha scelto di creare, insieme ai propri partner e clienti, un ricco ecosistema, nel quale la condivisione di esperienze, visioni e best practice apre la strada a nuovi percorsi di innovazione e crescita.

La visione di Techedge

Techedge - Pera

Tra i partner particolarmente attivi nel mondo SAP, Techedge si è nel tempo ritagliata un ruolo chiave grazie alle proprie competenze non solo sulla piattaforma, ma anche a livello sistemistico.
“È fondamentale – spiega Gian Carlo Pera, Industrial Leader in Techedge – comprendere non solo i processi e i loro cambiamento, ma anche come ogni workload poi impatta sull’infrastruttura”.

Per questo, quando si parla della migrazione a SAP su piattaforma Azure, Techedge mette in campo una leva in più: una metodologia.

Abbiamo sviluppato una metodologia, dando ai nostri clienti una roadmap di riferimento. Partiamo dall’upgrade dalle release precedenti per chi è già utente, aiutiamo nel cambio del DB sottostante, spostandolo verso HANA se necessario, aiutiamo a i nostri clienti a evitare di costruire una infrastruttura basata sui picchi, sfruttando l’elasticità del cloud”.
Ma non è tutto.
La migrazione è un percorso preciso, che Techedge definisce “3-steps to Digital Core”. Si parte valutando le opportunità della conversione, si prepara poi la conversione, e infine si completa la conversione.

Photo credit: Shutterstock

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Maria Teresa Della Mura
Maria Teresa Della Mura

Giornalista, da trent’anni segue le tematiche dell’innovazione tecnologica applicata ai modelli e ai processi di business.Negli ultimi anni si è avvicinata al mondo dell’Internet of Things e delle sue declinazioni in un mondo sempre più coniugato in logica smart: smart manufacturing, smart city, smart home, smart health.

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