Gestione del rischio

Covid-19 e imprese manifatturiere: alcune best practices per affrontare l’emergenza

Grazie al confronto con la realtà di alcune aziende e all’analisi dei loro processi Digital360 Team Operations mette a disposizione una serie di buone pratiche che consentono alle imprese di produzione di gestire con maggior livello di conoscenza e preparazione le azioni legate alla presenza di un possibile contagio in fabbrica e coordinare le attività nel rispetto della sicurezza degli addetti e della continuità della produzione

Pubblicato il 09 Mar 2020

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Oggi, lunedì 9 marzo, il nord Italia, ma possiamo dire il Paese tutto, è nel pieno dell’emergenza Coronavirus.

In questi giorni abbiamo avuto modo di parlare con tante imprese manifatturiere, che già da settimane hanno messo in atto degli interventi sulla forza di lavoro indiretta (white collar) per minimizzare spostamenti e assembramenti negli uffici, facendo ricorso (come avviene nel settore dei servizi) allo smart working e agli strumenti di collaborazione digitale. Il manifestarsi di casi di contagio tra queste categorie di dipendenti, per quanto umanamente e professionalmente difficili, può avere delle conseguenze limitate sullo svolgimento delle attività di impresa, grazie all’isolamento e all’autonomia assicurata da queste modalità di lavoro.

Raccomandazioni gestionali per le imprese manifatturiere davanti a un rischio Covid-19

Col persistere della fase espansiva della malattia, però, diventa sempre più probabile che nel personale di fabbrica (diretti ed indiretti di produzione) si manifesti il primo caso di contagio, situazione questa molto diversa dalla precedente, perché assai probabilmente porterebbe ad una chiusura prudenziale del sito produttivo dove egli /ella svolgesse il suo lavoro. Le conseguenze dunque di un caso di Covid-19 in ambito fabbrica sarebbero dunque molto peggiori, perché impatterebbero su delle attività per le quali non è minimamente pensabile uno svolgimento da remoto. Per questo motivo, molte imprese stanno mettendo in atto delle misure per ridurre l’impatto di un tale (non più solo ipotetico) evento. Scopo di questa breve memoria è raccontare e condividere le diverse pratiche con cui siamo venuti in contatto, per darne coscienza a tutte le imprese manifatturiere. Esse non sono raccomandazioni medico-sanitarie, ma gestionali, e le illustriamo qui col solo scopo di condividere questa base di conoscenza, e rafforzare il processo di riflessione che certamente le imprese avranno già avviato. Crediamo che sia davvero importante che le imprese manifatturiere facciano tutto il possibile per assicurare la continuità delle loro operazioni, dal momento che la manifattura è un comparto essenziale per il Paese.

Due ordini di pratiche per il Covid-19: la prevenzione-mitigazione e la prevenzione

Nel merito, possiamo distinguere due ordini di pratiche: di prevenzione e mitigazione, le prime, e di tipo esclusivamente preventivo, le seconde.  Anticipando quanto si comprenderà tra breve, i costi e l’efficacia in caso di evento avverso sono molto diversi, nei due casi.

La Prevenzione-Mitigazione

La prima pratica di prevenzione-mitigazione fa riferimento all’isolamento delle turnistiche, e può valere per tutte le aziende che normalmente operassero già su più turni, o che stiano valutando questa ri-organizzazione come misura temporanea.  Con questa pratica si cerca di partizionare la forza lavoro utilizzando il tempo come barriera di separazione. I turni vengono divisi, inserendo una pausa di almeno un’ora tra un turno ed il successivo, per evitare che le due popolazioni entrino anche occasionalmente in contatto. Questa ora può essere utilizzata per effettuare pulizie agli utensili e agli spazi condivisi, secondo le conoscenze di persistenza del virus su talune superfici, anche se l’utilizzo di guanti e DPI dovrebbe già aiutare a mitigare questo rischio[1]. Anche le rotazioni del personale tra turni dovrebbero essere minimizzate, quantomeno considerando la durata della finestra di incubazione. Infine, le aree mensa, aree break e gli spogliatoi, soprattutto con le nuovissime disposizioni, vengono generalmente chiuse, per evitare che esse rappresentino luogo di aggregazione e di contagio.

Questa pratica, a quanto osserviamo, è facilmente applicata da imprese che già lavorassero in turni (su alcuni reparti, o su tutta la fabbrica) mentre non è facile da applicare per imprese che lavorassero su un turno solo. I costi della riorganizzazione e della modifica delle pratiche operative, tuttavia, andrebbero confrontati con i costi che l’impresa sperimenterebbe dal blocco degli ambienti, in caso di malattia accertata di un lavoratore.

La seconda pratica di prevenzione-mitigazione lavora invece sul flusso di processo, e mira a partizionare la forza lavoro usando la ridondanza delle risorse di produzione come criterio di separazione. Gli spazi fisici (reparti, isole di montaggio) vengono divisi in aree autonome, se possibile utilizzando anche separatori mobili per rendere più netta la distinzione. All’interno di quelle aree si può svolgere l’operatività anche in compresenza temporale, ma senza alcuna commistione tra le due popolazioni lavorative. Questa pratica non è sempre possibile, in virtù della configurazione del processo, della duplicazione delle risorse macchina e delle skill operatore, ma laddove possibile (si pensi ad un reparto di montaggi, con diverse linee parallele che operano a modelli misti) essa è certamente applicabile.

Come la precedente, anche questa pratica richiede la chiusura di tutti i punti di aggregazione (mense, aree break, spogliatoi) per evitare di essere vanificata. E come la precedente, anche essa può generare un costo operativo nella sua attuazione: separare le risorse fa perdere tutte le economie di scopo (sinergie), riduce la saturazione, complica lo scheduling e può far scendere la produttività del lavoro ma, anche in questo caso, i costi della riorganizzazione andrebbero confrontati con il costo del fermo totale, in caso di malattia accertata di un lavoratore.

L’importanza di una concertazione con le rappresentanze sindacali e con le autorità sanitarie

Entrambe queste pratiche richiedono due importanti azioni di concertazione da parte della direzione dell’impresa. La prima, verso le rappresentanze sindacali, perché vi sia il necessario consenso interno al cambiamento delle pratiche operative, e perché esse siano correttamente percepite e giudicate come efficaci, al primo scopo di proteggere la popolazione lavorativa, e quindi di assicurare a tutta l’impresa maggiori chance di superare questo drammatico periodo, per il bene comune. La seconda, verso le autorità sanitarie, perché vi sia il necessario consenso sul fatto che le specifiche misure prese dalla specifica impresa siano ritenute efficaci e pertanto perché, al manifestarsi del primo caso (ormai viene da dire quando, non più se) effettivamente le disposizioni dell’Autorità preservino la porzione di impresa isolata (temporalmente o geograficamente). Queste due azioni di concerto, che richiedono tempo ed energia al vertice aziendale, vanno avviate sin da subito, e portate avanti in parallelo alla progettazione degli interventi sul campo.

Uno sguardo alle misure esclusivamente preventive

Vi sono, infine, tutte le misure di tipo esclusivamente preventivo, che derivano dall’importazione e dall’adattamento delle disposizioni delle Autorità sanitarie all’ambiente produttivo. Tra queste menzioniamo la chiusura / rotazione della mensa, la pulizia e disinfezione delle tastiere e dei touch Id nei PC di reparto, l’installazione di vetri e separatori al ricevimento merci, il divieto per gli autisti esterni di scendere dal proprio mezzo, l’utilizzo di guanti e mascherine per tutti gli addetti di interfaccia (ancora al ricevimento merci, alla logistica interna, alle manutenzioni), il divieto di accesso alle aree produttive per tutti i fornitori esterni o per il personale non di produzione. Queste misure sono facili da adottare, proprio per la loro scarsa invasività rispetto alle pratiche operative pre-epidemia, e possono ridurre le occasioni di contagio all’interno del luogo di lavoro, oltre a limitare le responsabilità (liability) della direzione Sicurezza e prevenzione, ma non sarebbero di alcun aiuto nella gestione delle conseguenze del primo malato. Inoltre, alcune di esse, come l’utilizzo delle mascherine, secondo quanto abbiamo appreso dal confronto con le imprese, sono poco praticabili, sia per la scarsità delle forniture disponibili, sia per il fatto che le mascherine più efficaci contro il virus non sono pensate per un utilizzo continuativo durante una attività fisica moderata o intensa. In ogni caso, come ci insegna la disciplina del risk management, la strada maestra da seguire è la combinazione di più pratiche, sia di prevenzione sia di mitigazione.

Conclusione: Per rallentare la diffusione del virus prosegue l’opera di diffusione di buone pratiche

Con questa memoria, lo ribadiamo, vogliamo contribuire a condividere la conoscenza di quanto alcune imprese manifatturiere stanno facendo verso il più ampio numero possibile di imprese loro pari. Se il virus ci attacca diffondendosi, diffondere il nostro sapere (scientifico e sanitario, ma anche manageriale) è una delle armi con cui lo contrasteremo. Continueremo a raccogliere e sistematizzare questa raccolta di buone  pratiche man mano che entreremo in contatto con altre esperienze sul campo, per tenere questa memoria sempre aggiornata. Nel frattempo… Take Care.

[1] Si ribadisce che questa memoria non ha alcuna finalità di tipo medico-sanitario, e le pratiche qui descritte sono quelle osservate nelle imprese, le quali si muovono alla luce delle raccomandazioni pervenute dalle Autorità.

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