Incentivi

I nuovi incentivi fiscali a ricerca e sviluppo, come sta cambiando il quadro normativo

La novità del Decreto del 26 maggio 2020 è nell’ampliamento delle attività per le quali le imprese godono di quest’agevolazione, per la quale già la legge di Bilancio 2019 aveva indicato le spese ammesse al beneficio: ricerca fondamentale, ricerca industriale, sviluppo sperimentale

Pubblicato il 31 Ago 2020

Diego Fulco

avvocato, direttore scientifico Istituto Italiano per la privacy e la valorizzazione dei dati

lean startup innovation management

Il Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 26 maggio 2020 (in Gazzetta Ufficiale il 21 luglio) ha aggiunto un nuovo tassello al mosaico degli incentivi fiscali alle imprese che investono su ricerca e sviluppo (R & D) previsto dal Piano Nazionale Impresa 4.0, lanciato per la prima volta nel 2016 dal Governo Renzi (Ministro dello Sviluppo Economico Calenda), ma poi ripreso dai Governi successivi fino a quello attuale.

Il Piano Nazionale Impresa 4.0 punta a favorire trasformazioni tecnologiche nella progettazione, nella produzione e nella distribuzione industriali, col passaggio dall’automazione industriale tradizionale a nuova concezione di industria, basata su un livello più elevato di automazione e interconnessione. Tecnologie abilitanti individuate dal Piano sono l’advanced manufacturing solutions (robotica impiegata nella produzione), l’additive manufacturing (sistemi che generano oggetti tridimensionali, come la stampa 3D), la realtà aumentata (tecnologia che sfrutta i display dei dispositivi per aggiungere informazioni a ciò che vediamo), la simulation (modelli animati che imitano il funzionamento di sistemi), l’integrazione orizzontale (espansione dell’attività dell’impresa a prodotti, processi e know-how affini alla filiera tecnologico-produttiva) e verticale (integrazione di diverse fasi della filiera produttiva), l’industrial internet (applicazione dell’IoT o internet delle cose all’industria), il cloud, la cybersecurity, i big data e l’analytics.

Il credito d’imposta per investimenti in ricerca e sviluppo

Da sempre, elemento portante del Piano Nazionale Impresa 4.0 è stato l’aver optato per la leva fiscale, invece che per procedure di selezione mediante bandi e finanziamenti. Fra le misure rimodulate nel tempo, rientra il credito d’imposta, che è destinato esclusivamente a imprese che siano in regola con la normativa sulla sicurezza dei luoghi di lavoro e col versamento dei contributi previdenziali e assistenziali per i propri dipendenti (indipendentemente dalla loro natura giuridica, dalla loro dimensione e dal settore in cui esse operano). Il credito d’imposta è un credito verso lo Stato riconosciuto a tutte le imprese che hanno sostenuto e che possono documentare spese in ambito R & D; è fruibile in compensazione tramite F24.

Per beneficiare del credito d’imposta, le imprese devono conservare la documentazione giustificativa dei costi sostenuti, predisporre e conservare una relazione tecnica che illustri le finalità, i contenuti e i risultati delle attività di R & D che hanno svolto, disporre di una certificazione dei costi sostenuti.

La novità del Decreto del 26 maggio 2020 è nell’ampliamento delle attività per le quali le imprese godono di quest’agevolazione, per la quale già la legge di Bilancio 2019 aveva indicato le spese ammesse al beneficio. Sono qualificate come ricerca e sviluppo le attività di ricerca fondamentale, di ricerca industriale e di sviluppo sperimentale in campo scientifico o tecnologico. Elemento comune: il perseguimento (quindi, non necessariamente il raggiungimento) di un progresso o un avanzamento delle conoscenze in campo scientifico o tecnologico; progresso utile non solo all’impresa che fa R & D, ma all’intero mercato.

Il Decreto del 26 maggio 2020 chiarisce quali sono le attività riconducibili alla definizione, e cioè:

  • Ricerca fondamentale: lavori sperimentali o teorici finalizzati principalmente all’acquisizione di nuove conoscenze in campo scientifico o tecnologico, attraverso l’analisi delle proprietà e delle strutture dei fenomeni fisici e naturali, senza necessariamente considerare un utilizzo o un’applicazione particolare a breve termine delle nuove conoscenze acquisite da parte dell’impresa. Il risultato delle attività di ricerca fondamentale è di regola rappresentato per mezzo di schemi o diagrammi esplicativi, o teorie interpretative delle informazioni e dei fatti emergenti dai lavori sperimentali o teorici;
  • Ricerca industriale: lavori originali intrapresi per individuare possibili utilizzazioni o applicazioni delle nuove conoscenze derivanti da un’attività di ricerca fondamentale, trovare nuove soluzioni per il raggiungimento di uno scopo o un obiettivo pratico predeterminato. Le attività, in particolare, mirano ad approfondire le conoscenze esistenti per risolvere problemi di carattere scientifico o tecnologico. Il risultato è rappresentato, di regola, da un modello di prova che permette di verificare sperimentalmente le ipotesi di partenza e dare dimostrazione della possibilità o meno di passare alla fase successiva dello sviluppo sperimentale, senza l’obiettivo di rappresentare il prodotto o il processo nel suo stato finale;
  • Sviluppo sperimentale: lavori sistematici, basati sulle conoscenze esistenti ottenute dalla ricerca o dall’esperienza pratica, svolti allo scopo di acquisire ulteriori conoscenze e raccogliere informazioni tecniche necessarie alla realizzazione di nuovi prodotti o processi di produzione, o al miglioramento significativo di prodotti o processi esistenti. Per miglioramento significativo s’intendono modifiche che hanno il carattere della novità, e non sono il risultato di un semplice utilizzo dello stato dell’arte nel settore o dominio di riferimento. Il risultato dei lavori di sviluppo sperimentale è di regola rappresentato da prototipi o impianti pilota. Per queste attività, il credito d’imposta riconosciuto è pari al 12%, con un massimale di beneficio per impresa pari a 3 milioni di euro.

Gli incentivi fiscali per la ricerca

Dunque, sono incentivati investimenti/spese sostenuti da imprese sì nel proprio interesse, ma nelle quali l’elemento essenziale è il metodo: verificare un’ipotesi, documentando l’attività in modo condivisibile. L’essenza della ricerca è indagare, provare, scoprire. Quest’essenza è evidente nella ricerca fondamentale, che non ha uno scopo pratico e mira ad acquisire nuove conoscenze; tuttavia, il tendere a scoperte di utilità collettiva deve caratterizzare anche la ricerca applicata e nello sviluppo sperimentale. Fare ricerca significa assumersi il rischio di non arrivare al risultato sperato, di spendere più di quanto si ricava, addirittura di “perdere tempo”. Chiave di lettura della politica statale di credito d’imposta è questa: lo Stato agevola fiscalmente chi si assume il rischio di indagare, provare, scoprire, perché quest’attività è intrinsecamente un volano di crescita non solo per chi ricerca/sperimenta (che potrà sfruttare economicamente gli eventuali risultati), ma anche per i suoi concorrenti, per il mercato, per l’economia tutta.

Ne è riprova che: a) sono ammesse al beneficio del credito d’imposta anche attività di ricerca e sviluppo svolte contemporaneamente, in modo simile e nello stesso campo da imprese fra loro concorrenti; b) sono previste maggiorazioni del 50% del beneficio per le spese sostenute per le commesse di ricerca affidate ad Università italiane (in linea con l’attuale politica di ricerca dell’Unione Europea, che incoraggia le Università a collaborare con il settore privato). Questo significa per il mondo dell’impresa una spinta affidarsi alla consulenza di ricercatori, cioè di professionalità abituate a ragionare in termini di osservazione dei fenomeni, formulazione e verifica di un’ipotesi per tali fenomeni e conclusione sulla validità dell’ipotesi.

Se fra ricerca fondamentale, ricerca industriale e sviluppo sperimentale esiste questo filo conduttore comune, diverso è il contesto di regole in cui esse devono muoversi, sia per quanto riguarda la protezione dei risultati raggiunti, sia per quanto per quanto attiene al rispetto dei diritti e delle privative altrui.

Per l’acquisizione di nuove conoscenze in campo scientifico o tecnologico, la protezione dei risultati andrebbe inquadrata alla luce delle norme sulla proprietà intellettuale (e, in parte, industriale). L’impresa che facendo ricerca fondamentale produce schemi o diagrammi esplicativi, non ha nessuna esclusiva sulle idee ricavabili da questi schemi o diagrammi. Il report di presentazione dei risultati, come documento/opera dell’ingegno, sarà protetto dall’altrui copia/appropriazione (plagio); tuttavia, l’impresa non potrà pretendere di avere un uso esclusivo dei contenuti. Eventualmente, per ricavare un vantaggio competitivo dall’investimento in ricerca fondamentale, l’impresa potrà limitarsi a siglare accordi di confidenzialità con interlocutori cui intenda mostrarli, o avvalersi della tutela del segreto commerciale ai sensi del codice della proprietà industriale qualora le informazioni ricavate con la ricerca fondamentale siano segrete, abbiano valore economico in quanto segrete e siano protette con misure di sicurezza.

Per la ricerca applicata e lo sviluppo sperimentale, valgono le norme in materia di invenzioni industriali. L’impresa che investe in questi ambiti di ricerca può ottenere un diritto esclusivo di trarre profitto dalla produzione e dal commercio dell’invenzione mediante lo strumento tradizionalmente riconosciuto per le invenzioni che risolvono un problema tecnico, suscettibili di applicazione su scala industriale: il brevetto.

Incentivi fiscali anche per l’innovazione tecnologica

Il Decreto del 26 maggio 2020 riconosce il beneficio anche per le attività di innovazione tecnologica, cioè attività finalizzate alla realizzazione di prodotti, servizi o processi nuovi o sostanzialmente migliorati rispetto a quelli già realizzati o applicati dall’impresa. Per le attività di innovazione tecnologica con obiettivo digitale 4.0, il credito d’imposta riconosciuto è pari al 10%; il beneficio massimo per azienda è pari a 1 milione e 500 mila euro.

Nonostante in Europa ci sia una resistenza a riconoscere la brevettabilità del software, chi investe su attività di innovazione con obiettivo digitale 4.0 e trova una soluzione tecnologica innovativa e capace di risolvere problemi tecnici, fa bene a seguire la strada della domanda di brevetto, potendo contare su un orientamento favorevole al rilascio del brevetto per software suscettibili di applicazione nell’industria.

Per quanto attiene il “come” fare ricerca, ivi comprese le vie più dirette ed efficaci per raccogliere/aggregare/analizzare una grande mole di contenuti e di dati, valgono le regole che impongono il rispetto dei diritti e delle privative altrui. Ad esempio, al momento, è limitata la possibilità di attingere a contenuti altrui mediante un uso agevolato delle tecnologie di il text mining (svolto ad es. mediante estrazione delle informazioni, recupero delle informazioni, classificazione del testo, categorizzazione dei testi). Tuttavia, entro il 7 giugno 2021 dovrà essere recepita anche in Italia la Direttiva (UE) 2019/790, secondo cui chi fa ricerca andrà sgravato dai vincoli in ambito proprietà intellettuale per il text mining.

L’intero ambito della ricerca in tutte le sue declinazioni sarà favorito anche da un’altra normativa in arrivo: quella sul riutilizzo dei documenti esistenti in possesso degli enti pubblici e delle imprese pubbliche, rivista e ampliata dalla Direttiva (UE) 2019/1024, che dovrà essere recepita entro il 17 luglio 2021. Infatti, quando queste norme saranno recepite in Italia, chi investirà nella ricerca avrà nuove risorse cui attingere.

Obiettivo di questa nuova normativa è aumentare la disponibilità di dati pubblici preziosi a fini di riutilizzo, anche provenienti da imprese pubbliche, organizzazioni che svolgono attività di ricerca e organizzazioni che finanziano la ricerca. Il principio ispiratore delle nuove regole è «il più aperto possibile, chiuso il tanto necessario»; oppure, con terminologia anglosassone, “openess by design” e di “openess by default”.

La “openess by design e by default” è la pratica di fornire a titolo gratuito per l’utente finale accesso online, oltre che agli esiti della ricerca scientifica finanziata con fondi pubblici (cioè le pubblicazioni), anche ai dati della ricerca (risultati di esperimenti, misurazioni, osservazioni risultanti dall’indagine sul campo, risultati di indagini, immagini e le registrazioni di interviste, oltre a metadati, specifiche e altri oggetti digitali) senza limitazioni di utilizzo e riutilizzo fatta ovviamente salva la possibilità di esigere il riconoscimento dell’autore. La Direttiva (UE) 2019/1024 spinge affinché questi dati e documenti siano disponibili per il riutilizzo gratuitamente e, qualora sia necessario un corrispettivo in denaro, questo sia limitato ai costi marginali.

Queste novità dovrebbero rendere la ricerca più praticabile anche da parte di chi abitualmente non accede alle risorse che la renderebbe più spedita e idonea al successo. Di qui a un anno, grazie alle nuove norme in tema di libera estrazione di testo e di dati dal web a fini di ricerca e di libera accessibilità/riutilizzo anche a fini di profitto di dati della ricerca finanziata con fondi pubblici, la praticabilità per le PMI della ricerca fondamentale, della ricerca industriale e dello sviluppo sperimentale dovrebbe crescere sensibilmente.

Horsa - transizione 4.0 - tutto quello che occorre sapere sugli incentivi per l'industria 4.0 2021 

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

F
Diego Fulco
avvocato, direttore scientifico Istituto Italiano per la privacy e la valorizzazione dei dati

Articoli correlati