Formazione

Il ruolo del gaming nella formazione e nel recruitment

Come la gamification sta trasformando il comparto delle risorse umane. Il concetto di learning trough play: come funziona, quali risultati permette di ottenere. Alcuni casi di studio

Pubblicato il 13 Lug 2020

Luca Pulli

Business designer, partner RSM

formazione

La ragione per cui abbiamo due orecchie e una sola bocca è che dobbiamo ascoltare di più, parlare di meno”. Quanta saggezza in questa frase del filosofo greco Zenone di Cizio.

La capacità di ascolto è uno dei tratti fondamentali della leadership. Sapere ascoltare non significa solo valorizzare il punto di vista altrui, ma significa soprattutto raccogliere più informazioni per poi prendere decisioni più efficaci.

Vi siete mai chiesti come i giochi possano aiutarci a formare le persone, affrontare le sfide della società, sensibilizzare sulle questioni sociali contemporanee, a esprimere il proprio punto di vista o a educarsi all’ascolto?

Teorie all’avanguardia di studi di gioco, filosofia e psicologia dei media possono aiutare a capire come funzionano i serious game e come fanno appello ai giocatori. Il potenziale impatto del gioco viene affrontato in dettaglio discutendo di giochi persuasivi, che mirano a cambiare l’atteggiamento del giocatore.

Le caratteristiche del gioco

Quali sono le caratteristiche di un gioco? Eccole di seguito:

Goal-oriented: sono fissati degli obiettivi.

Regole: bisogna seguire delle regole mentre si gioca.

Feedback: esiste un sistema di feedback mentre si gioca.

Competizione: all’interno dei giochi ci sono spesso elementi di competizione.

Partecipazione volontaria: si può decidere se si vuole continuare a giocare o no.

Spesso i due termini game e serious game sono confusi e considerati sinonimi. Altre volte, il serious game è considerato un gioco “serio”, nel senso di non divertente. Nulla di più sbagliato.

Gli sviluppatori dei serious game si prefissano di insegnare qualcosa ai giocatori.

Per esempio, la consapevolezza di un determinato problema o un cambiamento nell’attitudine del giocatore.

Quello che gli sviluppatori di un serious game fanno è fornire, sulla base di principi motivazionali e di giochi di intrattenimento, l’insegnamento di qualcosa in una maniera coinvolgente.

Anche nei giochi, c’è l’obiettivo di insegnare qualcosa ma la priorità è intrattenere il giocatore.

Cos’è un serious game

Tenendo presente questa differenza, possiamo definire il serious game come un gioco nel quale sono utilizzati i giochi per computer e simulazioni di approcci o tecnologie che ha come scopo principale il non intrattenimento.

Quindi perché alle persone piace giocare?

A tal proposito ci sono due teorie:

teoria degli usi e della gamification.

teoria dell’auto-determinazione.

La teoria degli usi e della gamification sostiene che le persone usano i media per ottenere gratificazione che è legata ai bisogni dell’individuo.

La teoria enfatizza che i media users cercano attivamente particolari contenuti multimediali.

Il ruolo di soggetti attivi nel gioco è di fondamentale importanza in questo contesto.

Le ricerche empiriche dimostrano che nel game il giocatore sceglie il gioco che soddisfa specifici bisogni. In particolare, esistono sette motivazioni riscontrate nelle ricerche:

controllo

sfida

competizione

fantasia

interesse

deviazione (dall’ordinario)

interazione sociale.

La seconda teoria dell’auto-determinazione si basa sull’interazione di tre bisogni psicologici: autonomia, competenza e relazionalità.

Indubbiamente le due teorie hanno molto in comune: controllo vs autonomia; interesse vs competenza; interazione sociale vs relazionalità.

Secondo Abraham Maslow, lo psicologo della metà del secolo scorso famoso soprattutto per la sua “gerarchia dei bisogni”, solo dopo avere soddisfatto bisogni fondamentali possiamo passare a motivazioni di livello superiore. In cima alla piramide di Maslow si trova il bisogno di autorealizzazione. Queste caratteristiche le troviamo nel gioco.

Il gioco consente di mettere alla prova i limiti esterni delle proprie abilità e permette di raggiungere il massimo, senza alcuna sollecitazione.

Gli aspetti funzionali ed emotivi della gamification favoriscono la creazione di un ambiente predisposto alla collaborazione, all’innovazione e al cambiamento.

Il fattore umano nella trasformazione digitale

La trasformazione digitale delle aziende passa spesso attraverso un percorso di automazione di molti processi e attività e un uso sempre più estensivo delle nuove tecnologie. Ma, contrariamente a quanto si è portati a pensare, il fattore umano diventa sempre più centrale e determinante per il successo verso il cambiamento in chiave “digitale”.

La tecnologia può accelerare il cambiamento nelle aziende, è vero, ma sono le persone i veri protagonisti della digital transformation, che diviene una grande opportunità per valorizzare l’elemento umano e ottenere un importante vantaggio competitivo.

Come utilizzare allora ciò che la tecnologia offre per promuovere il fattore umano?

La gamification può rappresentare, in quest’ottica, un valore aggiunto per formare, coinvolgere e motivare i dipendenti a tutti i livelli aziendali, permettendo di liberare il proprio potenziale? Come?

Possiamo scoprirlo esaminando i vantaggi apportati sia per i dipendenti che per l’azienda, permettendo di aggregare generazioni diverse per età e competenze, per ruoli e responsabilità.

Inoltre, la gamification, supportata dalla combinazione con altre metodologie, tra le quali il design thinking e la flip education, rende i dipendenti aziendali protagonisti, e non solo semplici fruitori, della prototipazione rapida di serious game.

Sul gioco esistono tuttavia alcuni falsi miti e luoghi comuni che vanno sfatati.

Mito #1: gamification e giochi sono la stessa cosa

L’apprendimento basato sul gioco utilizza un gioco reale per insegnare conoscenze e abilità. Un gioco di apprendimento (learning game) è un’unità a sé stante, con un inizio, una partita e un finale. Chi apprende sa di essere impegnato in un’attività di gioco e che alla fine c’è uno “stato di vittoria”. I giochi possono offrire diversi tipi di contenuti di apprendimento in diverse modalità.

La gamification, d’altra parte, utilizza solo alcuni elementi di gioco. Gli studenti non sempre fanno tutto il gioco dall’inizio alla fine, ma partecipano ad attività che includono video o elementi di mobilità di gioco come guadagnare punti, superare una sfida o ricevere badge per il completamento di task.

L’apprendimento basato sul gioco è spesso usato come un evento didattico una tantum per fornire l’apprendimento formale online o in classe. I giochi di apprendimento sono quelli maggiormente indicati per insegnare compromessi (trade-off), allocazione delle risorse e decision-making.

La gamification spesso non viene applicata in classe, ma attraverso computer, tablet, smartphone, per permettere agli studenti di interagire con il contenuto quando e ovunque si trovino.

Il contenuto è generalmente distribuito nel tempo e non necessita di essere appreso in un unico step. Il contenuto varia, ma si concentra spesso su politiche di sicurezza, specifiche del prodotto, customer service, onboarding di nuovi dipendenti e altre informazioni di cui questi avranno bisogno regolarmente.

Il ruolo che la metafora riveste nel gaming è di fondamentale importanza per il raggiungimento degli obiettivi perseguiti in un percorso formativo. Il ricorso alla metafora e quindi al linguaggio figurato ben si applica a quei casi in cui la formazione tenta di risolvere tramite il gioco problemi delicati e complessi.

Mito #2: la gamification aliena gli “studenti adulti”

Il fatto che agli adulti non piacciano i giochi e quindi anche la gamification è falso. Il rovescio della medaglia sarebbe che a chi ha meno di 30 anni piacciono i giochi e quindi amerebbe tutti gli aspetti della gamification: neppure questo è vero. Ad alcuni dipendenti non piace alcun tipo di formazione, né quella in classe né quella online. Non c’è una singola metodologia formativa che possa andar bene per tutti.

Questo fa parte di un falso mito più ampio, che è quello che gli adulti non giochino ai videogiochi. Secondo il rapporto del 2013 della Entertainment Software Association, intitolato “I giocatori over 50: non si è mai troppo vecchi per giocare”, il 48% degli adulti di età pari o superiore a 50 anni dichiara di giocare ai videogiochi. Circa l’80% di questi gioca settimanalmente, mentre il 45% gioca ogni giorno. Il rapporto indica che i giochi preferiti dei giocatori di 50 anni sono quelli che imitano tradizionali forme di gioco, come giochi di carte o tessere (56%), puzzle / giochi di logica (52%) e curiosità, giochi di parole e da tavolo (27%). Le aziende possono utilizzare la gamification con i dipendenti di tutte le età su una vasta gamma di argomenti, tra cui vendita al dettaglio, cura e assistenza sanitaria e conoscenza di prodotti assicurativi. Per esempio, Pep Boys, una catena di negozi automobilistici, grazie agli sforzi di gamification dedicati a dipendenti di tutte le età ha ottenuto un tasso di partecipazione volontaria dei dipendenti pari al 95%.

L’età media dei dipendenti all’interno di una forza lavoro non è un barometro accurato per valutare l’utilità della gamification nella strategia di apprendimento di un’organizzazione. Un parametro migliore è guardare al tipo di contenuto di cui si ha bisogno e alla frequenza con la quale questo deve essere rafforzato e applicato per avere l’impatto di fondo desiderato.

La gamification è utile per gli scenari in cui i leader devono aggiornare continuamente le conoscenze della forza lavoro e ciò non è necessario che si verifichi in una classe. Per esempio, una forza di vendita mobile (mobile sales force) che vende prodotti tecnici come servizi di telefonia cellulare e abbonamenti sarebbe un target eccellente per una gamification trasmessa tramite dispositivo mobile.

Potrebbero beneficiarne dipendenti che lavorano da diversi anni. Spesso le organizzazioni hanno un programma di onboarding ben progettato, in cui i nuovi dipendenti vengono inseriti in un buon piano di formazione iniziale, ma negli anni successivi le aziende non offrono tanto. Invece di trascinarli di nuovo in classe, possono essere usate le tecniche di gamification per aggiornare le loro conoscenze.

La gamification può anche aiutare i nuovi dipendenti a conoscersi l’un l’altro attraverso attività che favoriscono la collaborazione e la cooperazione, aiutano a conoscere l’azienda, le sue politiche, la vision, missione e prodotti. La società del software SAP ha utilizzato la gamification per continuare a reclutare studenti in India interessati al processo di onboarding, invitando i nuovi assunti a partecipare e vincere medaglie rispondendo a domande trivia sull’azienda.

Mito #3: non c’è scienza dietro la gamification

Le piattaforme di gamification più efficaci usano due pratiche di apprendimento: pratica di recupero e recupero spaziato. Combinate, queste tecniche forniscono un forte fondamento per aumentare l’apprendimento e la conservazione. La pratica di recupero richiede agli studenti di ricordare le informazioni piuttosto che rileggere o riascoltare il materiale. Fondamentalmente, verifica la preparazione dello studente, non per attribuire un voto o per valutare, ma per aiutare a migliorare il richiamo e la conservazione dei contenuti.

Ricerche risalenti al 1907 supportano l’uso della pratica di recupero come metodo didattico. Il professor John Dobson della Georgia Southern University ha diretto uno studio, nel 2013, durante il quale ha scoperto che, usando una serie di quiz di recupero molto brevi, gli studenti hanno migliorato la conservazione di materiale fino al 40% rispetto a un test precedente. Il recupero distanziato (spaced retreval) fornisce agli studenti contenuti distanziati nel tempo piuttosto che tutti in una volta. I ricercatori Shana Carpenter, Nicholas Cepeda, Doug Rohrer, Sean Kang e Harold Pashler hanno riassunto anni di studi nel loro articolo del 2012 “Using Spacing to Enhance Diverse Forms of Learning: Review of Recent Research and Implications for Instruction” concludendo che “al fine di promuovere la conservazione a lungo termine delle conoscenze, gli studenti dovrebbero ricevere una ri-esposizione distanziata a informazioni precedentemente apprese … [soprattutto] se l’obiettivo è a lungo termine è il trattenimento di queste conoscenze.

Quando gli studenti ricevono contenuti su base giornaliera o settimanale e vengono interrogati su quel contenuto con qualche ulteriore elemento di gioco, l’effetto è la conservazione a lungo termine e l’applicazione della conoscenza.

Mito # 4: la gamification è solo punteggi, badge e classifiche

L’elemento meno emozionante di qualsiasi gioco sono i punti, distintivi o classifiche. Le persone non giocano solo per punti, giocano per padronanza, per superare le sfide e socializzare con gli altri. La gamification più efficace contiene elementi di storia, di sfida, continui feedback e un alto livello di interattività.

Questi sono gli elementi più coinvolgenti nei giochi e possono avere un grande effetto sull’organizzazione.

Mike Keeler, vicepresidente delle operazioni al Capital BlueCross, ha affermato che una gamification ben progettata può aiutare a motivare i dipendenti. “Vogliono sapere [il loro punteggio] contro di noi. È un enorme cambiamento nell’ambiente di apprendimento”.

Quando si considera se integrare la gamification nella strategia di apprendimento e sviluppo, bisogna assicurarsi che gli sforzi non siano semplicemente un “fulmine” di insignificanti elementi di gioco superficiali. I dipendenti devono avere una struttura e un framework per partecipare alla gamification. Descrivere loro chiaramente la sfida, fornisce trasparenza su come essi possono trarre successo dalla gamification e delle nozioni su questa.

Questi passaggi possono portare a un migliore apprendimento, a una migliore conservazione e a un miglioramento dei risultati finali.

Sfatare i miti comuni della gamification è un buon inizio per incorporare in modo intelligente questo approccio in una strategia di apprendimento. La gamification è meglio usata per argomenti che richiedono rinforzi nel tempo e che sono una priorità per i dipendenti.

L’attenzione dovrebbe essere focalizzata sull’apprendimento e sul previsto risultato dell’evento didattico.

La gamification può fornire un vantaggio nella formazione quando è progettata, sviluppata e trasmessa correttamente. Lo sforzo non dovrebbe concentrarsi esclusivamente su punti, badge e classifiche. I leader dell’apprendimento devono capire risultati di apprendimento desiderati e come strutturare la gamification come parte integrante di una strategia più ampia.

Trasformazione della funzione delle risorse umane in azienda

L’intelligenza artificiale, il machine learning e il big data, stanno trasformando la funzione risorse umane in ambito aziendale, in cui la relazione human-to-human è imprescindibile.

Ma all’orizzonte si sta affacciando un quarto elemento disruptive: il gioco.

In realtà, il gioco come strumento per dare senso al mondo che ci circonda viene utilizzato sin dall’antichità. Diceva Platone “si può scoprire di più su una persona in un’ora di gioco, che in un anno di conversazione”.

Quanto impattante e fondamentale sia il gioco lo abbiamo visto in precedenza. Le sue caratteristiche abbinate all’ambiente di lavoro potrebbero essere molto efficaci se utilizzate da esperti e con alla base una regola d’oro fondamentale: la trasparenza.

Di recente, mi è stato chiesto di sviluppare un percorso di onboarding basato sul videogioco per una multinazionale francese operante nel settore multi-service. L’obiettivo era quello di rafforzare la consapevolezza del marchio e della vision aziendale.

Altre aziende si stanno muovendo o si sono già mosse in questo ambito, da Unilever a L’Oréal, alla stessa Google.

Si sente più spesso parlare di gaming recruiting o di gamified recruitment.

Che sia la volta buona per mettere al centro dell’attenzione il fattore umano? È questa la nuova vera sfida della new normal economy.

Bibliografia

“Using Spacing to Enhance Diverse Forms of Learning: Review of Recent Research and Implications for Instruction” di Shana Carpenter, Nicholas Cepeda, Doug Rohrer, Sean Kang e Harold Pashler, Educational Psychology Review, Vol. 2, N. 3 (pp. 369-378).

Cit. Filosofia Teoretica, lezione 13-14-15 – Platone, Tutte le opere, a cura di Enrico V. Maltese, Leggi, 803c, traduzione di Enrico Pegone.

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Luca Pulli
Business designer, partner RSM

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