Resilienza 4.0

Lezioni dalla pandemia: dal disaster recovery alla resilienza

Oggi chi ha potere decisionale ha il compito non facile di spostarsi da un approccio tattico alla business continuity verso una strategia a lungo termine, focalizzata sui valori della resilienza e dell’agilità. Una vera resiliency aziendale si basa su una cultura impegnata a offrire a tutto il personale una varietà di mezzi tecnologici, organizzativi e sociali

Pubblicato il 03 Giu 2021

Mario Derba, VP Southern and Eastern Europe Citrix

In ogni crisi esiste un’opportunità per imparare e per crescere. Con l’epidemia di COVID-19 molte aziende hanno capito che alle loro strategie mancava una parte importante: se da un lato, infatti, tutte avevano dei piani di business continuity, molte avevano considerato la business continuity soltanto in termini di disaster-recovery, pensando cioè a un singolo evento, non a situazioni di lungo corso come accade invece con una pandemia. Ma la business continuity è qualcosa di più rispetto al semplice disaster recovery, è la capacità di mantenere la normale operatività senza entrare in una modalità emergenziale. Oggi sappiamo di dover fare ancora un passo avanti: il nostro prossimo obiettivo è la resilienza.

Scalare in modo agile: alle fondamenta di un’azienda resiliente

Un elemento essenziale di cui molte aziende erano prive all’inizio della pandemia era la scalabilità: dovevano infatti ancora realizzare che in una crisi come questa non è sufficiente avere procedure alternative che consentano un livello di operatività ridotto. Piuttosto, a fronte di nuove sfide, avevano bisogno di scalare velocemente, per esempio di incrementare il numero di utenti in remoto da 2.000 a 200.000, oppure gestire 500.000 clienti online invece dei soliti 25.000. Le aziende che sono riuscite a scalare più facilmente di altre le loro operazioni di business – e ciò spesso è avvenuto con l’aiuto di servizi cloud – si sono ritrovate in vantaggio.

Oggi, tuttavia, dopo un anno di gestione della crisi, le aziende stanno capendo che essere in grado di scalare agevolmente, pur essendo estremamente importante, non basta più a garantire il successo nel lungo termine. Quindi la discussione deve progredire e passare dall’idea di business continuity come architettura tecnologica a quella di resilienza aziendale come concetto generale. Anche se questi due termini vengono usati in maniera intercambiabile sono piuttosto diversi.  La business continuity fa riferimento alla capacità di mantenere attivi i processi operativi essenziali anche in caso di un’emergenza, come può essere un incendio, un’alluvione o un’ondata di gelo. La resilienza, invece, è la capacità di continuare il proprio business regolarmente indipendentemente dalle sfide che si profilano all’orizzonte.

Oggi chi ha potere decisionale ha il compito non facile di spostarsi da un approccio tattico alla business continuity verso una strategia a lungo termine, focalizzata su resilienza e agilità. Questo tipo di pensiero sulla resilienza comprende diversi aspetti. Innanzitutto è necessario studiare a fondo l’azienda, il suo portfolio di prodotti o di servizi e il modo in cui questi vengono erogati, le supply chain e le strutture che li supportano, i sistemi IT e lo staff necessario per distribuirli in modo affidabile.

Tutto questo comporta una ricerca attiva di potenziali punti deboli o colli di bottiglia. Nelle prime settimane di pandemia, per esempio, diverse aziende hanno dovuto scontrarsi con il fatto che erano del tutto impreparate a far sì che molti impiegati lavorassero da casa. Alcune non possedevano un numero sufficiente di endpoint per scalare velocemente le postazioni di lavoro remoto. Altre non riuscivano ad aumentare abbastanza velocemente la loro capacità di accesso da remoto e molti dipendenti capivano che nulla era stato preparato affinché potessero lavorare da casa per settimane se non addirittura per mesi. Di conseguenza molti lavoratori da remoto hanno dovuto affrontare problemi inattesi come disponibilità limitata di banda (“basta giocare con quella Xbox, papà e mamma devono lavorare!”), o un livello alto di stress dovuto al fatto di lavorare sempre da casa.

Oltre gli aspetti tecnici: per una forza lavoro motivata e resiliente

Per arrivare a una vera resilienza, le aziende devono smettere di concentrarsi unicamente sull’infrastruttura tecnica, sulla supply chain e sui processi di business; piuttosto, è necessario formare persone resilienti. Nel mercato di oggi, caratterizzato dall’essere always-on, resilienza significa soprattutto riuscire a passare senza intoppi dal lavoro in ufficio on-premise a quello remoto e viceversa, e che ciò sia possibile per migliaia di dipendenti fin dal primo giorno di una eventuale crisi. Questo comporta mettere a disposizione degli impiegati le tecnologie e i flussi di lavoro necessari: servizi cloud per collaborare in team distribuiti, workspace digitali per lavorare in modo comodo e sicuro da casa (o da ovunque), con qualsiasi dispositivo e un monitoraggio centralizzato guidato dall’intelligenza artificiale per offrire un ambiente di lavoro che permetta le performance migliori.

Tuttavia, e cosa più importante, le persone resilienti non hanno a che fare solo con una tecnologia che permette loro di lavorare ovunque, ma è necessario che dispongano di strutture, flussi di lavoro e personale specializzato che si occupi del loro benessere fisico e mentale. Secondo la ricerca di Gallup “State of the Global Workplace Report, molte aziende devono infatti far fronte a una mancanza di motivazione da parte dei dipendenti: a livello globale la ricerca ha fatto emergere che solo il 15% dei dipendenti si sente motivato al lavoro, i due terzi non si sentono particolarmente motivati e un 18% si sente addirittura demotivato. Quindi, per acquisire una vera resilienza le aziende devono chiedersi in che modo possono motivare i dipendenti.

Una vera resilienza aziendale si basa quindi su una cultura aziendale resiliente, impegnata a offrire ai lavoratori una varietà di mezzi tecnologici, organizzativi e sociali: in futuro si parlerà anche di assistenti digitali basati su AI e di realtà aumentata. Le aziende resilienti faranno tutto ciò che potranno per aiutare i loro dipendenti a performare al meglio e a mantenerli felici, in salute e apprezzati. Arrivare alla resilienza con l’aiuto di una forza lavoro motivata e impegnata è un processo che non accade dall’oggi al domani ma, se la pandemia ci ha insegnato qualcosa, è che una crisi può accadere in qualsiasi momento e per essere pronte le aziende devono impegnarsi a far sì che sia la propria forza lavoro a essere resiliente, un processo che deve iniziare subito.

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