Digital trasformation

L’innovazione digitale non è (più) un’opzione

Ecco una breve, ma incisiva, analisi su come dovrebbe svilupparsi l’evoluzione del sistema industriale ed economico dopo la traumatica esperienza del lock down. Cinque aree dove innovare per costruire la nuova normalità

Pubblicato il 25 Mag 2020

La pandemia da Covid-19 ha lasciato la consapevolezza di una certa fragilità dei nostri sistemi produttivi. Se fino al 24 febbraio, fare innovazione digitale poteva essere necessità di alcuni, vezzo di molti, ora la digitalizzazione è il vaccino possibile e necessario per tutte le imprese, grandi o piccole esse siano.

Il dibattito si è concentrato sostanzialmente sul “quando”, ma rilevante è invece il “come”. Ci accontentiamo di gestire la ripartenza o cogliamo l’occasione per rendere il sistema più resiliente?

Cinque aree dove innovare

È evidente che i cambiamenti del contesto esterno siano a velocità e imprevedibilità sempre maggiori. La tecnologia non può essere vista come solo elemento d’innovazione ed efficienza puntuale, ma come pilastro necessario per processi strutturalmente più robusti.

Prendiamo, ad esempio, cinque aree per il “nuovo normale”.

1.Gestione delle persone

Il mix di tempo tra casa e posto di lavoro può essere cambiato. Le aziende preparate, tecnicamente e normativamente, a gestire il cambiamento hanno avuto un vantaggio nell’assicurare continuità. Lavorare da casa comporta una diversa fruizione degli spazi e dei servizi. Si pensi a quante librerie abbiamo visto nelle nostre video conferenze o quante ore di formazione sono state erogate a distanza. L’infrastruttura necessaria, in senso lato (p.e. banda larga, digital PA) è disponibile? Anche per l’ultimo miglio?

2. Gestione dei dati

Analizzare scenari di business o, più pragmaticamente, prevedere per tempo l’affollamento di un pronto soccorso (e non solo in caso di pandemia) in un contesto di cambiamenti veloci e aleatori, comporta una gestione dei dati con orizzonti temporali sempre più stretti, fino al tempo reale. Gli algoritmi di previsione, che molti amano classificare sotto l’inquietante nome di intelligenza artificiale, sono e saranno sempre più affidabili e le previsioni sempre più economiche data la disponibilità dei dati nell’era dell’IoT.

Siamo in grado di rendere questo approccio pervasivo su tutto il sistema produttivo con il necessario livello di (cyber) sicurezza? Il sistema regolatorio è in linea con questa necessità o merita aggiustamenti per sfruttare al massimo il potenziale dei dati, in maniera etica e a favore del cittadino?

3.Remotizzazione dei processi di business

Per necessità abbiamo iniziato a fare, da remoto, attività che prima erano previste esclusivamente di persona quali, per esempio, la trattativa per un ordine o un colloquio di lavoro. Il post emergenza costringerà, in fabbrica, a rivedere spazi e metodi con possibile diminuzione della produttività. Identificare un nuovo mix di processi, o meglio rivedere l’intero modello di business, potrebbe non solo compensare ma addirittura aumentare l’efficienza.

Smart working non vuol dire solo office. Dotare le macchine di connessione può portare l’approccio smart anche in produzione, ripensando però i processi.

Siamo sicuri che tutte le attività di manutenzione debbano essere fatte sul posto? Dopo aver aumentato il ciclo di manutenzione attraverso software predittivi, un sistema di realtà virtuale, o banalmente una webcam, potrebbe rendere più efficienti gli interventi? Sarà ancora necessario vedersi di persona per negoziare un affare o trovare un direttore generale?

4. Interdipendenza della value chain

Questo ha periodo ha rivelato gli anelli deboli delle catene del valore aziendali. Gap nelle supply chain globali hanno impattato sulla produzione, processi non ancora supportati dal digitale hanno sofferto le restrizioni imposte dal lock down, interrompendo spesso l’intero flusso. Diventa importante trovare misure per ridurre gli impatti di questa interdipendenza in situazioni di crisi. Sistemi IoT industriali per la gestione dei magazzini in tempo reale, possono, oltre che migliorare la gestione della liquidità, aumentare la visibilità in termini di pianificazione, attivando diverse fonti di approvvigionamento. Possono inoltre le filiere di prossimità supportare questo obiettivo? La manifattura additiva può assumere un ruolo decisivo anche in termini logistici?

5. Nuovi prodotti e servizi

Una value chain è robusta quando il modello di business e tutti processi sono stati ripensati strutturalmente per sfruttare la tecnologia che ne abilita il potenziale, il marketing nel suo senso più esteso. In pochi mesi l’offerta di nuovi servizi attraverso canali alternativi è esplosa. Questo mette in evidenza come la necessità ha permesso di esplorare ambiti di sviluppo nuovi. Quanti prodotti “tradizionali” possono espandere il proprio mercato attraverso canali digitali? Come possiamo digitalizzare il nostro prodotto per raggiungere nuovi clienti? Come cambia il go-to-market di una azienda, anche piccola, se rendo strutturale quando fatto per mitigare gli effetti del lock-down?

Se proviamo a vedere, per un momento, l’effetto del Covid-19 sotto una prospettiva diversa, notiamo come questo abbia rivelato da un lato l’enorme potenziale di innovazione del nostro sistema produttivo, dall’altro come questo non possa essere più inteso come qualcosa di rinviabile ma necessario e fondante per i modelli di business futuri.

La digital innovation deve passare da una revisione di processi, di norme e regole, forse ormai obsolete, per poi approdare alla tecnologia che abbiamo, ancora una volta, sperimentato essere disponibile

L’obiettivo è essere preparati e non pronti, cambiare e non resistere.

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