Analisi

L’IT nelle performance delle aziende italiane, luci e ombre

L’adozione delle tecnologie dell’informazione non sembra aver sortito nel tempo tutti gli effetti sperati in termini di competitività. Colpa anche di vecchi schemi lavorativi duri a morire

Pubblicato il 10 Feb 2020

Mauro Fassi

Consulente Zerod Srl

computer ufficio

Sono molte le imprese italiane, medio piccole, che oggi lottano per mantenere una adeguata quota di mercato unita a una redditività che giustifichi il rischio di impresa. L’IT ha dunque fallito la missione per cui era stata adottata dalle aziende? In realtà non è così. La prima cosa da notare è che investire solo in tecnologia non è vera integrazione; fino a quando non sarà presente all’interno dell’azienda qualcuno che la sappia gestire in modo appropriato. Secondo, ci sono una serie di doverose osservazioni e distinguo da fare che inducono a riflettere su come sarebbe attualmente la situazione in assenza di investimenti IT e a come individuare strategie pratiche per fare in modo che gli investimenti nell’informatizzazione aziendale abbiano il massimo ritorno economico possibile.

Bisogna fare attenzione all’obsolescenza degli strumenti

Il primo distinguo da fare è relativo al fatto che è molto difficile poter paragonare in modo attendibile indici assoluti su un arco temporale medio-lungo, senza tenere conto dei mutevoli fattori esterni, che vanno dalle congiunture economiche che si sono avvicendate, alle diverse tempistiche di richiesta di approvvigionamento dei mercati, fino al moltiplicarsi degli adempimenti burocratici (che sono un pesante fardello che le aziende italiane devono portare), passando per l’aumento esponenziale della quantità di dati e documenti da processare provenienti dall’esterno, unita alla sempre più veloce proliferazione di strumenti di comunicazione; il rischio di confrontare valori non omogenei non è da escludere a priori.

Si dovrebbe inoltre valutare la produttività dei diversi comparti aziendali, scindendo l’area relativa ai servizi da quella prettamente produttiva e solo a questo punto avremmo una situazione più chiara per capire dove e se effettivamente l’IT non ha dato i risultati sperati; sono comunque ricerche dispendiose in termini di tempo e che comunque non cambiano di una virgola la situazione attuale che è umanamente l’unica su cui si può intervenire, con l’intenzione che il nostro operato porti a un tangibile miglioramento.

L’IT ha fornito nel corso del tempo una notevole quantità di strumenti, ognuno dei quali creato in un preciso momento storico, sulle basi di quelle che sembravano essere le necessità del periodo, compatibilmente con le capacità di storage e calcolo disponibili: anche l’IT ha una sua obsolescenza al pari di ogni altro bene strumentale, in relazione alle condizioni di impiego e agli obiettivi da conseguire. Software e hardware datati o non accuratamente bilanciati, ben difficilmente potranno essere un valido strumento, come non lo potrebbe essere un Erp di vecchia generazione in cui era insita una certa rigidità operativa e strutturale che a fatica potrebbe soddisfare le esigenze attuali.

Sempre a proposito degli strumenti disponibili nel panorama IT, è da far notare che il loro utilizzo ha una sua specificità al pari di qualsiasi altro utensile e che è perciò fondamentale che vengano utilizzati in modo appropriato e negli ambiti operativi per i quali sono stati pensati, progettati e sviluppati; molto banalmente ogni forzatura nel loro utilizzo ha ovviamente lo stesso grado di efficienza di una manutenzione fatta a un impianto elettrico con la cassetta degli attrezzi di un idraulico. Gli strumenti vanno sempre scelti con competenza e oculatezza in funzione della necessità e utilizzati da risorse umane che li sappiano effettivamente impiegare nel migliore dei modi.

In sostanza è emersa negli anni la difficoltà di riuscire ad ampliare la copertura funzionale dei sistemi informativi soprattutto nelle aree della produzione, sviluppo prodotto e vendita, per fare in modo che il maggiore grado di informatizzazione porti a più flessibilità e scalabilità e preservi al tempo stesso i punti di unicità che ormai caratterizzano ogni azienda attiva nel mercato.

La tecnologia da sola non basta, serve un utilizzo “nativo” da parte degli utenti

L’adozione di uno strumento IT non si deve fermare all’installazione e all’utilizzo, ma deve essere integrata con il modo di lavorare delle persone; lo strumento IT deve, in definitiva, essere “assimilato” nell’organizzazione aziendale, rispettandone la natura e facendo in modo che gli utenti lo impieghino in modo “nativo”, ossia modificando se necessario il proprio modo di lavorare al fine di sfruttarne al massimo i vantaggi operativi. Se qualcuno avesse dubbi in merito pensi solo alla pratica di stampare le email per archiviarle in cartelline, o le fatture elettroniche per procedere alla registrazione in contabilità, ancora tristemente diffusa e difficile da eradicare.

L’azienda non deve essere snaturata nelle sue peculiarità di valore, ma si deve evolvere, molto investendo nelle competenze delle risorse umane che impiega, proponendo quando necessario nuove modalità di lavoro che si dimostrino inequivocabilmente più redditizie e perciò aspettandosi che vengano utilizzate; la formazione vera del personale non è quella del mini corso rivolto esclusivamente alla conoscenza delle funzioni operative di un software per l’operazione da svolgere nell’immediato, ma alle concrete possibilità di utilizzo, per l’utente stesso, ma soprattutto in funzione dell’organizzazione di cui fa parte.

Stiamo parlando di veri e propri investimenti, di progetti almeno a medio termine e di risorse umane che devono essere accuratamente individuate per un percorso di crescita, che sappiano condividere e trasferire ad altri in modo che una vera forma di cultura informatica e organizzativa sia un prezioso asset aziendale, in altre parole professionalità e non improvvisazione e pressapochismo con l’alibi dell’urgenza o peggio della scarsa considerazione degli operatori.

Ognuno di questi spunti meriterebbe uno spazio molto maggiore, ma la sensazione maturata negli anni è che gli investimenti IT, anche quanto non siano stati palesemente errati, spesso si siano tradotti in una informatizzazione di facciata che non è andata minimamente a scalfire abitudini consolidate che ormai sono spesso anacronistiche, quanto i timbri e le marche da bollo virtuali e non.

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Mauro Fassi
Consulente Zerod Srl

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