Innovazione

Smart working, come organizzarlo permanentemente in azienda

Remote working e smart working non sono la stessa cosa: ecco alcuni consigli su come sfruttare a pieno i benefici del lavoro agile disegnando il modello più consono alle proprie esigenze di business e di workforce

Pubblicato il 22 Mag 2020

Giulia Airaghi

project leader di BCG

smart working

Da diversi anni in Italia si parla di lavoro remoto, smart o agile e diverse aziende hanno avviato sperimentazioni importanti, anche a seguito dell’attenzione del governo nel regolamentare questa modalità di lavoro con la legge n.81/2017. L’applicazione a causa dell’emergenza Covid-19 è stata però estrema e repentina obbligando datori di lavoro e lavoratori ad affrontare molte difficoltà che rischiano di sorpassare i benefici immediati, come garantire la continuità di business o permettere a chi può di continuare effettivamente a svolgere il proprio lavoro.

In molti casi risulta infatti problematico conciliare lo smart working con l’home schooling (per i lavoratori con i figli a casa da scuola), mitigare il rischio di isolamento e stress causato dalla mancanza totale di relazioni professionali “dal vivo”, mantenere un buon livello di performance e qualità del lavoro (è dimostrato che le persone lavorano più ore da remoto ma non è sempre detto che riescano a mantenere la stessa qualità del lavoro), se non addirittura fronteggiare l’impreparazione sia tecnica che di skills nell’uso di tecnologie digitali.

Remote working e smart working non sono la stessa cosa ed è in questa direzione che le aziende dovrebbe cominciare a concentrare la loro attenzione per non farsi trovare impreparate alla ripresa: come sfruttare a pieno i benefici dello smart working disegnando il modello più consono alle proprie esigenze di business e di workforce.

Pensare al proprio modello di smart working su larga scala

È importante pensare al proprio modello di smart working su larga scala per il futuro per quattro ordini di ragioni.

  • Perché lo smart working porta dei benefici concreti in termini di savings sia sul piano dei costi di gestione (affitto di spazi contenuti, spese di mantenimento degli spazi, ecc) che dei costi del personale (alcuni lavoratori sono disposti ad essere pagati di meno per avere un miglior work-life balance).
  • Perché è ormai dimostrato che le persone rappresentino un asset che crea vantaggi competitivi tanto quanto le tecnologie, sia in termini di talenti che di livello di engagement generale. Offrire modelli di lavoro in grado di soddisfare le esigenze e i valori di una workforce in evoluzione abbassa il turnover e attrae i talenti migliori.
  • Perché avere lavoratori più autonomi e soddisfatti porta inevitabilmente a un miglioramento della produttività.
  • Perché la società tutta chiede uno sforzo e un’assunzione di responsabilità rispetto al tema dell’impatto ambientale (per niente assopito dalla crisi ma forse ancora più esasperato). È dimostrato che una riduzione del livello di commuting ha un impatto significativo sull’ambiente.

Come disegnare il modello di smart working

Come per tutti i modelli di lavoro o modelli operativi ogni azienda ha bisogno di disegnare il proprio tenendo presente le caratteristiche specifiche del business, della forza lavoro e della cultura aziendale.

Per farlo tre step iniziali sono fondamentali:

  • capire a chi si può applicare anche in misura minima e a chi proprio non è possibile

la variabile chiave per clusterizzare quali tipologie di lavoro sono più adatte al lavoro da remoto è la principale tipologia di interazione, al secondo livello sono le principali attività, distinguendo tra:

  • lavori che prevedono principalmente l’interazione con i colleghi.

Questa categoria sembra la più adatta a svolgere lavoro da remoto anche se il modello da preferire dovrebbe essere comunque quello dello smart working, ovvero con un corretto equilibrio tra tempo passato in ufficio e tempo passato in un altro luogo (tendenzialmente l’abitazione privata) per mitigare gli aspetti negativi del lavoro a distanza come l’isolamento sociale, la mancanza di allineamento e la libera circolazione di idee che diventa più difficile quando ogni interazione è programmata e non avviene in maniera casuale all’interno dell’ufficio.

In questa categoria chi offre supporto o servizio agli altri nel day-by-day (office operations, IT support) ha meno possibilità di svolgere il proprio lavoro da remoto, ma chi offre un servizio meno frequente (HRBP, finance, legal, etc.) è probabilmente più facilitato nell’adottare modelli di lavoro a distanza.

  • lavori che prevedono principalmente l’interazione con i consumatori.

Anche se tendiamo a pensare che chi è a contatto con i consumatori possa difficilmente adottare modelli di lavoro a distanza, nella realtà esistono moltissime attività che possono e sono attualmente svolte da remoto, soprattutto a seguito della rivoluzione digitale che ha spinto molte aziende a ripensare i proprio modelli di servizio. Ci riferiamo ai famosi customer jounrey digitali end-to-end, che prevedono un’interazione tra consumatore e azienda completamente online per cui i lavoratori che supportano il servizio possono tranquillamente svolgere le loro attività in qualsiasi luogo, se supportati dalla corretta tecnologia – software in particolare – e rispettando orari standard di contatto con il pubblico. E se pensiamo che il contatto faccia a faccia non si possa sostituire per alcune attività particolari, si pensi ad esempio alle banche che stanno ridisegnando modelli di servizio remoti per i loro gestori, riducendo il numero di filiali fisiche. E se invece di stanziare i gestori in altri palazzi permettessero loro di lavorare da casa?

  • lavori che prevedono principalmente l’interazione con macchinari o strumenti

questa è chiaramente la categoria che meno si presta al lavoro a distanza per ragioni evidenti. Tuttavia, in un futuro forse non troppo lontano, le tecnologie digitali potrebbero spingere il lavoro da remoto anche oltre questa frontiera. Pensiamo a un ingegnere che può fare ricerca e sviluppo su digital twin (copie digitali di apparecchiature fisiche), piloti che guidano droni da una stanza, medici in grado di sviluppare diagnosi semplici attraverso delle app o agricoltori che comandano i trattori a distanza attraverso i sensori. Chiaramente in questo campo la linea tra lavoro da remoto e sostituzione del lavoratore è labile, e rimane dunque l’area meno interessante per l’applicazione del modello a distanza.

  • disegnare modelli diversi per popolazione in target con esigenze diverse (e.g. full remote, smart working, ecc.)

Per ciascuna delle categorie citate bisognerà quindi disegnare un modello diverso in base alle specifiche attività. Per chi ha interazioni principalmente con i colleghi disegnare un modello in cui la presenza fisica in ufficio è prevista per attività che richiedono allineamento, pianificazione, condivisione di idee e socializzazione, mentre il lavoro svolto in remoto sarà molto più flessibile e slegato da orari precisi ad esempio. Mentre per chi deve gestire consumatori a distanza si potrebbe pensare ad una modalità completamente remota che però rispetta degli orari standard e via dicendo.

  • per ciascun modello definire i dettagli per l’orchestrazione di un elevato numero di lavoratori inclusi nel modello.

Se l’azienda ha come obiettivo strategico la riduzione dei costi attraverso lo smart working (quindi l’affitto o l’acquisizione di edifici più piccoli), bisognerà quindi pensare come ultimo step a come gestire il flusso dei lavoratori in spazi ridotti.

In questo step possono venirci in aiuto modelli algoritmici per lo sviluppo di scenari.

Nonostante non ci siano ancora molti modelli a cui ispirarsi, le leve organizzative chiave che bisogna ripensare per far funzionare bene lo smart working sembrano essere molto più chiare.

Leadership e cultura nello smart working

Per guidare dipendenti con cui non si hanno interazioni frequenti è necessario dimostrare maggiore fiducia nella capacità delle persone di portare a termine le proprie attività e coinvolgerle nel processo decisionale mantenendo un buon livello di allineamento senza cadere nella trappola del controllo.

Se normalmente alla leadership è affidato l’importante ruolo di agire come role model e agente di cambiamento, questo ruolo diventa ancora più critico nel momento in cui si stabilisce un nuovo modello di interazione. La fiducia alla base della relazione tra manager e dipendente deve trovare altre fonti per essere alimentata rispetto alla tradizionale compresenza fisica che, da un lato, consolida nel manager la sensazione di controllo, dall’altro garantisce al dipendente la possibilità di dimostrare il proprio committment.

Questa modalità di interazione però rafforza l’idea che il ruolo del management sia di controllare l’operato dei propri diretti riporti e quello del lavoratore sia di eseguire dei compiti a lui assegnati. In realtà sappiamo che questo approccio ha un impatto negativo non solo sull’engagement delle persone, ma anche sulla possibilità di fare leva sul potenziale cognitivo di un gruppo allargato di teste pensanti nei processi decisionali.

L’introduzione di modelli di smart working potrebbe quindi spingere le aziende ad adottare modelli di leadership in linea con quelli dei player più innovativi sul mercato in cui, a prescindere dal luogo di lavoro, il management ha la responsabilità di sbloccare il potenziale di tutte le sue risorse attraverso un processo di empowerment che di conseguenza accresce anche i livelli di responsabilizzazione e accountability delle persone.

Per farlo, la leadership dovrà quindi dotarsi di strumenti diversi volti molto più alla costruzione della fiducia e dell’ingaggio piuttosto che al rafforzamento del controllo. Per intenderci, la strada giusta da percorrere non sarà quella di utilizzare strumenti come Sneek (software per video conference che permette di accedere alla webcam del lavoratore in qualsiasi momento) quanto piuttosto l’evoluzione del “patto di fiducia” attraverso una diversa definizione degli obiettivi.

New call-to-action

Definizione degli obiettivi e delle aspettative

Disegnare nuovi processi di definizione dei risultati attesi traducendo gli obiettivi strategici di tutta l’azienda in obiettivi individuali o di team.

Il mantenimento della qualità nelle performance di lavoratori in remoto passa anche attraverso una giusta pianificazione delle attività per raggiungere obiettivi strategici per il business. Come abbiamo sottolineato prima però, la chiave per raggiungere risultati di successo consiste nel partire da una corretta definizione degli obiettivi e non nella meticolosa pianificazione delle attività. Tendiamo a pensare che definire obiettivi sia una delle principali attività dei manager e diamo quindi per scontato che questo venga fatto nella maniera corretta. Nella realtà sappiamo che spesso i manager sono chiamati a definire degli output che si aspettano di ricevere dai loro riporti, andando quindi a concentrarsi sul come creare valore per il business piuttosto che definire cosa crea valore. Questo non è necessariamente sbagliato e sicuramente non lo è stato nei decenni passati, ma nel momento in cui si vuole modificare la maniera di lavorare e di pensare delle persone questo approccio diventa inefficace.

Nella gestione dei lavoratori a distanza, in full remote o smart working, lo sforzo del management sarà quello di partire da una visione, l’immagine di quello che vogliono vedere accadere in termini di cambiamento e risultati in un arco temporale definito e da lì declinare obiettivi definiti in termini di cosa è necessario per realizzare quella visione. Questo permetterà alle persone di trovare soluzioni creative ed efficaci per capire come sviluppare gli elementi necessari al raggiungimento dei risultati. Inoltre, spingerà le persone a lavorare assieme per organizzarsi nel rispondere alle aspettative, limitando il potenziale pericolo di isolamento e distanza sociale presente nei modelli di lavoro smart.

Performance management system: misurare la performance in base a obiettivi chiari e risultati chiave (OKR), introduzione di meccanismi di feedback a più livelli (peer-to-peer, upward)

Compensation & benefit: ridefinire le strategia di compensation introducendo modalità fisso-variabile in linea con il nuovo sistema di perfomance managmeent

Processi: analizzare quali attività possono essere eseguite in remoto e per quali invece rimangono dei benefici sostanziali nella presenza fisica in ufficio con i colleghi

Formazione e logistica: introdurre programmi strutturati di formazione all’utilizzo delle tecnologie digitali per il lavoro remoto e dotare la workforce in target degli strumenti necessari (sia software che hardware)

Cybersecurity

Misurare, disegnare e testare nuovi modelli di lavoro

Per disegnare un nuovo modello di lavoro per il futuro, le aziende dovrebbero sfruttare l’opportunità di apprendere lezioni importanti dal modello di lavoro remoto forzato che stanno implementando oggi. Ma cosa si dovrebbe misurare esattamente per rendere le osservazioni di oggi rilevanti per la strategia di domani?

Innanzitutto, raccogliere in maniera molto strutturata le esperienze di tutte le persone (tutti i livelli organizzativi, tutte le aree): quali delle nuove pratiche introdotte per gestire l’emergenza permettono di lavorare in maniera ottimale? Per esempio, la call di allineamento veloce tutte le mattine, la pianificazione delle attività della settimana, ecc.

Comunicare apertamente l’intenzione di disegnare nuovi modelli di lavoro e rendere i dipendenti parte attiva dello sforzo, in un processo di co-creazione in cui gli utenti finali del modello diventano la fonte primaria di feedback. Insomma, adottare una strategia di employee centricity mutuando le tecniche degli approcci di customer centricity.

Misurare il livello di produttività al netto dell’introduzione di un sistema di definizione degli obiettivi e dei risultati chiave strutturato e chiaro.

Raccogliere dati sui savings: quanto si sono ridotti i costi operativi (esempio: luce, consumo di carta, ecc.)? Quali sono gli impatti in termini di sostenibilità dovuti all’azzeramento del commuting?

Monitorare il livello di preparazione della propria workforce rispetto all’utilizzo delle tecnologie digitali: per quanti dipendenti è stato necessario fornire istruzioni precise su come utilizzare strumenti di comunicazione, condivisione file, messaggistica istantanea? Quali attività sono state rallentate/cancellate a cause di un basso livello di preparazione?

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Giulia Airaghi
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