Digital Marketing

Strategie per l’eCommerce e modelli di business delle piattaforme online, quali differenze

Un business model è un sistema integrato e difficilmente imitabile, non una combinazione di elementi diversi. L’eCommerce è un canale di vendita e, in quanto tale, è parte di un intero modello più complesso

Pubblicato il 23 Mar 2020

Angela Del Giudice

Innovation Management Engineer, Certified Ecommerce Manager Handy Innovation Founder

ecommerce B2B

Esistono profonde differenze fra un modello di business di una piattaforma online e le strategie adottabili per un eCommerce. Troppo spesso, oggi, si confondono le due cose, mentre la consapevolezza di cosa è, e cosa non è un modello di business, o cosa e quali sono le possibili strategie per la gestione di un eCommerce (dal magazzino al modello di vendita) è un fattore cruciale per il successo di un progetto imprenditoriale di vendita online. Scopriamo perché.

Definizione di modello di business

Diverse sono le definizioni di modello di business in letteratura, qui richiamerò la più diffusa negli ambienti accademici.

Un modello di business descrive la logica in base alla quale un’organizzazione crea, distribuisce e cattura valore e, affinché un modello di business sia sostenibile e profittevole, questa logica dev’essere reiterabile e scalabile.

Il metodo più affermato ai nostri giorni per rappresentare un modello di business a colpo d’occhio è quello di Alexander Osterwalder e Yves Pigneur, ricercatori dell’Università di Losanna, eletti ripetutamente negli anni fra i 50 Top Thinkers al mondo in strategia e con posizionamenti crescenti nel tempo. Nel 2019 sono risultati quarti in tutto il mondo.

Questo metodo è noto come Business Model Canvas ed è potentissimo, insieme ad altri strumenti come il Value Proposition Canvas, per la progettazione di idee imprenditoriali. Lo è per varie ragioni, una su tutte, la sua semplicità di utilizzo.

In questo articolo ci avvarremo di tale strumento.

fig. 1 – Business Model Canvas

Ogni modello di business è completamente rappresentato da nove blocchi, necessari e sufficienti alla sua corretta rappresentazione:

  1. Segmenti di clientela
  2. Valore offerto
  3. Canali
  4. Relazioni con i clienti
  5. Flussi di ricavi
  6. Risorse chiave
  7. Attività chiave
  8. Partner chiave
  9. Struttura dei costi

Non vogliamo avere la pretesa di fare una completa trattazione dell’argomento, verrà invece preferita una disamina sintetica dei prevalenti modelli di business in essere fra le maggiori piattaforme online.

Quello che è cruciale tenere presente ora è quanto segue:

Ogni modello di business è un sistema articolato e fatto di connessioni e interdipendenze fra un blocco e l’altro dei nove totali che lo realizzano.

Un modello di business è più che un nuovo singolo prodotto, servizio, o innovazione tecnologica. Un modello di business è come un’orchestra: è un insieme di attività/risorse dirette ad arte, quindi è sfidante da attuare, difficile da imitare.

Tenendo ben presenti questi due concetti, sarà chiaro come sia sbagliato parlare di modelli di business dell’eCommerce.

Definizione di eCommerce

Un e-commerce è, come dice il termine stesso, un commercio elettronico, ossia la vendita di prodotti e/o servizi online.

Un eCommerce dunque è solo una parte di un intero modello di business, precisamente è un canale di vendita, una modalità di trasferimento del valore offerto da un’azienda.

fig. 2 – Business Model e eCommerce

Quando un’organizzazione vende online può farlo da posizioni diverse all’interno della catena del valore: perché produce beni e/o servizi di marca proprietaria (produttore), può farlo semplicemente perché commercializza prodotti di altri (distributore/grossista/retailer), oppure perché vende con private label (mette il suo brand e il suo packaging su prodotti di fornitori terzi).

Nei casi in cui la piattaforma online agisce da intermediario, si parla di marketplace (eBay, Amazon Marketplace, Farfetch, ecc), non diversa dai grandi magazzini o centri commerciali fisici, è caratterizzata generalmente da modelli di reddito basati su commissioni sulle transazioni.

Oggi si stanno sviluppando e raffinando nuove possibilità per la vendita online, basate sulla personalizzazione dei prodotti venduti, o ad esempio basate su realtà virtuale soprattutto laddove l’utente necessita di provare il prodotto (cosmesi, abbigliamento, ottica, ecc.). Tutte queste azioni vanno nella direzione di arricchire l’esperienza cliente, replicando di fatto un’assistenza personale dedicata così come già avviene nei negozi fisici, ed è una modalità (importante) di intessere relazioni con i clienti per catturare valore.

Modelli di business prevalenti nei mercati digitali

Sono stati identificati alcuni schemi in letteratura: esistono, infatti, modelli di business simili per caratteristiche, organizzazione degli elementi di base e comportamenti. Si chiamano pattern. Non è detto che un’organizzazione operi secondo un solo modello, si assiste alla coesistenza di più pattern in un unico modello di business. Gli esempi sotto elencati chiariranno.

Brevemente, i pattern principali identificati per le piattaforme digitali sono:

  • Long Tail

    (Coda lunga, C. Anderson, 2004): Amazon, Netflix, YouTube, ne sono esempi. Questo modello, ispirato alla curva di Vilfredo Pareto, si basa sul concetto che miriadi di mercati di nicchia nel mondo, costituiti da “gente ordinaria con gusti straordinari”, sono profittevoli tanto quanto i mercati dominati dalle hit. In sostanza, le vendite derivanti da tanti prodotti di nicchia venduti in minori quantità, sono altrettanto profittevoli quanto pochi prodotti best sellers venduti in quantità maggiori. Questo schema si è affermato, grazie all’abbattimento dei costi di stoccaggio e facendo leva anche sulla smaterializzazione dei prodotti, grazie alla digitalizzazione (mp3, ebook, film in streaming, musica in streaming). Ricordo, infatti, che gli spazi limitati di uno store fisico, o di un magazzino, vengono organizzati e utilizzati effettuando scelte razionali basate su KPI come tassi di rotazione a magazzino e valorizzazione delle scorte (capitale circolante per un’impresa!), perciò la vendita di hit è una scelta obbligata per gli store fisici (brick and mortar).

  • Multi-Side (piattaforme multi-laterali):

    eBay, Booking.com, YouTube sono fra questi. Il primo esempio di questo tipo di piattaforme risale al 1950, quando McNamara inventò le carte di credito. Si basano sull’offerta di valore a più segmenti di clientela, distinti ma interdipendenti, che interagiscono su una stessa piattaforma. Fattori critici: la piattaforma si deve affermare come il miglior modo di interagire fra gruppi ed è soggetta all’effetto di rete (la massa critica di utenza è cruciale).

Particolari piattaforme multi-sided:

  • Free

(C. Anderson, 2009): si può offrire un servizio in modo del tutto gratis ad un segmento di clientela, se coesiste un altro segmento correlato che paga pubblicità sulla piattaforma (non necessariamente online), oppure se il segmento di clientela target cede i dati personali in cambio dell’utilizzo di un servizio (Gmail, motore di ricerca Google, Facebook, ecc.);

  • Freemium (Free + Premium)

ad es. Skype, LinkedIn, Adobe. Il termine fu coniato dal venture capitalist Fred Wilson, per indicare questo tipo di modelli di business. Si può usufruire di un servizio gratuitamente, ma le funzionalità premium sono a pagamento (generalmente il modello di reddito è l’abbonamento ed è così diffuso fra le piattaforme digitali, da aver dato origine a quella che oggi è nota come subscription economy). Spesso i produttori di software si affidano a questo modello e talvolta si parla anche di SaaS (Software as a Service).

Modelli di business e brand

Elemento integrante di un modello di business è il brand, configurandosi come risorsa chiave per la creazione di valore e dell’identità dell’intero modello stesso.
Un business di successo è quello che offre ai suoi clienti la migliore soluzione al loro problema e il brand posiziona l’offerta di valore di quel modello di business come l’unica soluzione possibile nella mente del cliente.

A parere di chi scrive, infine, un modello di business è anche strettamente fuso con l’impronta del suo fondatore e, come riscontro, basta pensare a cosa è diventata la Apple senza Jobs, cosa sarebbe Amazon senza Bezos, e cos’è oggi la Disney senza Walt Disney. Anche le imprese familiari non cercano di celare la loro ritrosia a far governare l’azienda da manager esterni, e non di rado si verificano problemi nel passaggio generazionale da fondatore a figli.

Strategie per l’eCommerce

Spesso capita di leggere o sentir dire, anche da operatori del settore digitale, frasi inerenti ipotetici “n” modelli di business dell’eCommerce e subito dopo segue la citazione di dropshipping, B2B o B2C, vendita in abbonamento o a catalogo, ecc.

Ognuna di queste caratteristiche, o classificazioni, non rappresenta un modello di business, ma rientra in una categoria di strategie adottabili quando si vende (e non solo online), inclusa la scelta strategica del mercato target a cui riferirsi.

Nell’ordine:

mercati di riferimento 

  • B2C (Business to Consumer): tipica vendita da azienda a consumatore. Il commerciante che vende al privato, o Amazon che vende a un suo iscritto, ne sono esempi;
  • B2B (Business to Business): ad es. Amazon Business. Solitamente in questo caso il cliente accede ad aree riservate con caratteristiche più o meno personalizzate (anche per lo storico acquisti, riepilogo ordini, utilities offerte, ecc.);
  • C2C (Consumer to consumer): ad es. Subito.it, eBay, Facebook Marketplace, Etsy (molto amato dagli artigiani per la vendita dell’handmade). L’eCommerce qui svolge il ruolo di piattaforma di intermediazione fra privati, gli introiti sono generalmente sotto forma di percentuale sulle transazioni;
  • C2B (Consumer to Business): ad es. Facile.it. L’utente inserisce sulla piattaforma i propri parametri di ricerca e seleziona l’assicurazione, o il gestore, che preferisce.

modelli di vendita/di reddito 

  • vendita a prezzi di listino/vendita a catalogo
  • aste online (come su eBay)
  • vendita a prezzi dinamici
  • vendita su commessa o su misura
  • vendite private

sono solo alcune varianti di singole parti dell’intero modello di business, in quanto riguardano i flussi di ricavi, i canali, o le relazioni con i clienti.

  1. strategie di gestione del magazzino

  • dropshipping 

  • si basa sulla collaborazione fra commerciante (o merchant) e fornitore per lo snellimento della gestione del magazzino, rispetto a competenze, spazi, costi necessari. Se il fornitore spedisce direttamente all’acquirente finale, si tratta di dropshipping puro, se la spedizione è fatta verso un magazzino del merchant che si occuperà poi di recapitare il pacco al cliente, si tratta di dropshipping misto. La transazione online avviene grazie a scambi in tempo reale ed in particolare, grazie a un catalogo aggiornato in tempo reale, cioè con giacenze allineate fra merchant e fornitore. In caso, ad esempio, di dropshipping puro, il cliente acquista sul sito del merchant, il merchant invia al fornitore i dati utili alla spedizione al cliente, questi riceve il pacco spedito in forma anonima dal fornitore. Dal lato suo, il fornitore rilascia al merchant un tracking number da consegnare al cliente finale per il monitoraggio della spedizione. Resta ben inteso, che in entrambi i casi, dropshipping puro o misto, il fornitore resta invisibile al cliente, da qui la grande attenzione che va riposta nella selezione del proprio partner.
  • Wholesale 

    sono i grossisti dell’online (Alibaba). Acquistano grandi quantitativi di prodotti da vari fornitori e li rivendono a prezzi inferiori;

  • Wharehouse 

    proprietari di retail fisici con a disposizione magazzini di stoccaggio, espongono la merce online e la spedizione viene effettuata direttamente dal magazzino all’atto di acquisto.

Sono tutte scelte strategiche effettuate per la gestione più o meno integrata di un magazzino con l’eCommerce.

  1. strategie di marketing nei mercati digitali 

  • con lo sviluppo del digitale sono fiorite tantissime possibilità di promozione e posizionamento sul mercato. Sono in continua evoluzione e una non deve escludere l’altra: si formula sempre la strategia più adatta al settore e al mercato di riferimento scegliendo fra queste il giusto mix.
    Solo per citarne alcune: strategia SEO (indispensabile per far emergere il sito nel marasma della concorrenza online, in maniera mirata ed organica); Retargeting e Remarketing; Facebook Advertising; Google Ads; Inbound Marketing come il più tradizionale blogging; integrazioni delle piattaforme eCommerce con Google Shopping, o con app basate su realtà aumentata e realtà virtuale; opzioni di pagamento flessibili (Afterpay, Final); ricorso a prodotti e/o packaging green; Social Commerce, di cui farò un accenno più avanti.

Pro e contro di ciascuna di queste strategie esulano da questa trattazione che non intende essere esaustiva, pertanto rimando alla vasta letteratura relativa e facilmente reperibile.

Trend 2020 nel commercio online

In Italia e nel mondo è crescente il fenomeno del social commerce: il 40% dei merchant utilizza i social per generare acquisti, Facebook Marketplace e Instagram Shopping sono realtà in crescita.

Gli esperti si sgolano ormai per dire che il successo arriva dalla multicanalità, non si può più considerare solo l’offline o solo l’online. W. Jongen, chairman dell’Executive Committee of Ecommerce Europe, ha richiamato il nuovo termine onlife (coniato dal filosofo italiano Luciano Floridi): con la diffusione globale degli smartphone, non esiste più alcuna separazione fra online e offline, siamo tutti connessi, siamo appunto onlife. I numeri rafforzano questo concetto: il 73% degli e-shopper dichiara di utilizzare più canali per entrare in contatto con i brand e i suoi prodotti. I touchpoint sono molteplici: social media, e-commerce proprietario, marketplace, comparatori, store fisico, e-mail, chatbot.

I rivenditori omnichannel hanno registrato un aumento dei ricavi del 15-35%, un aumento della redditività dei clienti loyalty del 5-10% e un lifetime value più alto del 30% rispetto agli store con strategia monocanale*.

Conclusioni

Se proprio dobbiamo, meglio parlare di modelli di eCommerce, per indicare le “n” combinazioni possibili per acquistare vantaggi competitivi nelle vendite online. Ma teniamo ben presente che un business model è un sistema integrato e difficilmente imitabile, non una combinazione di elementi diversi.

Un modello di business mette in relazione molteplici aspetti di una stessa attività manifatturiera o commerciale, strettamente interconnessi, e la sua profit formula dipende fortemente dalle capacità di generare valore dell’intero sistema: pensate ad esempio alle economie di scala, di scopo, alla gestione dei resi (che possono da sole decretare il successo o il fallimento, quando si parla di vendite online).

Il modello di business cambia nel tempo, qualche elemento interno potrebbe restare invariato. Ad esempio Amazon ha replicato parte del suo modello di business, creando Amazon Business, con funzionalità specifiche per il nuovo mercato di riferimento (account multi-utente, resi facilitati, gestione fatture, ecc.). Tipicamente si replicano le attività chiave che hanno decretato il vantaggio competitivo dell’organizzazione.

Ogni modello di business ben congegnato ha un suo brand con una forte identità. Possiamo parlare di modello di business di Amazon, o di Zalando; possiamo, e dobbiamo, conoscere i possibili modelli (patterns) a cui ispirarci per replicarne i meccanismi virtuosi e conoscerne i fattori critici di successo, come il Long Tail, o il Multi-Sided; ma questo è cruciale ogni volta che avviamo un progetto imprenditoriale, sia che esso preveda vendite online, sia che non le preveda.

Ad esempio, il quotidiano Metro (esempio di modello di business free basato sulla pubblicità) è nato in formato tabloid, poi ha replicato il pattern sulla nuova piattaforma online, ma il suo modello di business cambia dal cartaceo all’online: a partire dai clienti target, i canali, servono competenze diverse per gestire un giornale su stampa o su web, cambiano le partnership, cambia la struttura dei costi, ecc.

L’eCommerce è un canale di vendita e, in quanto tale, è parte di un intero modello più complesso. Ha le sue strategie di gestione e i suoi modelli di vendita, e ha pure delicate interconnessioni con il resto dei blocchi fondanti del business, ma se smettessimo di considerarlo come un elemento nel tutto, scivoleremmo su una insidiosissima buccia di banana che inevitabilmente farà fallire il nostro progetto imprenditoriale, perché in quel momento staremmo tralasciando gli altri elementi dell’orchestra.

Considerare il modello di business sbagliato, o non comprendere cos’è o cosa non è un modello di business, ti rende un imprenditore miope. E un imprenditore non può permettersi il lusso di sbagliare sulla lunga distanza. Oggi più che mai l’innovazione è fatta di piattaforme, modelli di business ed ecosistemi. Devi avere la capacità di guardare il tutto, pena l’uscita fuori pista.

Potremo acquistare su Amazon, su eBay, o su Zalando, ecc. a seconda che il nostro problema (o meglio, in gergo tecnico, job-to-be-done) sia soddisfatto (compiuto) magistralmente da uno o dall’altro, che pure operano tutti attraverso piattaforme con e-commerce, ma ciascuno funziona con il suo particolare modello di business, ciascuno suona il suo “suono unico”, non replicabile.

Se non ci credete, provate a diventare Zalando.

*Dati: Casaleggio, 2019.

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Angela Del Giudice
Innovation Management Engineer, Certified Ecommerce Manager Handy Innovation Founder

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