Microsoft Innovation Summit

Ecco come l’Intelligent Manufacturing ci porta nella data economy con IoT, connected product e servitizzazione

Dieci casi concreti di imprese al Microsoft Innovation Summit a dimostrazione di come una profonda e coraggiosa trasformazione digitale possa permettere di aumentare la competitività, esplorare nuovi modelli di business e attuare nuove forme di revenue

Pubblicato il 05 Giu 2019

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Più si mette intelligenza nel manifatturiero e più si crea valore; più si diffonde una cultura digitale nel mondo della produzione industriale e più si creano nuovi percorsi di innovazione e nuovo valore per le imprese e per il sociale. Nel percorso di digitalizzazione del “manifatturiero” siamo arrivati a una nuova fase: non ci sono più dubbi sul potente ruolo di trasformazione che arriva dal digitale per la produzione manifatturiera, ma si assiste a un passaggio dall’utilizzo importantissimo del digitale come strumento per il miglioramento di prodotti, processi, modelli di business a un ruolo che mette il digitale al cuore di un completo ripensamento e di una rivisitazione dei prodotti, dei processi, dei modelli di business.

Siamo in questa fase nell’ambito dell’Intelligent Manufacturing, non più solo come una prospettiva, ma come una realtà che aziende attente all’innovazione e alla ricerca di nuove forme di valore hanno avviato e stanno concretizzando con chiari vantaggi in termini di identificazione di nuovi percorsi di sviluppo e di conquista di un vantaggio competitivo sui rispettivi mercati.

Al Microsoft Innovation Summit 2019, in condizioni ideali, ovvero dopo aver condiviso l’ispirazione e la visione del CEO Satya Nadella, sulle prospettive del digitale in tanti e diversi settori, tra cui naturalmente anche il mondo del manufacturing, ben dieci aziende hanno condiviso la loro esperienza di trasformazione digitale nel contesto “dell’evento nell’evento”: ovvero nella sessione dedicata a “Realizing Intelligent Manufacturing”.

Indice degli argomenti

Dieci campioni di innovazione dall’IoT alla servitizzazione al cambiamento culturale

Un titolo che non poteva essere più appropriato per ospitare le belle storie di Chorus Life GSM (Gruppo Percassi Immobiliare), CNH Industrial, Datalogic, Texa, Gruppo Celli, Leonardo, Sonepar, Officine Maccaferri, Nice e Prysmian. Un racconto che ha come comun denominatore la creazione di nuove forme di valore attraverso l’interpretazione del digitale che ciascuna realtà ha saputo sviluppare in funzione della propria storia, della propria cultura e della propria creatività.

La sessione Realizing Intelligent Manufacturing in occasione del Microsoft Innovation Summit 2019

Giovanni Miragliotta, direttore dell’Osservatorio Industry 4.0, Internet of Things e Artificiale Intelligence del Politecnico di Milano ha portato l’analisi dei fenomeni che stanno alla base di questa trasformazione e ha alzato lo sguardo verso le nuove prospettive che le aziende più attente e coraggiose possono cogliere proseguendo nel loro percorso di trasformazione.

In quale scenario si muove oggi il mondo manifatturiero? A quali stimoli o a quali domande è chiamato a rispondere? Come si stanno sviluppando le nuove sfide e come si possono riposizionare le imprese, come possono identificare nuove forme di generazione di valore, industrializzarle e “giocare” da protagonisti anche in nuovi mercati?

Maurizio Svaluto, Sales Director Manufacturing and Resources di Microsoft Italia, invita a prestare grande attenzione al contesto, alla crescita nelle esigenze, nelle sensibilità e nelle forme con cui si stanno cambiando i consumatori finali. In qualsiasi settore il valore dell’azienda è sempre più correlato al valore della conoscenza dei clienti, dei gusti, delle preferenze, dei comportamenti e naturalmente alla capacità delle aziende di trasformare questa conoscenza in prodotti e in servizi sempre più vicini ai bisogni del cliente. Satya Nadella nel suo intervento ha parlato di “Intimacy” e di (tanta, tanta) attenzione alla conoscenza dei clienti e del contesto nel quale operano e il digitale permette di sviluppare forme di “Intimità” e conoscenza sempre più ampie e profonde.  Ancora una volta è un messaggio forte di Nadella, riferito al crescente bisogno di una sicurezza che non sia solo cybersecurity, peraltro importantissima, a farci pensare alla necessità di uno sviluppo digitale che sia anche e soprattutto responsabile e per questo servono attori responsabili che costruiscono, come nei dieci casi di Intelligent Manufacturing, partnership a loro volta responsabili e attente allo sviluppo e al rispetto dei dati e delle persone in tutti i contesti in cui si trovano a sviluppare la loro attività.

Maurizio Svaluto: Driving transformation across the manufacturing value chain

Maurizio Svaluto prepara il terreno per comprendere il valore di questa trasformazione con i principali fenomeni che stanno favorendo questo percorso o con le sfide che occorre superare. Dal suo intervento arriva la evidenziazione di alcuni temi a partire appunto dalla centralità della customer experience e il manager ricorda che l’86% dei consumatori è disposto a pagare un prezzo premium per una migliore esperienza utente e per una maggiore trasparenza. Ma anche a livello di produttori cresce la consapevolezza che il prodotto in forma di servizio “fa bene alle imprese” e può portare nuovo valore tanto che più dell’80% dei manufacturers ritiene che il “product as a service” può aumentare i profitti e in questa direzione si colloca lo sviluppo delle “modern agile factory”. Parliamo di imprese connesse per sostenere e diffondere lo sviluppo di prodotti connessi, anche sulla base della convinzione espressa appunto dai produttori che dalla crescente connettività si aspettano migliori risultati in termini di capacità di rispondere ai bisogni del mercato.

Il cambiamento culturale e il ruolo del Cloud

Nell’analisi di Svaluto l’Industria è il primo dei cinque Global Transformation Trend che stanno già mostrando il loro impatto sul mercato italiano. Per rispondere a questa chiara evoluzione dell’Industria c’è la tecnologia che è,  a sua volta, composta da una serie di trend e di fenomeni che permettono alle imprese di sviluppare nuove forme di innovazione, che vanno però intrecciate e integrate. L’IoT, che secondo alcune analisi, esprime un impatto sull’economia mondiale che può avvicinarsi ai 10 Trillion $ e poi l’effetto industriale dell’IoT ovvero dell’Industrial IoT che permetterà, tra le altre cose, nei prossimi anni la rappresentazione in forma di digital twin di centinaia di milioni di prodotti con vantaggi enormi  a vari livelli per le imprese e per una nuova cultura del mondo manifatturiero.
L’AI poi, come più volte sottolineato anche da Satya Nadella, non si mette in competizione con il lavoro dell’uomo, ma lo supporta e lo “aumenta” nelle sue potenzialità. Questo è concretamente un fattore di sviluppo che aiuta le persone a migliorare la produttività e la qualità del lavoro, ma nello stesso tempo aumenta anche le potenzialità e possibilità di vendita e di prodotti e servizi e, come sottolinea Svaluto, questi risultati si possono ottenere se si riesce ad accompagnare questi processi con un vero cambiamento culturale per le imprese e per il mondo del lavoro. Ma su tutto, ricorda, il “Grande abilitatore” è nel Cloud: il 90% delle supply chain nel mondo manifatturiero vedono l’introduzione e l’adozione di soluzioni Cloud. È il “The World Computer”, di cui ha parlato Satya Nadella, “a disposizione di ogni innovatore“.

Sostenibilità come valore etico e come opportunità di business

Ma se le prospettive per l’industria sono chiare e se la tecnologia è pronta a sostenerle Maurizio Svaluto invita a considerare anche il grande tema della sostenibilità, non più come un tema “a parte”, riservato alla sensibilità personale, ma come strettamente e inscindibilmente legato con una nuova idea di sviluppo industriale e con una nuova idea di impegno digitale. Si, perché il digitale può fare tantissimo per aumentare la precisione nei consumi, per evitare sprechi, per gestire in modo oculato le risorse, per cercare nuove forme di sviluppo più compatibile. E tutto questo rappresenta anche una grande e importante occasione di business. Svaluto porta l’attenzione su alcuni numeri, 60 miliardi di dollari di risparmio energetico nel mondo dei building ad uso commerciale grazie all’introduzione di intelligent technology. Se poi pensiamo a due dei principali “motori” dell’economia: industria e agricoltura si avverte la responsabilità ad esempio di rispondere e gestire l’impatto delle previsioni nella crescita del consumo di acqua che arriva dalle imprese e che prevede una crescita del 400% entro il 2050, o, l’enorme sfida del settore primario che per “sfamare” il pianeta deve aumentare del 70% la propria capacità produttiva sempre nell’orizzonte 2050. Ecco che dal digitale possono arrivare risposte nuove già proposte all’interno della stessa sessione con il caso CNH.
La sostenibilità osserva Svaluto è un dovere etico, ma è anche, appunto, una opportunità di business, per le imprese che trovano soluzioni produttive più sostenibili grazie al digitale o che sono nella condizione di aiutare altre imprese nella riduzione dei consumi o nel miglioramento delle performance. Questa prospettiva rappresenta a tutti gli effetti anche un nuovo mercato.

La centralità delle persone e la crescita delle competenze

E se si parla di nuovi mercati non si può non considerare secondo la lettura di Svaluto anche il tema della workforce. La trasformazione digitale è anche una trasformazione culturale, servono piani per fare “empowerment delle workforce”, per mostrare che l’innovazione non è a discapito del lavoro, ma è una opportunità di crescita anche per le persone.

Due dati che parlano di questa prospettiva: 75 milioni di posti di lavoro soppiantati dall’automazione a fronte di ben 133 milioni di nuovi posti di lavoro creati grazie all’innovazione digitale entro il 2022. In quale scenario? In un contesto fatto da imprese dove le macchine che oggi completano qualcosa come il 29% dei task arriveranno a “lavorare” il 71% entro il 2025. Una sfida che, come aveva richiamato Nadella, non deve lasciare indietro nessuno, e che necessita, come ricorda Svaluto, di un forte cambiamento culturale e formativo.

Non si può pensare allo sviluppo senza pensare alla sicurezza

L’ultimo punto, non certo per importanza, Svaluto lo dedica alla cybersecurity. Tutte queste prospettive aprono scenari che vanno prima di tutto compresi e gestiti: i prodotti connessi, la diffusione dell’Internet of Things, la reingegnerizzazione dei processi produttivi basati sui dati impongono di aumentare la protezione tanto dalle nuove minacce quanto dai rischi “tradizionali” che possono entrare nei domini della produzione. Questi grandi trend consentono di guidare la trasformazione delle value chain produttive sulla base di quattro piattaforme evolutive

  1. La capacità di ripensare il manufacturing (reimagine manufacturing)
  2. Lo sviluppo di nuovi servizi grazie anche alla trasformazione dei prodotti
  3. Valorizzare le persone e fornire nuove risorse: Empower your workforce
  4. Infine un grande lavoro di ottimizzazione e di razionalizzazione delle risorse digitali e dell’innovazione

Dai casi e dalle esperienze concrete arrivano i segnali di un cambiamento che parte dal prodotto e dalla produzione per attuare nuove forme di trasformazione e creare, in funzione dei vari mercati, nuove forme di valore.

Chorus Life GSM: con il digitale verso lo Space as a Service

Parte dall’innovazione di prodotto per immaginare e attuare una innovazione dello “spazio fisico” e degli ambienti con un ripensamento del mondo immobiliare e del rapporto tra persone e ambienti: il progetto Chorus Life GSM prevede la realizzazione a Bergamo di un nuovo quartiere sulla base di criteri e di prodotti ad altissimo contenuto digitale. Presentato da Jacopo Palermo, CEO di Impresa Percassi & General Manager Immobiliare Percassi, Chorus Life non è un segno di innovazione collegata a una declinazione del digitale che arricchisce le funzionalità dei prodotti o che contribuisce a ottenere efficienze, ma è un vero e proprio ripensamento del building e della città, in funzione di una conoscenza sempre più precisa e sempre più approfondita dei bisogni, dei gusti delle abitudini dei cittadini e delle imprese. Il tutto con processi e servizi digitali che, anche nel segno della sostenibilità e della sicurezza, permettono di favorire e incentivare comportamenti virtuosi e di indirizzarli a beneficio della qualità della vita, della dimensione sociale (come ad esempio a livello di sostenibilità) e di nuove forme di business.

Chorus Life, come spiega Palermo, non si limita alla costruzione di nuovi edifici innovativi, ma ha re-immaginato gli spazi urbani e di lavoro per fornire una migliore esperienza di vita e di lavoro alle imprese, ai residenti, ma anche a chi arriva in città per turismo. Palermo ricorda ovviamente il ruolo della tecnologia, dell’IoT in particolare e dei data analytics, con la creazione di servizi che permettono di disporre sullo smartphone di una serie di informazioni e di servizi per migliorare il rapporto con ambienti e con i servizi della città in generale. Il manager ricorda inoltre il ruolo dell’innovazione di prodotto di una azienda come Gewiss che ha lavorato con Immobialiare Percassi e con Microsoft per estendere l’innovazione collegata ai prodotti connessi al nuovo valore di servizio che potevano portare agli ambienti nei quali venivano collocati. Accanto a questo grande lavoro di ripensamento degli ambienti è partito anche un lavoro per identificare i bisogni delle persone, delle loro abitudini, delle esigenze e per rivedere gli spazi e il loro ruolo su questa conoscenza. Il senso del progetto, forse con qualche forzatura, può essere espresso nel concetto di “Space as a Service” ovvero di una applicazione del concetto di servitizzazione applicato al mondo immobiliare. Una trasformazione “non da poco” che in prospettiva di nuove forme di “go to market” si deve leggere nel passaggio dalla “vendita di metri quadrati di spazio”, alla vendita di “servizi per la qualità della vita e qualità del lavoro” all’interno di ambienti pensati non più in funzione della loro dimensione, ma in funzione del “vissuto vero” delle persone.

Di fatto Chorus Life è un grande progetto di trasformazione digitale applicato al mondo immobiliare che sta cambiando i paradigmi di gestione e di sviluppo del settore. Il prodotto che diventa prima connesso e poi sempre più intelligente e integrato, mette così in moto il percorso con una evoluzione dei sistemi e delle soluzioni per smart home e smart building del mondo Gewiss, che portano a un livello superiore l’intelligenza che questi apparati sono in grado di mettere a disposizione. Palermo sottolinea il passaggio anche simbolico da un mondo immobiliare abituato a misurare gli spazi in metri quadrati a una visione che permette di gestire gli ambienti in funzione dei diversi servizi che possono erogare. Grazie al digitale, a Microsoft, al Cloud e a Chorus Life siamo così nello spazio come servizio, ovvero in una prospettiva fatta di ambienti che imparano a conoscerci, ad accoglierci nel modo migliore, che si adattano per aumentare la qualità della vita e che permettono la creazione di nuove opportunità di business.

CNH Industrial, veicoli agricoli e commerciali come hub di intelligence per nuovi servizi

Quella che racconta Laura Ferrero, Talent ICT and digital manager in CHN Industrial, è una vera e propria digital transformation story. Se siamo abituati a pensare ai mezzi per la lavorazione della terra e al trattore in particolare come a una macchina essenziale che deve fornire soprattutto potenza per trainare e utilizzare altri strumenti di lavoro, dobbiamo cambiare idea. La trasformazione che presenta Ferrero mostra il trattore nelle vesti di un digital hub sul quale si appoggiano strumenti di rilevazione dei dati, di automazione, di monitoraggio, di analisi in tempo reale e di coordinamento di altri strumenti per attuare concretamente sul campo (è proprio il caso di usare questa espressione) i principi del precision farming e per passare, in una prospettiva di nuovi tools di farm management integrati sui veicoli CNH Industrial, verso la fase del digital farming.

Dalla connessione dei prodotti alla creazione di ecosistemi di prodotti connessi

Ma facciamo un passo indietro. Intanto CNH industrial, non è solo produttore di macchine agricole, ma anche di veicoli industriali e commerciali e comprende brand come Iveco, Case, Steyr, New Holland e Magirus. La grande sfida di cui parla Laura Ferrero parte dalla connessione dei prodotti, prosegue con la creazione di ecosistemi di connected product e apre nuove scenari che permettono di cambiare i paradigmi di alcuni mercati strategici: l’agricoltura appunto, con la trasformazione dei mezzi agricoli in veri e propri sistemi digitalizzati in grado di attuare e gestire data stream fondamentali per lo sviluppo prima di tutto del digital farming. Ma anche nella logistica, nei trasporti, nei veicoli industriali accanto alle soluzioni per l’aumento della efficienza e della sicurezza si sono aperte prospettive per lo sviluppo di nuovi servizi e di nuove forme di valore per le imprese clienti e naturalmente per CNH Industrial stessa.

Ed è sul valore dei servizi che si concentra l’attenzione dell’azienda ad esempio con la servitizzazione applicata a più livelli. Nei veicoli commerciali, grazie all’introduzione di servizi digitali innovativi che permettono la manutenzione predittiva, il monitoraggio dei consumi di carburante, la possibilità di aumentare la sicurezza di guida con soluzioni per la rilevazione dell’attenzione del conducente, o con soluzioni per monitorare il veicolo stesso in tutti i suoi movimenti. Il tutto, precisa Ferrero grazie all’utilizzo su vasta scala del Cloud di Microsoft Azure, anche per assicurare servizi a imprese che operano in tutto il modo con la massima mobilità.

Veicoli come Connected Service Platform per passare dal prodotto al servizio

Laura Ferrero parla poi di come i veicoli agricoli, industriali e commerciali diventano Connected Services Platform e mostra come questa trasformazione, realizzata in strettissima collaborazione con Microsoft permetta di portare su ogni mezzo delle IoT & Data solution per creare e sviluppare delle vertical platforms in grado di servire in modo sempre più specifico e preciso le esigenze di mercati molto verticali e per rispondere alle esigenze dei clienti finali. Con questa nuova visione CNH Industrial acquista un vantaggio competitivo che non è legato solo alla capacità di portare sul mercato mezzi rinnovati sulla base di best-of-breed engineering, ma vere e proprie piattaforme in grado di erogare nuove forme di servizi a valore aggiunto. Ecco che il “trattore”, solo per citare un esempio, non è più solo un mezzo tecnico e non si limita nemmeno ad essere “solo” un imponente ecosistema di “connected product”, ma diventa un digital hub in movimento che è in grado di effettuare data collection, gestire data analytics, controllare e dialogare con altri mezzi tecnici. Il “vecchio” trattore diventa una piattaforma che coordina e guida sia mezzi di lavoro “convenzionali”, ma anche mezzi innovativi come i droni e consente così a CNH Industrial di portare “sul campo” nove soluzioni per le imprese agricole. Un percorso che porta anche a un diverso posizionamento, non più solo come produttore di veicoli e mezzi, ma come attore di riferimento su mercati, come appunto quello dello smartagrifood dove CNH può accelerare l’evoluzione dalla fase del precision farming a quella del digital farming dove sugli ecosistemi territoriali un ruolo fondamentale è svolto dalla capacità di copertura del Cloud Microsoft, delle piattaforme IoT, del ruolo di Machine Learning e dell’Artificial Intelligence. In altri mercati, questa stessa collaborazione con Microsoft sta permettendo a CNH Industrial di procedere nello sviluppo di veicoli sempre più automatizzati nella forma di self driving o unmanned Machine che possono a loro volta portare nuove forme di efficienza e sicurezza.

Miragliotta, Next generation Industry 4.0: process intelligence, new products con le persone al centro

Il denominatore comune di questi primi casi e di quelli seguono è nel legame sempre più stretto e inscindibile tra prodotto e dato, tra la fisicità e la concretezza della manifattura, nelle sue varie dimensioni, e il nuovo valore che i prodotti connessi e intelligenti possono esprimere, grazie al lavoro che le imprese possono svolgere sui dati.

Giovanni Miragliotta, Direttore Osservatori Internet of Things, Industria 4.0 e Artificial Intelligence del Politecnico di Milano porta al Microsoft Innovation Summit la lettura delle prospettive di questa evoluzione, delle sfide che si sono aperte.

Miragliotta ricorda innanzitutto che siamo in una economia del dato, che la competizione passa e passerà sempre di più attraverso la capacità di disporre di informazioni e attraverso la capacità di trasformarle in valore. L’evoluzione del manifatturiero grazie all’Industry 4.0 è perfettamente nel solco dei principi della data economy e uno dei fenomeni che meglio rappresentano questa evoluzione è rappresentato dagli smart connected product, dall’evoluzione e dall’arricchimento in termini di intelligenza dei prodotti connessi. Il passaggio verso la data economy è poi contrassegnato dalla contemporanea evoluzione dei processi, che come i prodotti acquisiscono intelligenza ed evolvono in modelli di produzione innovativa, anche per rispondere al nuovo ruolo che il prodotto è chiamato a svolgere presso il cliente.

Verso un Internet of Things concepito come ecosistema di applicazioni

Ma Miragliotta invita a portare l’attenzione su un cambiamento che è fondamentale per comprendere le ragioni che rendono l’IoT sempre più centrale nella data economy del manifatturiero. E il passaggio riguarda il tema di una evoluzione da una “Old IoT” concepita come vertical solutions, ideate e progettate per dare risposte a specifiche esigenze, per passare a un Industrial Internet of Things ripensato come ecosistema di applicazioni grazie anche a piattaforme Cloud che permettono di gestire accesso e analisi dei dati con device innovativi e con real time operating system che portano l’intelligenza a livello di field. Un esempio, semplice, per capire.

Miragliotta guarda alla sala stessa in cui stanno scorrendo i contenuti della sessione “Realizing Intelligent Manufacturing” e identifica almeno 4 diverse tipologie di IoT: rilevazione temperatura, luminosità, qualità dell’aria e antincendio. Nella “vecchia” IoT, nel caso di una eventuale esalazione legata al fumo (magari di una sigaretta che brucia un pezzetto di carta), la rilevazione antincendio lancia l’allarme senza altre verifiche, se non quella collegata alla richiesta di un intervento umano. Il tutto, come appare evidente, con una serie di conseguenze. Nella “nuova Industrial IoT”, il dato arriva e viene analizzato in ottica di ecosistema e il sensore dedicato al rilevamento del dato antincendio, prima di far partire l’allarme, si consulta con il sensore che rileva la temperatura e con quello che rileva la qualità dell’aria. La rappresentazione della realtà di quell’ambiente in quel determinato momento è, come per i sensi delle persone, più completa e precisa. Sulla base di questa capacità di interazione e di analisi, più completa e più precisa sarà anche la “decisione” che verrà presa in merito al tipo di allarme o di intervento da richiedere.

Una data economy che ha bisogno di data engineering

Miragliotta sottolinea che per il manifatturiero l’ingresso nella data economy implica anche un nuovo grande impegno in termini di ingegneria dei dati e significa anche entrare in una prospettiva di Data Driven Decision Making, dove le imprese devono saper valutare i nuovi rischi, ad esempio collegati alla rete di fornitori o partner. Le competenze e l’impegno sulla data engineering si deve estendere dal prodotto e dalla sua evoluzione anche a tutti i fattori che concorrono al suo successo o che possono al contrario rappresentare gravi criticità. L’intelligenza artificiale può aiutare a stimare prima e a governare poi i fattori di rischio, può indicare la probabilità di determinati accadimenti o la loro dimensione e il loro impatto, fornendo strumenti decisionali basati su una vista e su una lettura sempre più completa dei dati che concorrono allo sviluppo corretto del business. Ad esempio, grazie al supporto di analisi legate ad esempio alla valutazione puntuale dei dati legati ai fornitori, alle materie prime e alla loro evoluzione in termini di mercato e di qualità, ma anche con la correlazione con l’evoluzione del sentiment dei consumatori finali (che potrebbe voler dire analisi dei dati legati ai clienti finali di filiere lunghe e complesse) piuttosto che anche dati legati alla conoscenza dettagliata e precisa del comportamento dei propri prodotti da riportare in fase di progettazione, per integrare logiche di continuo miglioramento della qualità con una evoluzione che sia anche in funzione delle esigenze dei clienti.

Partendo da un IoT come “motore” sempre più vitale, Miragliotta indica in 5 passaggi gli elementi chiave in cui si concretizza questa trasformazione

  1. Prodotto
  2. Smart Product
  3. Smart product, connected
  4. Smart System
  5. System of system

Il contesto e le prospettive della servitization

Per chi fa produzione il passaggio dall’intelligenza connessa dell’IoT al prodotto connesso, (che vive la propria “vita” di prodotto presso i clienti fornendo un prezioso flusso di dati e conoscenza al produttore) è anche alla base della trasformazione del prodotto stesso che apre percorsi nuovi come quello della servitizzazione. I fattori esogeni, come quello della sostenibilità più volte citato da Maurizio Svaluto, sono un acceleratore anche culturale che permette di appoggiare sulla service transformation i concetti di valore d’uso e valore di servizio di un prodotto, sganciandoli dalla cultura del possesso.

Con questo passaggio cambia anche il concetto di ciclo di vita dei prodotti. Miragliotta osserva che si può superare l’ambiguità di quell’obsolescenza programmata, che non ha certo favorito lo sviluppo di rapporti di fiducia tra cliente e produttore (...sarà proprio un caso che un prodotto si guasta qualche ora dopo il termine della garanzia…) per un rapporto di diretta responsabilità sul servizio da parte del produttore che ha tutto l’interesse a ingegnerizzare e gestire prodotti affinché siano sempre al massimo delle loro performance.  In prospettiva poi e in alcuni settori questa stessa evoluzione apre agli scenari dell’In-Things Purchase (leggi al riguardo gli articoli: Dall’In-App Purchase all’In-Things Purchase e Come funziona e quali prospettive con l’In-Things Purchase, ovvero a soluzioni e a un modello di business (con un richiamo forte e chiaro agli sviluppi che ha avuto e che ha nel mondo dei device mobili l’App Economy) che permette la gestione di acquisti direttamente nel corso dell’interazione con un oggetto intelligente connesso, in modo da poter attivare extra-funzionalità o extra-servizi che sono in condizione di potenziare il suo valore di utilizzo.

È un nuovo approccio, evidentemente e soprattutto anche culturale e proprio per questo Miragliotta raccomanda di accompagnarlo e sostenerlo con un altrettanto profondo impegno formativo e culturale. Cambia l’impresa, cambiano i prodotti, cambiano i modelli di business e le persone devono essere messe nella condizione di gestire questo cambiamento con una capacità di interconnessione che, come conclude Miragliotta, deve saper unire macchine, persone e dati.

I tre pillar dell’Intelligent Manufacturing

Arriviamo così tre pillar che aiutano a comprendere i fattori chiave di questa trasformazione e sui quali si gioca la possibilità delle imprese di creare un nuovo rapporto con i clienti, di ideare e realizzare uno sviluppo in nuovi mercati e creare nuovo valore

  1. Boosting intelligence with IoT and connected services, ovvero l’IoT come abilitatore di questi processi di innovazione nel manufacturing e come base dei prodotti connessi
  2. Transform your product, con un percorso di trasformazione dei prodotti e con l’apertura a nuovi modelli di business come appunto la servitizzazione
  3. Digital transformation and cultural change: empower your employees, che guarda alla centralità delle persone, in una evoluzione che vede le imprese e la managerialità sempre più orientata al dato, e impone di gestire un cambiamento che può dare i suoi frutti solo se la cultura del dato si diffonde a tutti i livelli e se sa coinvolgere tutte le persone che concorrono alla creazione del valore

Su queste tre linee guida si è sviluppato il confronto con le aziende impegnate, con Microsoft e con i partner, in progetti di trasformazione digitale.

Datalogic: verso una data collection as a service con Cluster Reply

Datalogic è una realtà che è nata e cresciuta nello specifico ambito della data collection, dei sistemi per la raccolta dati per mercati come retail, logistica, trasporti, manufacturing.  Con l’avvento dell’IoT la società ha subito colto le opportunità di arricchire ed aumentare le potenzialità delle soluzioni, che sono diventate prima dei connected product e poi degli strumenti per erogare servizi. Non solo, ma ha esteso questa capacità di “raccogliere dati” anche ai fenomeni che caratterizzano il contesto nel quale sono chiamati a operare e ha arricchito la propria offerta in termini di estensione del raggio d’azione.

Con Rinaldo Zocca, Responsabile Ricerca e Sviluppo Datalogic ripercorriamo questo percorso e questa evoluzione. Zocca ci tiene a ricordare che Datalogic è prima di tutto una solida azienda manifatturiera, che progetta e produce soluzioni per la data collection dal 1972. Con la maturità del mercato è diventato importante completare l’offerta dei prodotti con i servizi collegati e la società ha dato vita a un servizio chiamato Easy of Care per la riparazione o la sostituzione dei prodotti guasti. Grazie all’IoT e ai prodotti connessi il percorso ha permesso di estendere questo servizio con un nuovo prodotto software in Cloud, denominato Easy of Insight, che raccoglie dati sullo stato di salute dei dispositivi e dell’ambiente in cui operano per fornire manutenzione preventiva e nuovi strumenti di conoscenza e di decisione per aumentare l’efficienza dell’end user.

Il passaggio dalla raccolta dati ai servizi ha permesso di modificare il modello di business e di aprire nuove opportunità. E Zocca sottolinea che Datalogic ha iniziato a proporre un prodotto sotto forma di Software as a Service (SaaS) che per una azienda “profondamente manifatturiera” come Datalogic ha rappresentato un grande passo in avanti e una apertura verso un mondo di grandi potenzialità, ma che “richiede anche un cambiamento nella nostra rete di vendita e di marketing”. “Abbiamo anche compreso l’importanza culturale di far percepire al cliente finale il ritorno dell’investimento – osserva – mostrandogli, dati alla mano, come può recuperare quelle inefficienze che prima non sapeva neppure di avere in quanto gli mancavano i dati”. Ad esempio, per favorire la migliore comprensione di queste potenzialità l’azienda sta anche pensando a licenze trials gratuite di 3 o 6 mesi.

Il ruolo del Cloud Microsoft anche nella gestione di architetture ibride

In questo passaggio un ruolo determinante è stato svolto dalle soluzioni e dal Cloud di Microsoft. Zocca ricorda che la selezione delle soluzioni Microsoft è avvenuta con un processo molto rigoroso in cui sono stati presi in esame molti aspetti. “In particolare – prosegue -, la nostra gamma di prodotti è molto ampia ed il tipo di servizi che vogliamo offrire varia in modo considerevole in funzione della linea di prodotti, così come varia l’architettura da utilizzare. In alcuni casi il Cloud è la soluzione migliore, in altri casi serve una architettura ibrida, parte in Cloud e parte on-premise. Microsoft ci offriva questa flessibilità garantendo sempre i temi della copertura, dell’affidabilità, della sicurezza e del supporto. Inoltre, Microsoft ha rappresentato il compromesso ottimale nel bilanciamento fra la flessibilità che volevamo avere nello sviluppo delle nostre applicazioni ed il riutilizzo di componenti ed architetture standard che non ci costringessero a reinventare ogni volta la ruota.

Da Cluster Reply indicazioni e supporto per l’acquisizione di competenze

Ma accanto a Microsoft in questo processo di trasformazione un ruolo rilevante è stato svolto dal partner che ha seguito e supportato Datalogic. “Quando abbiamo deciso di entrare nel mondo dell’IoT – racconta Zocca – ci siamo resi conto che non avevamo in casa tutte le competenze necessarie. Datalogic è piena di ottimi softwaristi in grado di sviluppare software embedded, ma occorreva far crescere la parte delle competenze sull’Internet of Things. Abbiamo allora deciso di creare un team mettendo insieme un gruppo di “talented engineers” e abbiamo pensato di unire le risorse che potevamo ingaggiare dai corsi di ingegneria informatica dell’Università di Bologna con l’esperienza di un partner Microsoft come Cluster Reply, che ha portato nel progetto competenze specifiche e una capacità di accelerare tanto lo sviluppo delle competenze stesse quanto la possibilità di “agganciarle” e verticalizzarle sull’evoluzione di prodotto di Datalogic. L’obiettivo condiviso col Partner quindi non è stato solo quello di realizzare il progetto in sé, ma anche quello di accelerare la curva di apprendimento nel nostro team interno e su questo abbiamo trovato piena sintonia con Cluster Reply che è stato un valore aggiunto anche nell’integrazione con le soluzioni Microsoft.

E arriviamo al passaggio dal prodotto connesso alla servitizzazione in un modo un “po’ particolare”, vale a dire quello della data collection. L’esperienza Datalogic ci mostra che non siamo davanti a una evidente e chiara evoluzione di prodotto che migliora le proprie performance e la propria capacità di azione, ma con questa evoluzione totalmente basata sul dato permette di sviluppare e attuare un nuovo modello di business che si concretizza in Data collection as a Service. “Grazie al Cloud – precisa Zocca – il limite è solo nella capacità di immaginare quali nuovi servizi si possono offrire ai propri clienti e quali nuovi clienti si possono attrarre. E con questo percorso si entra anche nel mondo dei “customer needs” inespressi, ovvero nei bisogni che il cliente finale non è in grado di esprimere compiutamente, ma che il fornitore di tecnologia deve saper cogliere per proporre le proprie soluzioni a valore aggiunto. Una sfida affascinante per un’azienda come Datalogic.   Per quanto riguarda poi il percorso culturale Zocca nota come sta cambiando l’azienda con l’IoT: “sino a qualche anno fa – conclude – Datalogic assumeva Ingegneri Elettronici, oggi assumiamo Ingegneri Informatici, fra un anno assumeremo Data Scientist ed esperti di Machine Learning”.

Texa: sensoristica e diagnostica sempre più intelligenti e in Cloud verso la smart mobility

Texa è una realtà di eccellenza nella sensoristica, nella diagnostica per il mondo automotive e nel monitoraggio ambientale ed è una di quelle realtà che si trovano nella condizione per certi aspetti ideale per sfruttare al massimo tutte le potenzialità che arrivano da un utilizzo spinto dell’IoT. Guido Gumiero, Direttore Tecnico Ricerca e Sviluppo della società ci ricorda che Texa lavora storicamente a fianco di operatori del mondo automobilistico, come ad esempio tutta la rete delle officine multimarca nell’ambito delle auto, dei trasporti commerciali, del motociclismo, ma anche di settori come quello dei motori per imbarcazioni. Una rete che copre qualcosa come oltre 80.000 officine in oltre 100 nazioni nel mondo. Gumiero osserva con orgoglio che “dove ci sono sistemi intelligenti a bordo di automezzi c’è la presenza di Texa”, che non si ferma comunque solo lì, ma estende la propria capacità di azione anche a tutto il mondo degli OEM.  Si tratta di una posizione strategica, per il core business legato alla raccolta di dati e per la possibilità di gestire il passaggio dalla sensoristica intelligente e connessa e alla service transformation.

Gumiero ripercorre i contenuti di questo progetto con una Texa che ha iniziato a produrre strumenti “di officina” che permettevano al meccanico di leggere e prelevare informazioni dal veicolo, con la modalità dei connected product. Ma la trasformazione era duplice, anche il veicolo si stava trasformando con un passaggio da veicolo meccanico a mezzo dotato di diverse forme di intelligenza e connettività. Ecco che quei dati e quelle informazioni, grazie all’IoT e alla connettività spinta, sono diventati disponibili anche fuori dall’officina, per veicoli in movimento, in ogni parte del mondo. Ecco che così, informazioni remotizzate sullo stato di “salute” e sull’utilizzo dei veicoli, hanno rappresentato la base di partenza per lo sviluppo di nuovi servizi. Su queste premesse è iniziato uno sviluppo, per l’appunto basato sui dati dei prodotti connessi, che ha permesso di offrire, diagnostica remota, soluzioni per gestire OTA (Over The Air software update), ma anche servizi per la gestione di car sharing, piuttosto che soluzioni per erogare servizi di mobilità in modalità pay per use.

Availability e sicurezza con Microsoft Cloud Azure

E per servizi che hanno come presupposto la massima availability e la migliore disponibilità per vetture che circolano in ogni parte del mondo ecco il ruolo strategico di Microsoft e del Cloud di Azure.  Gumiero sottolinea che “come TEXA siamo passati dall’avere i dati e servizi on premise a portare il tutto su Cloud, passando prima ad un modello  di Infrastructure as a Service (IaaS) per poi evolvere verso una Platform as a Service (PaaS), aggiungendo poi anche la parte di Software as a Service (SaaS). Microsoft ci ha permesso di disporre di soluzioni Cloud in grado di garantire i rigorosissimi Service Level Agreement (Sla) di questi mercati con una copertura su tutte le aree geografiche.

Ma anche in questo caso il lavoro sui dati e il Cloud hanno permesso di aprire nuove prospettive che portano Texa verso soluzioni di tracking per trasporti e logistica o per la smart mobility e le smart city. Ad esempio – conclude Gumiero – nel momento in cui l’evoluzione della mobilità cittadina prevede la gestione dell’ingresso in città alle auto sulla base di precisi criteri legati a fattori di riconoscimento e di intelligenza a bordo dei veicoli, ecco che Texa si trova nella condizione di gestire questa nuova domanda strettamente legata a fattori di riconoscimento, di sensoristica e di mobilità grazie alle proprie soluzioni, alle infrastrutture che ha creato con Microsoft e ovviamente grazie alle proprie competenze.

Celli Group, qualità del servizio e sostenibilità: la creazione del “Cloud alla spina” e il supporto di PTC

Se l’IoT permette di reinterpretare i prodotti e se, con i connected product, si possono ripensare i livelli di controllo sul funzionamento e sul comportamento dei prodotti stessi, possiamo dire che con il Cloud si aprono anche tantissime nuove “strade”. L’esempio di Celli Group è di quelli che “non ci si aspetta”, ma che, lavorando proprio sui dati e sulla qualità, contribuiscono a migliorare la nostra esperienza di consumatori finali con prodotti che permettono al mondo dell’ospitalità, della ristorazione dei servizi ai consumatori finali di servire al meglio la clientela.

La sfida di Celli Group, partendo dall’IoT, è stata quella di portare l’innovazione digitale nei prodotti per la spillatura di bevande, ovvero in un settore dove il percorso di innovazione è sempre stato piuttosto lento e prudente e tipicamente basato sull’innovazione nelle soluzioni tecnologie più tradizionali. La scelta è stata quella di lavorare su una innovazione di mercato basata sui dati che sta portando verso quello che si potrebbe anche definire come “Cloud alla Spina”.

Paolo Cavalsassi, Direttore Commerciale Celli Group ci racconta il percorso partito con lo sviluppo di prodotti connessi, grazie all’IoT per la gestione da remoto della manutenzione, per la conoscenza del comportamento dei prodotti nei vari contesti in cui erano collocati. “Abbiamo voluto prima di tutto mettere a disposizione, anche grazie al digitale, gli strumenti migliori per la spillatura e abbiamo voluto fornirli su una base digitale. Il punto di partenza era quello del miglioramento continuo del servizio da offrire ai clienti finali e per Celli Group l’obiettivo era anche quello della ricerca di un nuovo forte vantaggio competitivo che è effettivamente arrivato grazie ai dati. Per questo abbiamo lavorato sullo studio e sul miglioramento dell’esperienza della somministrazione di bevande in vari contesti con progetti realizzati in strettissima collaborazione con Microsoft e con PTC, per permettere agli impianti di diventare parte di un sistema connesso per monitore e gestire preventive e predictive maintenance.

Con la gestione dei prodotti connessi presso i clienti, con la conoscenza dei comportamenti e dei gusti è arrivata anche la servitizzazione e, come sottolinea Cavalsassi: “si sono introdotti nuovi modelli di business”. Il lavoro sulla qualità dei prodotti grazie ai dati dei prodotti stessi ci ha permesso di aumentare la conoscenza sulle esperienze e sulle esigenze dei clienti e dei partner in una filiera come quella del beverage che è importante e complessa. Da qui la scelta, grazie al Cloud, di ragionare sui temi del total cost of ownership, della capacità dei prodotti di garantire sempre maggiori livelli di servizio e di portare i nostri prodotti in modalità di servitization. Da qui è partita anche la trasformazione digitale in Cloud dei sistemi di spillatura con uno stimolo importante che l’azienda ha saputo dare a un settore molto tradizionale che ha sempre basato il proprio percorso su tecnologie tradizionali.

Il Cloud di Microsoft per abilitare il processo di servitizzazione e il ruolo delle soluzioni PTC

Cavalsassi ricorda il ruolo fondamentale delle soluzioni in Cloud di Microsoft, sia dal punto di vista dello sviluppo del processo di servitizzazione, sia per la sua implementazione, “considerando che si tratta di impianti attivi in tutto il mondo con fondamentali requirements in termini di necessità operative e di availability”. Parimenti, il ruolo della collaborazione con PTC, nel grande lavoro di progettazione e di reingegnerizzazione dei sistemi di spillatura in chiave digitale, è stato strategicamente importantissimo. Cavalsassi ricorda anche come questo percorso abbia permesso, a livello di gestione dell’ingegneria dei prodotti, di dare vita a un preziosissimo circolo virtuoso con dati legati al comportamento dei prodotti presso i clienti che tornano ai progettisti come indicazioni su come migliorare le funzionalità o come personalizzarle in funzione dei comportamenti più richiesti.

Dalla conoscenza dei consumi arrivano dati preziosi per personalizzare l’offerta di prodotti

Il dato è il valore più prezioso di questa trasformazione che non si ferma alla qualità del servizio tradizionale, ma apre le porte, come ci ricorda con entusiasmo Cavalsassi, a nuove prospettive di sviluppo. La conoscenza precisa e raffinata dei dati legati ai consumi è un grande valore per le imprese produttrici che possono indirizzare offerte, proposte, azioni commerciali in modo sempre più preciso e diventano una fonte di grande valore strategico per la personalizzazione, anche a livello di studio dei consumi finali. Il Cloud permette di disporre di dati in tempi così rapidi e con una precisione così raffinata da permettere a queste aziende di portare il prodotto più giusto per soddisfare la sete e il gusto dei clienti. E si tratta di una prospettiva che può essere a tutti gli effetti considerata come uno sviluppo in chiave di data monetization per il mondo dei consumi fuori casa.

“Non solo – tiene a precisare Cavalsassi – , ma in coerenza con il tema della sostenibilità che abbiamo visto sin dall’inizio di questo percorso, Celli Group ha permesso di sviluppare soluzioni di prodotto e di servizio, come nel caso del progetto Acqua Alma dove il tema della spillatura e della gestione del consumo di acqua permette di ridurre gli sprechi e di portare esattamente l’acqua che serve dove serve in un percorso che ha un valore sociale importantissimo, ma che è anche un importante opportunità di business”. Ancora una volta con il Cloud di Microsoft alla base.

Leonardo 4.0: IoT e Cloud per un manufacturing che guarda alla sicurezza

Leonardo è una realtà che siamo abituati ad associare in particolare al mondo dell’aeronautica e della difesa, anche se si tratta di una impresa che porta la capacità di innovazione e di manufacturing in tanti altri settori. Il rapporto con l’innovazione digitale è un rapporto che arriva da lontano e che si è più recentemente concretizzato anche in un piano denominato Leonardo 4.0, un nome che mette esplicitamente in evidenza la relazione tra digitale e manifattura.

Andrea Busà, head of big data analytics & cybersecurity in Leonardo spiega che il progetto è partito in particolare dal mondo IoT, con logiche legate allo sviluppo di prodotti connessi e a soluzioni per attuare forme di manutenzione da remoto, manutenzione preventiva e predittiva. Successivamente, anche sulla base dei risultati raggiunti, si è poi esteso a un tema di gestione dei dati a livello di produzione, di data engineering nel solco delle logiche dell’Industria 4.0.

Busà osserva i tre pillar del progetto che vedono ovviamente la centralità del Manufacturing; il tema della sicurezza, che per Leonardo ha veramente tante dimensioni, proprio per la tipologia di prodotti e di servizi che offre sul mercato e non ultimo per il fatto che la sicurezza è essa stessa una forma di servizio. Infine i principi della Digital transformation da attuare e applicare in tutta l’azienda.

Soluzione progettate nativamente in Cloud grazie alle soluzioni Microsoft

Busà sottolinea il ruolo fondamentale del Cloud per questo progetto e in particolare mette in evidenza come molte soluzioni siano nativamente ideate e progettate proprio in Cloud con un grande lavoro supportato da Microsoft per assicurare il massimo livello di sicurezza, di privacy e di gestione dei dati. In questo senso il progetto ha permesso di arricchire il percorso stesso di offering dell’azienda basate su soluzioni che trovavano riscontro sui risultati raggiunti internamente.

Grazie a Leonardo 4.0 si è lavorato a livello di data analytics e di Big Data su dati che arrivano da prodotti per i quali è richiesto una altissima precisione e una altissima affidabilità e le informazioni sul loro comportamento stanno permettendo di ottenere miglioramenti importanti a livello di qualità. Non solo, il progetto ha portato a diverse aree di Leonardo la possibilità di disporre in Cloud di dati utili a gestire i processi produttivi e a seguire i prodotti nel loro ciclo di vita e ha permesso di creare una governance dei dati nel rispetto di linee di guida che per settori come difesa e aeronautica sono rigorosissime e devono sottostare a numerosi livelli di approvazione.

Sonepar: AI e Machine Learning in Cloud con ToolsGroup per vincere le sfide della “coda lunga”

Con Sonepar entriamo nell’ambito di una innovazione che punta a portare sempre più intelligenze nei processi e a sviluppare nuove forme di automazione. In questo caso entriamo in una società di distribuzione per il mondo della componentistica elettrica ed elettronica, una realtà fondata nel 1969 in Francia che conta oggi su una presenza in 5 continenti, con 40 nazioni coperte e con oltre 2800 punti vendita attivi. L’azienda si trova a gestire una fase di crescita su più livelli, in termini di presenza sul mercato, di numerosità dei clienti e come portflio di prodotti. In questo contesto, l’efficienza e l’intelligenza sui processi rappresentano un fattore strategico, così come è strategico disporre di dati e informazioni per aumentare la precisione e l’affidabilità delle decisioni. A partire da quelle strategiche sulle principali scelte aziendali per arrivare alle “microdecisoni” sui prodotti o sulle relazioni con i clienti Ed è qui che si colloca il progetto sviluppato con Microsoft e con il supporto di ToolsGroup per aumentare, grazie a Intelligenza Artificiale e Machine Learning la conoscenza sui processi e con questa far crescere l’efficacia dell’azione su ogni singolo prodotto per ogni cliente.

Thierry Conte, direttore logistica e processi Sonepar tiene a precisare come un’azienda come Sonepar abbia voluto investire su un vantaggio competitivo che arriva dalla capacità di portare nuovi livelli di automazione sui processi. Non a caso il progetto, in omaggio all’approccio pragmatico del mondo veneto dove ha sede l’azienda, è stato soprannominato “Schissa al Buton”. Ovvero, come afferma Conte: “tutto ciò che si può automatizzare deve essere automatizzato, lasciamo alla persone le componenti di maggior valore e la capacità di interpretare fenomeni e contesti”. Da qui l’arrivo di strumenti, basati sul Cloud, nella forma di tools di supporto alle microdecisioni che rappresentano un vero vantaggio competitivo per una realtà con una supply chain molto complessa. L’utilizzo di tecnologie autoapprendenti, osserva Conte, permette di dare supporto a tutte le decisioni e permette di aumentare la precisione delle azioni di business.

Conte ricorda poi che Sonepar non ha le problematiche delle aziende di produzione, ma è chiamata a gestire centinaia di migliaia di transazioni con assortimenti numerosissimi in vari depositi in Italia. Dopo un lungo lavoro di ricerca di partner esterni è poi arrivata la scelta di appoggiarsi a Microsoft e a ToolsGroup per sviluppare delle soluzioni che permettono di gestire l’approvvigionamento sulla base di criteri più veloci, precisi e replicabili rispetto a quelli tradizionali. L’altro criterio che ha indirizzato questo progetto è quello della standardizzazione, ovvero di indirizzare verso percorsi e soluzioni ben definite tutti i processi che si riferiscono a dei pattern chiaramente identificabili. Grazie al Machine Learning poi questi processi vengono costantemente migliorati aggiungendo ogni giorno profili di conoscenza legati a nuove variabili, a nuove esigenze o al superamento di determinate criticità.

Il progetto aveva anche lo scopo di fornire strumenti per aumentare la competitività aziendale in un contesto caratterizzato dalla complessità di gestione da un costante allargamento di gamma. Nel nostro mondo si tratta di un tema di presidio di uno sviluppo che attiene alla cosiddetta “coda lunga”, ovvero alla capacità di essere competitivi anche nell’offerta e nella gestione di tantissimi prodotti che hanno quote di venduto ridotte. Il valore è nella capacità di essere presenti, appunto in modo efficace, su tutte queste linee di prodotto garantendo ai clienti una capacità di offerta unica e completa.

Ecco la necessità di lavorare sui processi per disporre di efficienze ai massimi livelli per ogni singolo prodotto. Ecco anche l’importanza di saper rispondere alla domanda di prodotti con bassissime richieste, nel rispetto di una grande completezza di offerta che permette di sostenere un ruolo di leadership su tutto il mercato.

Intelligenza artificiale e Machine Learning in Cloud con Microsoft e ToolsGroup

Con la crescita nel numero dei prodotti e la crescita esponenziale nel numero delle decisioni da prendere giornalmente è evidente che un recupero di efficienza a una diretta incidenza sul business. Per raggiungere questi risultati il progetto si è sviluppo in forma di partnership molto stretta con Microsoft anche perché Sonepar – sottolinea Conte – non dispone di squadre di data scientist al proprio interno, ma di grandi competenze sui processi e su come possono essere migliorati. Con Microsoft e con ToolsGroup sono arrivate le competenze specifiche sul digitale e gli strumenti Cloud di Azure che hanno permesso di utilizzare AI e Machine Learning per lo sviluppo di nuovi modelli grazie all’analisi delle serie storiche di consumo riviste con l’esperienza e la chiave di lettura di un utente esperto del settore e “date in pasto” alla macchina. Con lo stesso approccio sono stati esaminati e lavorati i dati legati al consumo di certi prodotti, ai trend di crescita e decrescita con un piano di suggerimenti e indicazioni di esperti di quei prodotti che il sistema provvede poi ad automatizzare.

La scelta è stata quella di una soluzione “as a service” con la gestione attiva del partner con la riduzione del nostro effort che si può concentrare sulla qualità e sul valore dei dati. Un altro elemento di differenziazione nella scelta Microsoft è “stato nella possibilità di disporre di una piattaforma scalabile e flessibile con una architettura che può cambiare durante le 24 ore tra la fase elaborativa della notte e quella del giorno. Una soluzione che è – osserva sempre Conte – anche interoperabile con le altre soluzioni adottate dall’azienda”.

Per il futuro poi questa soluzione apre nuove prospettive che possono essere identificate con un modello di Data Driven Distribution, ovvero con un lavoro sui dati che non va solo a diretto beneficio di Sonepar, ma che possono essere messi a disposizione dei partner. Grazie infatti ai dati raccolti, alla conoscenza sviluppata la società è nella condizione di fornire ai provider di prodotti informazioni sempre più precise sulle vendite, sui trend e sul posizionamento commerciale dei loro prodotti con nuove forme di valore dal punto di vista dello sviluppo del business.

Officine Maccaferri: il percorso CRM con Agic Technology a supporto di crescita e del progetto “One Company” 

La potenza di innovazione dell’IoT e dei prodotti connessi, la trasformazione dei prodotti e la servitizzazione, sono il segno di un ampio e profondo cambiamento anche culturale che ha bisogno, per trasformarsi in realtà di un cambiamento altrettanto profondo a livello di empowerment della workforce e di sostegno al cambiamento culturale delle imprese. Con Officine Maccaferri vediamo una realtà impegnata in una grande azione di consolidamento che segue una altrettanto importante fase di sviluppo sui mercati internazionali. Il gruppo, che vanta una presenza in oltre 100 Paesi, dove opera con una ricchezza e una complessità di progetti, di soluzioni e di tipologie di clienti unica. Per supportare questo piano di consolidamento e per aumentare le fonti di conoscenza, la precisione e la accuratezza delle informazioni sui clienti e nello stesso tempo per rafforzare la propria identità a livello internazionale Officine Maccaferri ha dato vita con Microsoft un progetto di CRM su scala globale con una ricca serie di obiettivi tra cui l’ empowerment del business e delle persone.

Pietro Erbacci, Group Marketing Operation Manager di Officine Maccaferri, ricorda il percorso di questo progetto che come Dynamics CRM nasce in Maccaferri più di tre anni fa, nel contesto di un forte scenario di rinnovamento. “L’azienda veniva da anni di diversificazione ed espansione geografica, con risultati molto importanti che hanno visto triplicare il fatturato”. Dopo questo sviluppo, Officine Maccaferri ha avviato un piano di consolidamento ed è in questo contesto che il top management e la proprietà hanno deciso di implementare Dynamics CRM su scala globale. Erbacci sottolinea l’importanza di questo progetto al quale è stato affidato il compito strategico di mettersi al servizio e al supporto di una grande trasformazione aziendale che prevedeva anche il superamento di un modello basato sulle autonomie locali e sui “silos” di informazioni, per tendere verso il concetto di “One Company”. Va poi sottolineato il ruolo del top management che, come evidenzia Erbacci, “non solo ha fortemente voluto questa iniziativa, ma ha mostrato un committment fondamentale in fase di indirizzo strategico e di sponsorship del progetto”.

Dal punto di vista operativo il progetto ha visto una attività di “diagnostic” iniziale, nella quale sono stati raccolti ed esaminati i requisiti attraverso oltre 50 interviste che hanno permesso di definire il Global Template sul quale è stato poi disegnato il Proof of Concept. Con questa validazione è stato rilasciato il primo step in Brasile con un progetto pilota, estremamente significativo anche per la capacità di rappresentare la complessità del business, in un mercato a sua volta estremamente rilevante anche per le dimensioni. A seguito di questa fase si è poi passati alla fase di rollout e nel 2016 sono arrivati Latam e Nord America. Nel 2017 poi, sulla base di un processo di continuous improvement è stato rivisto il modello ed è partita l’introduzione del progetto in EMEA, per poi passare a India e South East Asia nel 2018.

Erbacci precisa che ad oggi il progetto CRM interessa più di 30 subsidiary, con oltre 500 utenti onboard e una copertura del core business che supera l’80% e ci tiene a mettere in evidenza che è stato ed è un viaggio veramente intenso con oltre 1.500 ore di training che corrispondono a ben vedere all’incirca le ore di un anno accademico universitario.

Uno dei temi chiave di questo cambiamento culturale per una realtà come Officine Maccaferri è anche nella capacità di mettere il cliente al centro che per una azienda di infrastrutturre e di progetti complessi rappresenta un valore speciale.

Sin dall’inizio, osserva Erbacci, il progetto non è stato vissuto come una “semplice” implementazione IT, ma come un “motore” di cambiamento e come un abilitatore culturale, per riuscire a standardizzare i processi aziendali e per adottare un approccio Customer Centric. Con questo obiettivo, prosegue il manager, si è lavorato anche mettendo in discussione convinzioni e modelli per attuare una trasformazione che sta portando benefici identificabili su almeno quattro grandi punti

  1. Processi sempre più definiti, standardizzati, e con una maggior ricchezza di dati, informazioni e intelligenza
  2. Una maggiore conoscenza di tutti gli stakeholder, dei clienti, di tutti i potenziali touchpoints con Maccaferri e dei driver decisionali
  3. La possibilità di far crescere una cultura decisionale fortemente basata sul dato, che diventa un patrimonio aziendale
  4. La creazione di una Pipeline sempre più accurata e affidabile.

La sintesi tra l’approccio “product centric” e l’approccio “customer centric”

Se come abbiamo visto questo progetto ha avuto e ha una grande valenza sul piano culturale è altresì significativo ricordare come in questo percorso sia emersa una fortissima convergenza tra due dimensioni che sono spesso in contrapposizione tra loro: da una parte l’approccio customer centric e dall’altra quello product centric. Erbacci mette in evidenza che l’obiettivo di “mettere il cliente al centro” non significa dimenticarsi del prodotto, tutt’altro. Anzi, più si conosce il cliente, più si conoscono le sue esigenze e il contesto nel quale opera, meglio si possono intercettare i suoi bisogni e meglio si possono fornire a tutte le funzioni aziendali strumenti e contenuti per servirlo al meglio. Anche per questa ragione Il CRM rappresenta una “rivoluzione a 360°”

Dal punto di vista delle tecnologie e delle soluzioni adottate il progetto aveva una serie di obiettivi tra i quali la possibilità di contare su un provider in grado di supportare un progetto di respiro internazionale con altissimi livelli in termini di availability, di personalizzazione, di interoperabilità, di sicurezza e di sviluppo delle competenze. Erbacci ricorda in proposito la fase di software selection che è stata impostata appunto su quelle che sono le principali caratteristiche di Officine Maccaferri, ovvero una realtà globale, presente in oltre 100 paesi, con una forza tecnico – commerciale che si trova ad essere sempre “on the road”. Non ultimo anche il tema di gestire un landscape applicativo preesistente, con il quale il CRM aveva una forte necessità di dialogo e una serie di processi di business che presentano alcune peculiarità rilevanti. Erbacci ci tiene a precisare che Microsoft Dynamics 365 in Cloud, è stata considerata come la risposta più appropriata a tutte queste esigenze per una serie di specificità che possono essere identificate nel ruolo di player globale di Microsoft, con punti di riferimento in ogni angolo del globo, in un Cloud che risponde ai criteri di accessibilità e di interoperabilità con sistemi IT esistenti, con la possibilità di estendere l’architettura applicativa con soluzioni Microsoft native; a cui si aggiunge l’adattabilità del software e la sua personalizzazione per replicare al meglio i processi più specifici di Officine Maccaferri. Altri elementi che hanno favorito questa scelta sono da individuare per Erbacci nella semplicità e nella “usabilità”, che consente a tutte le tipologie di utenti di apprendere in maniera immediata le principali funzionalità con il supporto di release periodiche che garantiscono un continuous improvement

Il ruolo di Microsoft in sintonia con l’azione di Agic Technology

Determinante in questo percorso il ruolo del partner: “Grazie anche al supporto di Microsoft, Officine Maccaferri si è affidata ad Agic Technology, – racconta Erbacci – un partner capace di fornire supporto a 360° e il cui ruolo è stato fondamentale in tutti i 4 grandi step progettuali.

  • know how su tecnologie e competenze con integrazione e customizzazione dei processi
  • consulenza con analisi funzionale del business e lavoro sulla cultura aziendale esistente
  • Project Management e flessibilità per agire su più stream progettuali
  • Capacità di allargare gli orizzonti su più livelli di innovazione

Ad oggi il progetto CRM di Officine Maccaferri sta entrando nella sua seconda fase con CRM 2.0, a sua volta con due grandi sfide:

  1. studio di soluzioni avanzate in ambito Business Intelligence con un progetto pilota Power BI per analizzare, l’enorme mole di insight raccolti.
  2. Sviluppo del marketing inteso come capacità di ascolto a 360°, grazie all’integrazione dei feedback del field con insight provenienti dalle properties online anche in logica omnichannel

Nice: connected living dal B2B al B2C con CRM e social insieme a EY

Con Nice entriamo in una dimensione che possiamo definire anche “domestica”. Non parliamo solo di prodotti o di servizi, ma parliamo di una serie di innovazioni che semplificano il rapporto quotidiano con ambienti e cose, che permettono di migliorare la qualità della vita e del lavoro e che hanno come punto di partenza una innovazione di prodotti per la smart home e smart building. Qui troviamo l’IoT che abilita lo sviluppo di connected product e un progetto CRM che punta a far crescere le fonti di dati e di conoscenza. In particolare, Nice vanta una marcata vocazione all’innovazione, alla ricerca di nuove strade anche nel rapporto con i clienti con un approccio che la vede attiva sul mercato con una ampia e articolata rete di partner. Non ultimo Nice è una realtà con un forte presenza internazionale e realizza più del 90% del proprio fatturato fuori dall’Italia.

Massimo Riggio Chief Marketing Officer, NICE Group parte dall’importanza strategica di aumentare la conoscenza del cliente soprattutto quando si vuole offrire un prodotto, un sistema o un servizio che punta a migliorare la qualità della vita delle persone, a semplificare il rapporto con gli ambienti per dare vita a un approccio che la società ha voluto codificare nel concetto “A world without barriers” e in una proposizione che punta su quattro valori: Security, connectivity, customization e wonder.

Per una realtà come Nice la decisione di implementare il CRM nasce dal marketing strategic plan dell’azienda che identifica un preciso “customer journey”.  L’azienda si è posta l’obiettivo di creare e mantenere il contatto con il cliente in tutti i passaggi della sua esperienza di connected living e per questo punta a una conoscenza sempre più approfondita allo scopo di instaurare una conversazione, uno scambio, che possano durare nel tempo. È qui che si colloca il progetto CRM realizzato con Microsoft e con il supporto di EY, un progetto che porta in Nice la conoscenza del mercato, i feed-back costanti da parte della forza vendita. tutte informazioni di grande valore per l’azienda, che sono sempre più strutturate e sempre più complete. Con queste informazioni aumenta la conoscenza in tempo reale delle esigenze della forza vendita, dei trade partner e dei clienti finali.

Copertura internazionale, interoperabilità, integrabilità, scalabilità tra le ragioni della scelta di Microsoft

“La scelta di Microsoft – ricorda Riggio – è avvenuta dopo un profondo lavoro di benchmarking ed è arrivata grazie alla capacità dell’azienda di incontrare in modo preciso le nuove esigenze del nostro gruppo, con la copertura internazionale, con l’interoperabilità, l’integrabilità e la scalabilità anche verso tutto il mondo delle soluzioni Microsoft.

Nice, che nasce come azienda con un chiaro posizionamento B2B, ha avviato con questo progetto un percorso in direzione B2C. Con il supporto al trade, agli installatori e alla distribuzione grazie al progetto CRM è in grado di condividere una conoscenza più approfondita dell’utente finale, delle sue esigenze e soprattutto dell’evoluzione dei mercati. In questo modo l’azienda è nella condizione di creare un bridge e di sviluppare una strategia in chiave B2B2C.

Il progetto CRM, prosegue Riggio, è uno strumento che aiuta ad essere sempre più precisi nel distinguere i messaggi B2B da quelli per l’utente finale, e permette di sviluppare e sostenere conversazioni sempre più ingaggianti ed efficaci. Tutto questo è poi supportato da un lavoro altrettanto importante di change management con un cambio culturale all’interno dell’azienda.

Il ruolo a più livelli della collaborazione con EY

Riggio osserva che le funzioni front-line con il mercato come vendite, marketing e after sales sono già fortemente coinvolte, ma sono state attivati piani di preparazione all’introduzione del CRM con un forte impegno in termini di formazione anche con il supporto di EY. Il CRM è una grande occasione di sviluppo che va a sua volta supportata e per questo Riggio ricorda anche i piani di incentivazione e di gaming per i dipendenti che meglio lo utilizzano.

Ultimo ma non meno importante il lavoro, favorito e supportato sempre dal CRM per lo sviluppo dei canali di vendita e di partnership. Il manager ricorda l’importanza del canale di vendita e di informazione sui trend rappresentato dal mondo dei designer, degli architetti e degli ingegneri. Grazie al CRM e grazie a un progetto sviluppato a livello di community su Linkedin, Nice ha avviato uno speciale dialogo con questi interlocutori per immaginare, con la loro collaborazione come sarà la casa del futuro, come saranno gli spazi, come saranno utilizzati e come interagiremo con tutti i suoi componenti.

Prysmian: empowerment workforce, smart working con una sfida culturale in piena sintonia con 4ward  

La trasformazione digitale non è solo un tema di innovazione tecnologica, ma attiene all’evoluzione culturale, alla crescita e alla trasformazione del ruolo stesso dell’IT che assume un nuovo posizionamento aziendale, sempre più vicino al business. In una impresa di produzione come Prysmian, con 110 stabilimenti nel mondo e con prodotti “molto fisici” come cavi e sistemi di energia, questo percorso progettuale è testimoniato anche dalla doppia responsabilità di Stefano Brandinali, che nell’azienda ha avviato un percorso e un piano di trasformazione digitale che lo ha portato al ruolo di Chief Digital Officer, mantenendo nello stesso tempo anche il ruolo di Chief Information Officer.  Una trasformazione, tiene subito a precisare, che nasce con le persone al centro e che investe prima di tutto sulle competenze e sul valore delle risorse umane con una serie di declinazioni che impattano sull’organizzazione del lavoro e sullo sviluppo di competenze digitali. Ma non solo una questione di competenze, peraltro importantissime, e come sottolinea Brandinali è anche una questione di sensibilità verso i temi dell’innovazione e di una sfida a “non lasciare indietro nessuno” per alzare il valore dell’azienda con il valore delle persone.

Brandinali mette in evidenza che la sfida del digitale per Prysmian non si ferma a un progetto, ma è una visione che comprende una serie di progettualità che insieme sono il motore di queste trasformazione che porta e diffonde il digitale in un’azienda di prodotto e di produzione con una fortissima tradizione manifatturiera. La storia recentissima dell’azienda parla di queste sfide: Brandinali entra in Prysmian alla fine del 2015, e di fatto il “primo vero campionato” lo gioca  nel 2016 quando inizia un percorso e un progetto che arriva al 2018 e che porta a un riposizionamento generale da una IT concepita sulla base di logiche tradizionali a una IT sempre orientata al business. Con questo percorso nasce anche la funzione di digital innovation che è diretta da Brandinali che ha il compito di avviare un vero e proprio viaggio di trasformazione ribaltando lo schema dell’IT per passare da Service Provider a Business Partner, sulla base di tre pillar di riferimento:

  1. Business proximity
  2. Cloud first
  3. Digital transformation

Brandinali porta poi l’attenzione su un altro grande pilastro di questa trasformazione che è rappresentato dalla creazione di un Innovation Lab

“Le trasformazioni avvengono solo se c’è una sponsorship molto forte – osserva il manager – e se l’IT è percepito come un asset strategico. In particolare, questa convinzione vale per settori come il manifatturiero e la sfida è stata proprio quella di creare un IT in grado di diventare e di svolgere il ruolo di driver di innovazione”. Brandinali sottolinea che in questa sfida non ha “cambiato le persone”, ma ha cambiato la strategia, i ruoli sul campo da gioco e ha sviluppato le competenze. In questo modo IT e digital hanno acquisito crescente credibilità nei confronti del business.

L’Innovation Lab come motore di innovazione

L’Innovation Lab ha consentito, come osserva Brandinali, di avviare nuove esperienze e di creare nuove modalità organizzative e ha rappresentato un progetto innovativo per imprese del manifatturiero che ha permesso al digitale di esplorare e portare in azienda nuove idee e nuovi modelli. Un esempio è arrivato dalle sperimentazioni per utilizzare i droni in ambito di logistica e produzione e che con altre forme di sperimentazione ha generato curiosità e ha aiutato ad aumentare la consapevolezza sul ruolo dell’IT.

In questo scenario si colloca poi  il progetto Smart Working, che con la denominazione di “Prysmart” si è strutturato e sviluppato su tre assi:

  1. Cloud adoption
  2. Digital Citizenship
  3. Mobile workers

In questo contesto l’introduzione di soluzioni Cloud come OneDrive per una realtà come Prysmian dove il Cloud era vissuto con poche perplessità ha rappresentato una rivoluzione, ancora una volta di tipo culturale. Prima di questo progetto tutto era in modalità on premise, oggi, grazie a questa evoluzione, l’attenzione delle persone si è spostato sul valore dei dati e sulla conoscenza. E il ruolo di Microsoft è quello di un potente abilitatore di una trasformazione digitale e culturale che investe tutta l’azienda e che porta benefici alle persone e al business. Il progetto Smart Working è uno dei progetti che ha ottenuto il maggior successo ed è pienamente e totalmente abilitato da Microsoft con Sharepoint, Yammer, Onedrive tra le varie soluzioni. Ma che vede anche la gestione di ambienti di lavoro che si adattano e riconoscono i partecipanti, con sale riunioni pronte sotto ogni punto di vista per essere subito pronte con tutto quello che serve.

La collaborazione con Microsoft e il committment di 4ward sui vari progetti

Si sente, ancora una volta un richiamo ai temi portato al Microsoft Innovation Summit da Satya Nadella, nell’intimacy della collaborazione e della partnership con 4ward che ha condiviso le logiche di business, le problematiche, l’approccio e la cultura di Prysmian. Brandinali parla di un partner che vive l’azienda e che è perfettamente entrato in sintonia con lo spirito del progetto. Ed è un partner, continua Brandinali, che supporta le tecnologie Microsoft per progetti osserva Brandinali che non si possono fare senza un partner con un grandissimo livello di committment.

Non si può non osservare che il progetto smart working ha un valore molto particolare per una impresa con una vocazione e un impianto così fortemente orientato al manifatturiero e ha rappresentato, grazie alla rivisitazione di tanti processi in chiave digitale, alla formazione e allo sviluppo delle competenze, una forte azione di empowerment della workforce.

In questa fase il progetto ha coinvolto i white collar dell’azienda e una delle grandi sfide del futuro, come osserva Brandinali, è proprio quella di sviluppare progetti di rivisitazione dei modelli e dell’organizzazione del lavoro anche tra i blue collar. In questo senso si colloca ancora una volta il ruolo dell’Innovation Lab come motore di sperimentazione aziendale e come testa pensante sul ruolo che il digitale può svolgere a vari livelli e in vari ambiti. Tanti sono gli esempi che richiama Brandinali e che vedono il digitale in azione per cambiare il modo di lavorare. La realtà aumentata e la mixed reality in tantissime situazioni in cui l’operatore viene arricchito di informazioni e dati che rendono molto più efficace il suo intervento. Nella sicurezza sul lavoro e in generale nella sicurezza degli stabilimenti con l’adozione di apparati che permettono di prevedere e prevenire i rischi e di ripensare tante operazioni con una visione puntuale dei movimenti dei macchinari e con la identificazione dei fattori di rischio o ancora con i digital twin che permettono di replicare prodotti e comportamenti fornendo risposte più efficienti e eliminando tutti i rischi collegati a fasi di test o di sperimentazione “fisica”.  Sono tanti gli esempi, ma l’attenzione di Brandinali cade sui temi della centralità della persona, sulla necessità di evitare rischi di digital divide tra white collar e blue collar e sulla vera grande sfida di portare progetti di smart working anche negli stabilimenti produttivi. “Peraltro – continua -, va anche considerato che c’è un importante cambiamento generazionale, che nelle fabbriche sono entrati pc e tablet e che il digitale è già nelle linee di produzione”.

Ma occorre fare molto di più sostiene Brandinali. “Chi è in produzione non ha bisogno di un device in più, ha bisogno di avere le mani libere, deve essere operativo. Ecco appunto la realtà aumentata, ma occorre lavorare sull’usabilità e su soluzioni più specifiche per la produzione. In particolare, prosegue, c’è grande spazio e grande bisogno di interfacce vocali, di soluzioni che permettano un dialogo uomo macchina a livello di sistemi di automazione”. Il ruolo dell’intelligenza artificiale e del Machine Learning è fondamentale per questa evoluzione e in questo si possono cogliere alcuni degli esempi e delle indicazioni che Satya Nadella ha voluto indicare a livello di scenari AI per il manifatturiero.

E qui un ruolo lo svolge il Cloud di Azure e le soluzioni per i Cognitive Services, per il riconoscimento vocale piuttosto che per i “multifactor authentication services” proprio per garantire la massima usabilità e la massima sicurezza.

Ma tornando a Prysmian Brandinali ama ricordare anche il fatto che il digitale è una fonte inesauribile di creatività e che occorre tenere le antenne alzate e leggere in modo creativo agli sviluppi che arrivano dalle sperimentazioni. Ci sono tecnologie che possono esprimere un grande valore in forme e modalità diverse da quelle per le quali sono state inizialmente e nativamente pensate. È il ruolo della persona che sa interpretare e che sa guidare l’innovazione e la sa calare nella sua realtà.

Le digital ambitions da far crescere diffondendo un digital plankton

In conclusione, Brandinali parla delle digital ambitions per la costruzione della Prysmian del 2030 e di tre grandi fattori ai quali temi come la cost obsession, come l’orientamento allo sviluppo di digital product, e il bellissimo concetto di digital plankton, di linfa vitale per l’innovazione che come il plankton permette di diffondere e nutrire di cultura digitale tutta l’azienda in ogni sua parte.

L’ultimo punto Brandinali lo dedica a un’idea che è la sintesi tra l’attenzione alle persone e l’attenzione alla ricerca di nuovi modelli di innovazione e che nasce dalla passione costante per fare innovazione. “Dobbiamo migliorare nello stesso tempo la qualità degli ambienti di lavoro dove operano persone e la qualità del business – conclude – e in questa prospettiva un ruolo importante può essere svolto da soluzioni intelligenti di noise reduction. Servono soluzioni che permettano di mettere più intelligenza negli ambienti per rilevare il livello di rumore e per sviluppare azioni in grado di ridurlo per permettere di creare le condizioni migliori per diffondere in azienda soluzioni per un riconoscimento vocale sempre più preciso e affidabile e per migliorare l’ambiente nel quale operano le nostre persone”. Ancora una volta nel segno dell’empowerment della workforce e dell’evoluzione culturale.

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Mauro Bellini
Mauro Bellini

Ha seguito la ideazione e il lancio di ESG360 e Agrifood.Tech di cui è attualmente Direttore Responsabile. Si occupa di innovazione digitale, di sostenibilità, ESG e agrifood e dei temi legati alla trasformazione industriale, energetica e sociale.

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