Innovazione industriale

Il digital divide nell’industria, quali strumenti per colmarlo

Soluzioni come Software as a Service e digital twin, insieme a cloud, realtà aumentata e virtuale, sono le possibili vie da percorrere per la digitalizzazione delle aziende

Pubblicato il 15 Ott 2021

servitizzazione

Innovazione: osservando le PMI italiane appartenenti a filiere produttive complesse, all’interno delle quali i processi di ingegneria richiedono l’impiego di tecnologie costose, ci si rende conto delle evidenti distanze competitive fra chi è in grado di accedere alle stesse e chi non possiede le economie di scala per poterlo fare. In questo scenario, la forte spinta verso la digitalizzazione delle fabbriche, e più in generale dei processi di business, trainata inizialmente dall’interesse generato dagli incentivi fiscali e successivamente alimentata dalla proliferazione dell’offerta di soluzioni digitali sul mercato, ha mostrato quanto sia evidente la forbice fra chi riesce ad accedere alle tecnologie abilitanti i processi di digitalizzazione e trasformazione del business e chi invece ha difficoltà a farlo: il digital divide.

I trend dell’innovazione e il digital divide nell’industria

Nei diversi contesti industriali, fra le molte differenze di approccio all’innovazione, si possono distinguere due macro-trend:

  • le aziende medio grandi con capacità di investimento hanno avuto modo di accedere alle migliori competenze e tecnologie offerte dal mercato e di impostare strategie di innovazione in grado di rendere più efficienti ed efficaci i processi di ingegnerizzazione e di produzione. Queste aziende hanno spesso intrapreso un programma di trasformazione organizzativa di skill e di competenze che le hanno portate a dotarsi di profili professionali un tempo considerati di appannaggio delle società operanti nel mercato ICT (esempio data scientist, sviluppatori e sistemisti applicativi, esperti di infrastrutture e di sicurezza);
  • le aziende più piccole si sono invece orientate a sfruttare gli incentivi fiscali al fine di rinnovare le linee di produzione attraverso la sostituzione delle macchine e/o l’introduzione di tecnologie IT con una logica meno sistemica e di solito largamente orientata a colmare lacune derivanti dalla vetustà dei sistemi a supporto della produzione e gestione (es. implementazione ERP, MRP). Questo approccio più opportunistico e pragmaticamente orientato a risolvere esigenze di breve termine senza modificare la “status quo” non è stato quasi mai accompagnato da un piano complessivo di trasformazione e digitalizzazione dei processi. In questo contesto, sono state sicuramente utili le iniziative delle associazioni di categoria tese a sviluppare centri di competenza per I4.0 unitamente a quelle intraprese da alcuni atenei italiani orientati a promuovere la cultura della digitalizzazione come elemento essenziale di innovazione dei processi e del modello di business. Queste sono risultate tuttavia non risolutive in quanto condotte con logiche frammentate in un contesto in cui era molto faticoso esprimere un coordinamento efficace guidato da una strategia complessiva del sistema produttivo Italia espressione di una visione politica di medio e lungo termine.

Questa differenza nella possibilità di accesso alle tecnologie e alle competenze ha di fatto ampliato il gap digitale fra le aziende, rendendone più complicata l’interazione allorquando, ad esempio, le piccole imprese operano come parte integrante della catena del valore delle più grandi. Il digital divide viene poi amplificato dalla distanza culturale derivante dalla natura giuridica e di contesto delle aziende più grandi, che in un mondo ormai globalizzato, sono prevalentemente appartenenti a gruppi industriali internazionali o multinazionali e quindi culturalmente e operativamente lontane dai contesti nazionali delle aziende più piccole appratenti ai vari indotti industriali.

Nel “mare magnum” del digital divide, abbiamo immaginato di provare a verificare come alcune tecnologie possano abilitare trend di trasformazione digitale anche per le aziende più piccole.

Come colmare il digital divide nelle aziende

Nel fare questo, abbiamo pensato a un esempio specifico nel quale:

  • la nostra azienda produca parti di un’autovettura: prodotti composti da un numero limitato di componenti in plastica stampati ed assemblati insieme a parti provenienti da soggetti terzi, con processi relativamente semplici ma gestiti largamente in modo tradizionale;
  • l’elevato livello di personalizzazione del prodotto finale unita all’esigenza di introdurre modifiche allo stesso derivanti dal normale ciclo di vita, generino per la nostra azienda campione frequenti varianti sia alla distinta base di produzione che alla pianificazione operativa di fabbrica;
  • l’interazione fra la nostra azienda campione e il suo cliente si basa oggi sulla passiva ricezione in un formato più o meno digitale del disegno e/o della distinta base del prodotto e delle sue successiva varianti.

Diventa evidente pensare che questa azienda debba, a ogni variazione, adattare in maniera passiva le proprie linee e processi di produzione inseguendo i requisiti del suo cliente senza poter, nei fatti, identificare preventivamente misure e strategie idonee ad ottimizzare la propria produzione e conseguentemente il business.

Un esempio di servitizzazione

Immaginiamo invece ora che la nostra azienda campione possa accedere a un’applicazione, resa disponibile in modalità SaaS in grado di mettere a sua disposizione i seguenti servizi:

  • normalizzazione dei metadati della distinta base manufacturing del prodotto ricevuta dal cliente;
  • conservazione e scambio di dette informazioni attraverso un data lake con funzioni collaborative disgiunto dall’ambiente del PLM del cliente (normalmente molto sensibile e non assoggettabile a variazioni di processo). In questo domino lo scambio dei dati/metadati avverrebbe in formato digitale (evitando ad esempio il caso pessimo ancora molto diffuso dell’invio di disegni CAD in formato PDF) e consentirebbe un controllo efficace anche rispetto ai temi sensibili di Data loss protection. I dati sarebbero conservati con una struttura non proprietaria di una o dell’altra tecnologia digitale e sarebbe possibile estrarre tali informazioni direttamente dai PLM dei clienti attraverso appositi connettori in grado di convertire la struttura del dato/metadato da e verso il formato terzo;
  • simulazione animata delle modifiche alla BOM (la lista dei materiali necessari alla realizzazione di un prodotto industriale) del prodotto: attraverso un ambiente di simulazione 3D sarebbe possibile mettere a disposizione delle società gli avatar (addetti alla produzione, tools e macchine di produzione) insieme alla copia digitale del prodotto, il digital twin, utili e necessari per simulare il processo di produzione e assemblaggio del prodotto.

Tali servizi sarebbero resi disponibili attraverso interfacce immediatamente disponibili (PC o tablet) o dotandosi di strumenti più o meno sofisticati di realtà aumentata o virtuale (stazioni olografiche)

Attraverso tali simulazioni, la nostra azienda campione, sarebbe in grado di ottimizzare il proprio business operando attivamente sui seguenti driver (cif. World Class Manufacturing):

  • Zero Training: l’ambiente di simulazione consentirebbe il training del personale di produzione in anticipo alla messa a disposizione della linea configurata. Consentirebbe anche di verificare l’adeguatezza degli strumenti di produzione e assemblaggio anticipando eventuali problemi già in fase di verifica e risposta alla richiesta di quotazione del prodotto specificato.
  • Zero Defect: la simulazione preventiva della produzione, permetterebbe l’acquisizione di tutte le informazioni utili ad intraprendere le misure correttive sulla supply chain e l’ambiente di produzione utili per il miglioramento della qualità del prodotto finito. Attraverso l’ambiente collaborativo, potrebbero essere poi, suggerite varianti al prodotto in grado di migliorare complessivamente la qualità e il processo di produzione del prodotto finale
  • Zero Waste: la simulazione e il fine tuning della linea di produzione e dei processi di approvvigionamento e fornitura permetterebbe di ridurre gli scarti e renderebbe più flessibile e dinamicamente adattabile alle mutate esigenze, il processo di produzione della nostra società campione.

I vantaggi della servitizzazione

Questo servizio consentirebbe inoltre di:

  • ridurre le barriere di collaborazione e comunicazioni esistenti fra gli ambienti di ingegneria e quelle di produzione;
  • rendere interoperabili ambienti di ingegneria basati su tecnologie non omogenee (diversi PLM), notoriamente chiusi;
  • consentire alle aziende delle filiere complesse di essere proattive rispetto al ciclo di vita del prodotto senza dover entrare nel mondo chiuso e sensibile del PLM.

È evidente, che tali tecnologie, per essere accessibili, devono essere rese disponibili a costi marginali. Perché questo sia possibile è necessario, ad esempio che il sistema:

  • sia sviluppato possibilmente in ambiente open source in modo da minimizzare il peso delle licenze e della manutenzione del software;
  • sia sviluppato con logica multitenant al fine di consentire una adeguata politica di pricing legata alla quantità di risorse applicative e infrastrutturali utilizzate da ciascuna azienda utente;
  • sia esercito da nuovi soggetti che operano come Service Provider per le applicazioni di I4.0 permettendo anche alle piccole aziende di poter accedere a tecnologie normalmente molto costose.

In un siffatto contesto il processo di adozione delle tecnologie digitali sarebbe enormemente semplificato anche per quelle imprese che per cultura, economia di scala o capacità economica non sono ancora pronti recepirlo.

Conclusioni

L’esempio fatto non è chiaramente esaustivo. Applicazioni di digital twin potrebbero essere pensate in quasi tutti i contesti produttivi. Si potrebbe addirittura arrivare a pensare a sistemi MES basati su copie digitali dello stabilimento ottenute attraverso un impego coordinato delle tecnologie di cattura video con quelle di disegno e simulazione 3D.

Sarebbe quindi sicuramente utile e possibile una integrazione fra detti sistemi e quelli più tradizionalmente presenti nelle fabbriche (MRP, MOM) anche questi messi a disposizione magari dagli stessi I4.0 service provider.

Le tecnologie abilitanti sono oggi disponibili (cloud, larga banda, realtà aumentata o virtuale, cattura video) e pronte a un impiego al fine di affrontare le nuove sfide tecnologiche e di processo che le PMI italiane si trovano ad affrontare per colmare il digital divide.

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Nicola Gulli

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