Incentivi

Piano Transizione 4.0, il governo punta sul made in Italy

Il piano del MISE pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 21 luglio 2020, come da Decreto Ministeriale del 26 maggio 2020, rappresenta una valida forma di sostegno prevedendo un credito di imposta dal 6% al 12% in base all’ambito di investimento

Pubblicato il 12 Ago 2020

Giuseppe Storelli

Camera di commercio di Bari

Integrazione verticale,pro e contro nell'industria 4.0

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del 21 luglio 2020, il ministero dello Sviluppo Economico spinge l’acceleratore sull’attuazione del pacchetto agevolazioni legate al Piano Transizione 4.0, come da Decreto Ministeriale del 26 maggio 2020.

Il piano punta tutto su innovazione (anche estetica e di design), investimenti in ambito green (elemento caratterizzante di questo piano), ricerca e sviluppo e formazione 4.0 ed è destinato a tutte le imprese presenti in Italia, includendo anche le “stabili organizzazioni di soggetti non residenti”, prescindendo da natura giuridica, settore, dimensione, regime contabile e fiscale.

La legge scompone in 3 ambiti sostanziali l’applicabilità del credito di imposta sulle attività genericamente ascrivibili nella definizione di ricerca, sviluppo e innovazione determinandone anche limiti, percentuali e tetti massimi di spesa per ciascuno di essi.

Gli ambiti di applicazione di Transizione 4.0

I 3 ambiti di applicazione previsti sono:

  1. Investimenti in Ricerca e Sviluppo ossia attività di ricerca fondamentale, ricerca industriale e sviluppo sperimentale in campo scientifico e tecnologico come definito dalla comunicazione della Commissione Europea (2014/C 198/01) del 27 giugno 2014 (lettere m, q e j – paragrafo 1.3 – punto 15), identificabili tenendo conto del Manuale di Frascati dell’OCSE
  2. Investimenti in Innovazione Tecnologica volte alla realizzazione di prodotti e processi nuovi o sostanzialmente migliorativi identificabili tenendo conto del Manuale di Oslo dell’OCSE
  3. Investimenti in Design e Innovazione Estetica realizzate da imprese operanti nei comparti moda, tessile, calzaturiero, orafo, mobile e arredo, ceramica e occhialeria per la realizzazione di nuovi prodotti e campionari

Il credito d’imposta prevede una diversa applicabilità in base all’ambito di intervento con un tetto di 3 milioni di euro e 12% degli investimenti nel primo caso (ricerca e sviluppo), 1,5 milioni e 6% nel secondo (innovazione tecnologica) e terzo caso (design e innovazione estetica).

Il focus specifico sulle tematiche green e 4.0 viene espresso con la possibilità, per il solo secondo ambito, di portare la percentuale di contributo dal 6% al 10% nel caso di investimenti in questi settori specifici dell’innovazione tecnologica.

La disciplina del piano Transizione 4.0

All’interno del testo sono definiti in modo chiaro:

  • la definizione delle attività di ricerca e sviluppo (art. 2), innovazione tecnologica (art. 3) e design e ideazione estetica ammissibili (art. 4);
  • l’individuazione degli obiettivi di innovazione digitale 4.0 e degli obiettivi di transizione green rilevanti per la maggiorazione dal 6% al 10% dell’aliquota del credito di imposta (art. 5)
  • l’individuazione e documentazione delle spese ammissibili (art. 6)

Tale misura di sostegno, analogamente ad altre misure simili:

  • è fruibile esclusivamente in compensazione
  • si applica solo agli investimenti sostenuti nel periodo d’imposta successivo a quello in corso (31 dicembre 2019)
  • non concorre alla formazione del reddito e della base imponibile IRAP
  • è applicabile solo alle imprese:
    • in regola con le normative sulla sicurezza nei luoghi di lavoro
    • in regola con gli obblighi di versamento dei contributi previdenziali e assistenziali a favore dei lavoratori
    • non soggette a procedure concorsuali o destinatarie di sanzioni interdittive

I temi chiave del piano Transizione 4.0

Definito il canovaccio normativo e applicativo proviamo ad analizzare alcuni temi legati al potenziale economico e industriale della dotazione finanziaria sul tessuto produttivo del paese.

Design e rafforzamento del made in Italy

L’introduzione del credito d’imposta per investimenti in innovazione e ricerca in ambito estetico e di design rappresenta un segnale importante per tutto il comparto manifatturiero legato al concetto di made in Italy.

La punta di diamante del “Brand Italia” attraverso questa misura può beneficiare non solo di investimenti nel miglioramento delle linee produttive ma anche nell’ideazione di nuovi concept di prodotto nonché veri e propri campionari.

Tale misura rappresenta una spinta alla ripartenza per un settore indirettamente impattato dall’emergenza covid-19 che ha visto in prima linea mondo retail, entertainment e turistico ma che inevitabilmente con un forte calo degli acquisti al dettaglio potrebbe affrontare nei prossimi mesi una sostanziale crisi degli ordinativi.

I limiti di applicabilità per le mPMI

Una spinta verso l’innovazione che tuttavia rischia di essere esclusiva del mondo delle imprese medio-grandi capaci, in questa particolare fase di incertezza sanitaria, sociale ed economica, di investire in ricerca e sviluppo e innovazione tecnologica e green.

Tale misura, per la sua configurazione (aliquote, importi, comparti) è infatti più tesa al sostegno verso imprese che l’innovazione e la trasformazione dei propri processi l’avrebbero comunque fatta a prescindere, una sorta di piccolo premio per il tessuto economico e industriale del paese più forte e tecnologicamente vivace.

Il mondo delle micro, piccole e parte delle medie imprese, fisiologicamente più fragile e più impattato dall’emergenza, rischia di restare inevitabilmente escluso da questa forma di sostegno da un lato troppo limitata nel contributo (quanti piccoli imprenditori oggi sarebbero ben lieti di preoccuparsi solo del credito d’imposta?) dall’altro troppo “complessa” per business e aziende tradizionali che spesso mancano anche di consapevolezza sui propri fabbisogni e potenziale di innovazione.

Mondo accademico e industriale sempre distanti

Permangono le distanze formali oltre che sostanziali tra il mondo delle imprese e il mondo accademico pur non dimenticando i grandi passi in avanti degli ultimi anni con l’istituzione dei dottorati di ricerca industriale, a “costo 0” per l’università e sostenuti direttamente dalle imprese con il supporto di tutor accademici e aziendali.

Una inclusione di queste forme di ricerca e sviluppo (dottorati di ricerca industriale / risorse umane) tra gli investimenti potenzialmente ascrivibili a quelli compatibili con il credito di imposta avrebbe rafforzato il legame tra due mondi naturalmente interdipendenti ma spesso troppo lontani, ponendo l’accento sull’elemento chiave di ogni possibile trasformazione aziendale ovvero risorse umane, competenze e processi più che mera tecnologia.

Le tematiche green come accessorio

Il tema dell’economia circolare e degli investimenti a sostegno dell’ambiente, come già emerso da una prima lettura del Piano Transizione 4.0 in ottica green, pur rappresentando una grande novità e in generale una buona pratica per tutti i futuri piani a sostegno della ricerca e dell’innovazione, è ancora mera sfumatura di colore nel disegno di crescita delle imprese.

Gli investimenti verso “orizzonti verdi” infatti sono considerati solo un plus capace di sbloccare aliquote di contributo superiori solo in un caso di innovazione su 3 (innovazione tecnologica) pur essendo perfettamente idonei alle attività di ricerca e sviluppo o design e ricerca estetica di prodotti che abbiano caratteristiche di circolarità e riuso.

Parola chiave 4.0: automazione e interconnessione

Gli investimenti in tecnologie e processi ascrivibili al paradigma 4.0 come quelli legati al tema green rappresentano solo un plus e non una vera linea di indirizzo nella attività di ricerca e sviluppo delle imprese ricevendo un plus (dal 6% al 10% dell’aliquota) solo nel caso di investimenti in innovazione tecnologica.

Pur con i succitati limiti il solco tracciato da questa misura va nella strada giusta sostenendo fortemente le attività volte all’automazione dei processi manifatturieri e industriali (es. introduzione di cobot) ma soprattutto all’interconnessione tra macchine e reparti, alla base dello sviluppo delle tecnologie di big data, intelligenza artificiale e robotica industriale.

Conclusioni

In definitiva il piano del MISE pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 21 luglio 2020, in attuazione del pacchetto agevolazioni legate al Piano Transizione 4.0, come da Decreto Ministeriale del 26 maggio 2020, rappresenta una valida forma di sostegno prevedendo un credito di imposta dal 6% al 12% in base all’ambito di investimento.

Da un’analisi approfondita emergono tuttavia dubbi su una misura più idonea per le medio-grandi imprese che avevano già pianificato di realizzare investimenti in innovazione tecnologica, ricerca e sviluppo nonché innovazione estetica e di design, che per il mondo delle mPMI italiane ancora troppo lontane da cambi di approccio industriale e culturale nel solco della circolarità e del 4.0

I temi legati alla rivoluzione green e all’impresa 4.0 risultano ancora marginali rispetto al generale indirizzo della legge.

Un maggior sostegno al mondo delle competenze e della formazione, al coinvolgimento del mondo accademico, con il rafforzamento di strumenti come i dottorati di ricerca industriale, e una più forte attenzione al mondo delle micro, piccole e medie imprese rappresentano il naturale completamento di questa misura e un virtuoso percorso di crescita per l’economia del nostro paese.

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Giuseppe Storelli
Camera di commercio di Bari

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