Innovazione industriale

Tech@Core, quando tecnologia e business coincidono

Diventare digitali e avere competenze digitali è diventato il lavoro di tutti. Questo è valido per le grandi aziende come per le piccole e medie imprese come per la pubblica amministrazione

Pubblicato il 24 Ago 2020

Andrea Tironi

Project manager - digital transformation

tech@core

Il Tech@Core un concetto nato in questo secolo e deriva dalla consapevolezza di tutte le opportunità che caratterizzano la tecnologia quando questa viene unita profondamente al business aziendale. Tech@Core è una semplice idea con una implementazione complessa, più culturale che tecnologica.

Tech@Core, tecnologia e business

Tech@Core significa che la tecnologia è il business, indipendentemente da qual è il vero business, ovvero che si producano automobili, farmaci, si faccia e-commerce, si vendano viaggi o altro. Il concetto si può capire meglio se si guarda alla storia di come la tecnologia e il business sono intrecciati nel tempo.

All’inizio degli anni ‘70, business e tecnologia erano due mondi completamente separati. La tecnologia era qualcosa di oscuro ai più e le persone che facevano business non volevano essere coinvolti nella sua complessità. Le persone che si occupavano di business raccoglievano solo alcune semplici informazioni del mondo tecnologico mediante delle domande, ma non volevano essere coinvolte da tutte le peculiarità specifiche della tecnologia, vista quasi in un alone di magia.

Dall’altro lato, la tecnologia era nuova ed eccitante e le persone che se ne occupavano (i tecnici) erano contente di poter rimanere all’interno di questo mondo considerato dagli altri oscuro e impenetrabile, potendo restare oltretutto lontano dagli aspetti di business, per loro poco interessanti.

Il periodo che stiamo descrivendo rappresenta l’inizio nel quale le diverse funzioni di base delle aziende, come ad esempio amministrazione, ordini, magazzino, iniziano a essere automatizzate.

I tecnici vengono quindi coinvolti come semplici digitalizzatori (da carta a digitale) e partecipano a questa fase godendo dei successi e generando una progressiva informatizzazione di processi e attività esistenti.

Questo percorso è piuttosto facile perché la tecnologia è semplice e le applicazioni che possono essere utilizzate nelle aziende sono state sviluppate con specifiche molto chiare. Non è quindi complesso programmare e fare il deploy di soluzioni e vederne subito ed efficacemente i risultati, sia per i tecnici che per il business.

In questa prima fase quindi si può parlare di una separazione netta tra business effettivo dell’azienda e tecnologia.

La seconda fase di integrazione fra tecnologia e business

La seconda fase di questa storia è denominata la fase di collaborazione. Man mano che i requisiti di business crescono e diventano più complicati, la tecnologia diventa più complicata a sua volta. Di conseguenza, la comunicazione tra business e tecnologia ha bisogno di migliorare, perché i due aspetti diventano sempre più interlacciati.

Durante questo periodo vengono a delinearsi delle modalità di lavoro, come ad esempio la metodologia waterfall, iniziano a formarsi figure come il sistem analyst (successivamente divenuto business analyst) il cui compito è quello di creare una relazione più collaborativa con gli utenti delle tecnologie.

I system analyst hanno maggiore conoscenza del business oltre che competenze tecniche e il loro obiettivo è quello di coinvolgere maggiormente, durante la fase di raccolta dei requisiti, gli utenti.

Nonostante ciò le persone che fanno parte del business sono comunque al di fuori dalla tecnologia e i tecnici rimangono all’interno della loro scatola nera.

Man mano che la tecnologia si evolve, mediante la connettività (internet e applicazioni in cloud), il confine tra tecnologia e business inizia a diventare sempre più sfumato e inizia la terza era della relazione tra tecnologia e azienda.

Questa ha portato alle tecnologie disruptive, come capitato nell’industria finanziaria con la crescita del brokeraggio on-line.

La tecnologia ha iniziato a muoversi dal back office (ad esempio alla parte amministrativa) al front office (ad esempio l’interazione con l’utente). La tecnologia è diventata ulteriormente complicata e i requisiti delle applicazioni sempre più difficili da definire con chiarezza. Questo ha causato una maggiore necessità di collaborazione tra i tecnici e gli utenti finali per comprendere sempre più le competenze, le conoscenze e i problemi da risolvere per quanto riguarda ogni azienda e il suo parco clienti.

In questa fase, col passare del tempo anche le persone che si occupano di business sono diventate più esperte di tecnologia. E questo le ha rese sia utenti migliori nella comprensione che utenti peggiori nel comportamento. Sono diventati migliori perché hanno capito meglio la tecnologia, migliorando la loro cultura di base, ma hanno peggiorato le cose perché sentendosi competenti hanno iniziato a sentirsi abilitati a fare scelte.

Le persone frustrate dalla lentezza con cui la tecnologia si sviluppa all’interno delle aziende, mentre a casa riescono a fare molte più cose e più velocemente, iniziano a creare quello che è definito “shadow IT”, ovvero iniziano a comprare consulenze e strumenti senza coinvolgere i reparti IT.

La domanda che queste persone si pongono è: “come mai posso comprare un software che mi risolve i problemi in una settimana mentre l’IT ci mette 9 mesi?”. Queste domande si saranno sentite in tante aziende e hanno creato problemi. Il solo fatto che il nuovo software risolva il problema di una persona, non significa che sia scalabile, manutenibile e non crei rischi di sicurezza per i dati aziendali. Ma questo, spesso all’utente non importa, a lui importa risolvere il suo problema velocemente, con o senza il reparto IT.

La questione è esacerbata dalla presenza in azienda di sistemi legacy, che non sono al passo con i tempi, e spesso molto vecchi. Si creano così non solo distanze tra IT e utenti finali, ma anche tra reparti IT del sistema legacy e reparto IT dei sistemi più avanzati, che usano anche metodologie diverse di lavoro (waterfall vs agile).

A questo punto ci si affaccia alla quarta era del rapporto tecnologia/business: il Tech@Core.

La fase del Tech@Core

Il Tech@Core porta all’effettiva integrazione tra business e IT. I fattori che differenziano il Tech@Core dalle fasi precedenti sono:

  • i leader capiscono la natura critica della tecnologia per la loro azienda e diventano sempre più tecnicamente esperti (molti sono giovani e non hanno lavorato in un mondo pre-internet);
  • i leader dipendono sempre più dalla tecnologia per creare percorsi innovativi per gli utenti finali, sia interni che esterni all’azienda;
  • il valore per il cliente diventa la nuova misura primaria di performance (a differenza dei costi dei periodi precedenti);
  • velocità e adattabilità rimpiazzano costi ed efficienza come driver tecnologici;
  • la conoscenza e l’esperienza tecnica continuano a evolvere in quello che è definito continuous improvement;
  • i leader promuovono sperimentazione apprendimento veloci e frequenti mantenendo comunque la disciplina necessaria per selezionare e valutare gli esperimenti su cui spendere risorse;
  • la riduzione del cycle time permette di massimizzare il valore derivante dagli esperimenti dall’apprendimento.

La nozione di tecnologia come cuore della strategia del business si è ormai diffusa in molti settori, come ad esempio finanza, media, telecomunicazioni e i business che riguardano la distribuzione e l’intermediazione (come ad esempio le agenzie di viaggio e l’ecommerce).

Ora questa nozione sta scalando a un nuovo livello e sta diventando una competenza principale di settori che sembravano lontani dalla tecnologia, come ad esempio automotive, legal, ricerca, government e utility.

Le varie fasi che portano alla completa integrazione della tecnologia nel business aziendale

L’immagine presentata spiega il percorso indicato e sembra suggerire che la transizione dalla tecnologia a supporto del business fino ad arrivare alla tecnologia come cuore del business abbia seguito una progressione lineare. In verità questo percorso varia in base all’età dell’azienda e alle sue caratteristiche: aziende più vecchie hanno al loro interno ancora porzioni che lavorano nelle altre tre modalità, mentre aziende più giovani possono già partire con percorsi di tipo tech@core.

Conclusioni

In conclusione, bisogna prestare attenzione: il fatto di pensare la tecnologia come importante o critica per il proprio business non è pensare alla tecnologia come Tech@Core.

Occorre pensare che la tecnologia è il proprio business. Fino a che questa attitudine non permeerà effettivamente il business, fino a che l’organizzazione non sarà una “tech company” pura come può essere Google, le chance di sopravvivere alla rivoluzione digitale diminuiranno.

Alcuni ritengono che lo sviluppo industriale e la manifattura possano sopravvivere senza una eccessiva permeazione IT, anche se negli ultimi anni queste idee sono da considerare ormai obsolete, grazie alla transizione digitale 4.0 che ha mostrato come anche nell’industria, l’IT sia fondamentale.

Quindi è chiaro che diventare digitali e avere competenze digitali sia diventato il lavoro di tutti. Questo è valido per le grandi aziende come per le piccole e medie imprese come per la pubblica amministrazione.

Come questo si possa realizzare è una domanda ancora senza una risposta chiara.

Libera traduzione da “Edge Value Driven Digital Transformation” di K. Highsmith, L. Luu, D. Robinson, Capitolo 2

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Andrea Tironi
Project manager - digital transformation

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