Robotica

Come cobot e autonomous mobile robot possono cambiare la produzione farmaceutica

Nel pharma si assiste a una loro progressiva diffusione a partire dal confezionamento secondario, quello in cui il prodotto, già racchiuso nel suo involucro, viene introdotto nelle confezioni e in cui le stesse vengono poi inserite in scatole con cui saranno spedite ai clienti

Pubblicato il 02 Lug 2020

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La definizione di Industry 4.0 varia da paese a paese e da istituzione a istituzione. Coniato per la prima volta nel 2012 dalla ACATECH (Accademia Nazionale della Scienza e della Tecnologia) tedesca, il concetto della quarta rivoluzione industriale è stato poi trasposto in diverse declinazioni. Alla base del concetto di Industria 4.0 ci sono però 9 tecnologie abilitanti che costituiscono la base su cui qualsiasi progetto 4.0 è costituito. Una di queste, anche a fronte della recente pandemia, sta acquisendo un maggiore risalto rispetto a quanto fatto in passato. Stiamo parlando degli autonomous robots. In questa categoria rientrano sia i cobot, i cosiddetti robot collaborativi, che gli autonomous mobile robot, a guida autonoma, in grado di spostarsi negli ambienti in modo indipendente e con rotte calcolate in funzione di specifici parametri definiti in fase di configurazione.

Il settore farmaceutico e biofarmaceutico è chiamato al rispetto di una serie di norme, definite good manufacturing practices, che sono state definite per assicurare la salute del paziente e la qualità del prodotto finale. Questo si traduce in una serie di vincoli aggiuntivi in termini di layout, di procedure e di standard di pulizia che le aziende che operano in questo settore devono costantemente soddisfare. Questi vincoli, hanno storicamente rallentato l’adozione di nuove tecnologie rispetto ad altri settori, anche se negli ultimi anni abbiamo assistito a una significativa riduzione di questo gap.

Il farmaceutico e le innovazioni tecnologiche

Per esemplificare questo scostamento temporale basta dare uno sguardo alle precedenti rivoluzioni industriali per notare come il settore farmaceutico sia sempre stato un follower delle innovazioni tecnologiche introdotte da questi momenti di forte discontinuità e innovazione. Se la prima rivoluzione industriale, quella che ha introdotto il vapore nei processi produttivi, è avvenuta intorno al 1700, si sono dovuti aspettare ben 100 anni per quella che è stata l’invenzione che ha sancito l’inizio dell’industria farmaceutica: quella della morfina nel 1804. Mentre la produzione di massa della seconda rivoluzione industriale vedeva diffondersi le catene di montaggio in tutto il mondo, nei primi 20 anni del ‘900, la produzione farmaceutica era ancora prevalentemente affidata ai farmacisti e non era neanche ancora industrializzata. La prima vera sincronizzazione tra farmaceutico e altre industry si è avuta con la terza rivoluzione industriale, avvenuta negli anni ’70 che ha visto solo uno shift di qualche anno tra l’adozione dei sistemi di controllo nelle altre industry e quella nel settore life sciences.

Di fatto la quarta rivoluzione industriale è forse la prima che si sta sviluppando in contemporanea nel mondo farmaceutico e biofarmaceutico rispetto a quello che sta avvenendo negli altri settori industriali, anche se ancora con qualche distinguo. Sebbene alcune tecnologie abilitanti, come big data e realtà virtuale e aumentata siano di fatto subito adottabili anche nel pharma, altre come i cobot hanno trovato qualche resistenza in più e stanno riacquisendo una certa attrattività grazie anche al Covid-19, che sta imponendo alle aziende di studiare processi produttivi in cui la presenza degli operatori è limitata e in cui gli assembramenti sono assolutamente da evitare.

Il primo vincolo è rappresentato dagli standard di pulizia e asetticità che devono essere rispettati in certi ambienti di produzione, con requisiti più stringenti in funzione della tipologia e del livello di esposizione del prodotto, che non permettono l’utilizzo di tutte i tipi di cobot nelle diverse fasi del processo.

Quanto e come i cobot possono aiutare le aziende farmaceutiche

Come prima cosa è utile dare una definizione di che cosa si intenda effettivamente per cobot o robot collaborativi. Seppur in alcuni casi simili, almeno esteticamente, ai robot che si vedono in tutte le linee produttive da svariati anni, i cobot sono dei robot che hanno una serie di accorgimenti di sicurezza che ne permettono l’utilizzo in ambienti in cui è presente anche l’uomo, senza bisogno di doverli segregare in aree specifiche non accessibili agli operatori. I cobot sono in grado di rilevare la presenza di persone che lavorano intorno a loro e di adeguare le loro attività di conseguenza, come ad esempio rallentando la velocità dei loro movimenti in funzione della prossimità degli operatori. Sono inoltre in grado di fermarsi nel momento in cui avvertono una resistenza nei loro movimenti che potrebbe essere derivata, ad esempio, dal contatto con una persona. Un robot certificato come cooperativo presenta quindi delle caratteristiche che ne garantiscono l’assoluta sicurezza e che gli permettono di collaborare effettivamente con gli operatori sulla linea.

Il mercato dei cobot è in forte crescita e già nel 2018 la domanda di robot collaborativi aveva superato quella dei robot tradizionali, con un incremento rispetto al 2017 di circa il 60%. Anche il trend previsto per il mercato, secondo quanto riportato da un report di Interact Analysis[1], nei prossimi sette anni ha un outlook estremamente positivo, con un CAGR medio del 35%.

Nel farmaceutico si sta assistendo a una progressiva diffusione dei cobot a partire dal confezionamento secondario, quello in cui il prodotto, già racchiuso nella sua confezione primaria (come ad esempio i blister per le compresse), viene introdotto nelle confezioni e in cui le stesse vengono poi inserite in scatole con cui saranno spedite ai clienti. Questo è il primo step naturale da cui partire per introdurre una tecnologia di questo tipo, considerando che il rischio di contaminazione del prodotto è molto limitato.

L’obiettivo principale dell’inserimento di uno o più cobot su una linea è prima di tutto quello di recuperare efficienza e di sollevare il personale da compiti meccanici e ripetitivi. In questo periodo è stato poi evidenziato un altro aspetto, tutt’altro che secondario. L’utilizzo dei cobot può infatti non solo contribuire in modo essenziale a un miglioramento delle performance, ma anche a un maggior rispetto dei protocolli anti-Covid, permettendo di ridurre il numero di operatori al lavoro in reparto e di evitare eventuali assembramenti.

I cobot possono essere programmati per effettuare un ampio range di attività, possono essere riposizionati, qualora necessario e sono montati direttamente sulla linea, permettendo di ottimizzare gli spazi. Diversi produttori di cobot hanno iniziato ad approntare modelli che sono in grado di lavorare in ambienti controllati e di portare avanti operazioni complesse come quelle di riempimento asettico. A questo proposito proprio i robot per il riempimento asettico sono stati inclusi nell’elenco delle tecnologie emergenti valutate dall’Emerging Technology Program[2] dell’FDA (l’ente che vigila sul mercato dei medicinali negli Stati Uniti, equivalente all’italiana AIFA) creato per promuovere, in collaborazione con le diverse aziende farmaceutiche, l’adozione di nuove tecnologie di produzione e testing dei medicinali. Una volta correttamente programmato, il cobot esegue in modo sistematico i task che gli sono stati assegnati, ripetendoli in modo identico e limitando così la possibilità di errore e quindi anche la generazione di deviazioni (divergenza tra il processo standard e l’effettivo output del processo attualmente in esecuzione). Oltre ad agire in modo diretto sull’efficienza del processo produttivo, i cobot possono quindi contribuire anche in modo indiretto alla riduzione dei tempi di rilascio attraverso proprio la minimizzazione del numero di deviazioni che l’azienda deve analizzare e risolvere prima di poter rilasciare il lotto sul mercato.

Gli autonomous mobile robot (AMR)

Un’altra interessante applicazione tecnologica è quella relativa agli autonomous mobile robot (AMR) utilizzati principalmente per la movimentazione di materiali all’interno del reparto di produzione. Il vantaggio di questa tipologia di modelli rispetto ai classici AVG è che non richiedono l’implementazione di alcun sistema di guida all’interno del reparto (quindi, ad esempio, nessuna banda magnetica installata a terra), non richiedono la creazione di corsie dedicate al passaggio dei robot perché sono certificati come collaborativi e quindi in grado di riconoscere ed evitare ostacoli (incluso il personale in sosta o transito) e possono compiere una serie di missioni in modo intelligente percorrendo la rotta più corta e ricalcolando dinamicamente il percorso qualora venissero individuati degli ostacoli o le condizioni ambientali fossero temporaneamente alterate (immaginiano un pallet temporaneamente stoccato in un corridoio).

Gli autonomous mobile robot sono in grado di lavorare in flotta scambiando in modo dinamico una serie di informazioni, quali la posizione e la velocità di tutti i robot presenti in reparto e la posizione di eventuali ostacoli, in modo da ottimizzare gli spostamenti di tutti. Possono essere utilizzati per l’esecuzione di missioni pre-programmate oppure possono essere richiamati presso una postazione direttamente da un operatore premendo un apposito pulsante.

Anche in questo caso la normativa vigente nel settore previene l’utilizzo di tutte le tipologie di autonomous robots presenti sul mercato, prediligendo modelli in grado di trasportare almeno un pallet. Questo risulta essere essenziale perché il dispensing delle materie prime viene sempre effettuato su pallet e deve essere sempre garantita la non commistione di materiali relativi a lotti diversi. Sebbene la movimentazione di un pallet sia più complessa e presenti delle criticità più importanti (come ad esempio il tempo di frenata a pieno carico) diversi fornitori hanno sviluppato o stanno sviluppando soluzioni di questo tipo, favorendo l’adozione di questa tecnologia anche nel farmaceutico.

L’implementazione di una soluzione che preveda la presenza di autonomous mobile robot permette da un lato di ridurre gli investimenti nella realizzazione (o nell’adattamento) dell’impianto non richiedendo né corsie dedicate, né l’installazione di infrastrutture specifiche e dall’altro permette di concentrare il personale sulle operazioni a valore aggiunto eliminando i tempi morti impiegati negli spostamenti.

Conclusioni

Anche se rappresentano delle tecnologie indubbiamente nuove per il settore, si sta sempre più evidenziando un interesse verso l’adozione di cobot e autonomous mobile robot. Efficienza, compliance e la possibilità di poter concentrare il personale su attività a valore aggiunto sono i driver principali che guideranno lo sviluppo di queste tecnologie nel prossimo futuro. Oltre a questo c’è poi da considerare che l’utilizzo dei robot collaborativi permette di avere una maggiore tracciabilità del processo e delle operazioni svolte nello stesso attraverso una tracciatura sistematica delle attività svolte da ciascun robot che vengono registrate, in modo diverso da modello a modello e da produttore a produttore, in DB dedicati e che possono essere richiamate in caso sia necessario investigare un problema o risalire a una root cause. La sensibilità di autorità come l’FDA all’adozione di nuove tecnologie è una testimonianza del fatto che anche gli enti regolatori sono ben disposti ad accettare questo tipo di innovazione tecnologica che oltre ad aumentare l’efficienza per l’azienda contribuisce a incrementare la sicurezza dei prodotti per i pazienti.

  1. https://www.interactanalysis.com/collaborative-robot-market/
  2. https://www.fda.gov/about-fda/center-drug-evaluation-and-research-cder/emerging-technology-program

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Davide Smaldone

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