Innovazione industriale

Ergonomia, come applicarla nell’innovazione industriale

Cosa indicano i concetti di usabilità e accettabilità e quale ruolo può avere, nel contesto industriale, lo psicologo-ergonomo nell’introduzione di sistemi in grado di migliorare l’interazione uomo-lavoro

Pubblicato il 14 Set 2020

Daniele Bonicatto

Ergonomo Junior in Adequat

Silvia Gilotta

ergonoma e founder di Adequat s.r.l.

dati salute

L’interesse per l’ergonomia negli anni è cresciuto all’interno dell’industria produttiva con l’obiettivo di migliorare la produzione in termini di qualità e quantità e anche di migliorare l’interazione uomo-lavoro, ottimizzando il carico di lavoro fisico e mentale. Questo processo di miglioramento è facilitato anche dalla massiccia introduzione di nuove tecnologie direttamente negli ambienti produttivi e si genera cosi un ecosistema in cui macchine, sistemi digitali e individui cooperano per ottenere i risultati attesi. In questo processo è importante il ruolo dell’ergonomo. Inoltre, anche il processo di produzione ha subito un’evoluzione: infatti non è più lineare, ma diventa sempre più iterativo con meccanismi di retroazione di informazione che consentono all’operatore di monitorare la produzione e apportare modifiche in qualsiasi momento.

Questo ambiente produttivo è complesso: macchine e individui lavorano insieme per generare prodotti e servizi e, proprio per questo, l’ergonomo trova un importante spazio d’inserimento in quanto può intervenire nelle varie fasi del processo agendo in maniera preventiva (progettazione) o correttiva (analisi AS IS) per migliorare le interazioni tra le persone e gli elementi del contesto produttivi che lo circondando.

Negli scenari attuali, sempre più dinamici e competitivi dal punto di vista della performance e del rendimento, le aziende, soprattutto quelle con processi di lavorazione manuali, devono anche affrontare il tema del controllo preventivo del carico di lavoro raggiungendo e mantenendo livelli di eccellenza operativa, in cui ogni dettaglio legato all’organizzazione del lavoro e alla sicurezza dei lavoratori è estremamente curato e monitorato. È necessario quindi individuare modi sempre più specifici, pertinenti ed efficaci per progettare il lavoro con l’obiettivo dell’efficienza produttiva, con riduzione di perdite, sprechi e inefficienze, rispettando contemporaneamente le indicazioni normative per abbattere al massimo i rischi per la salute del lavoratore.

Il ruolo dell’ergonomo nell’industria

L’ergonomo svolge un’attività fondamentale per il raggiungimento di questi obiettivi in quanto in grado di vedere le interazioni tra gli operatori e gli elementi del sistema di lavoro (attrezzatura, strumenti, spazio di lavoro e layout, compito, organizzazione del lavoro, etc.) e individuare i punti deboli per definire strategie di miglioramento e ottimizzazione.

Ideare e progettare una tecnologia, sia essa digitale e non, che deve essere inserita in un processo produttivo e utilizzata dalle persone durante le operazioni lavorative, rappresenta una situazione di massima attenzione per i decisori. Spesso infatti accade che gli investimenti anche ingenti in tecnologia all’avanguardia non siano sinonimo di successo del progetto innovativo stesso. Tempi lunghi di formazione e training, difficoltà nell’uso, aumento degli errori e conseguenti scarti, frustrazione delle persone, demotivazione e conseguente abbandono dell’artefatto, sono invece l’esito sgradito ma reale.

In questo scenario, ideare uno strumento, o innovare un processo, mettendo le persone al centro del processo di progettazione (approccio Human Centred) ossia rendendole partecipi delle decisioni attraverso la raccolta di istanze ed esigenze, e trasformando queste ultime in requisiti di progetto, può essere il modo per evitare la debacle. Progettare un artefatto (strumento, attrezzatura o interfaccia) pensato per le persone che lo useranno, che sia facile e intuitivo (usabile) può condurre all’accettazione dell’innovazione e del cambiamento (accettabilità) che comporta ed essere alla base del successo del progetto.

Lo Human Centred Design (unitamente al più recente e moderno Design Thinking) è il processo di progettazione centrato sugli esseri umani ed è il metodo di progettazione ergonomico per realizzare artefatti, oggetti, strumenti e tecnologie usabili ed accattabili.

Ergonomia: cos’è l’usabilità

L’usabilità viene definita della norma UNI EN ISO 9241-11 del 2018 come “Il grado in cui un prodotto può essere usato da specifici utilizzatori per raggiungere specifici obiettivi con efficacia, efficienza e soddisfazione in uno specifico contesto d’uso”. All’interno della norma vengono descritti gli aspetti in dettaglio:

  • Efficacia è il grado in cui un utente riesce a raggiungere l’obiettivo di un compito in modo accurato e completo.
  • Efficienza indica la quantità di risorse spese per il raggiungimento dell’obiettivo (risorse cognitive, fisiche, economiche, temporali);
  • Soddisfazione come libertà dal discomfort da parte utente, unito all’attitudine all’uso del prodotto e agli aspetti emozionali e fisiologici esperiti durante l’uso.

Analizzando la norma si evince come non sia possibile parlare di usabilità di un prodotto senza considerare il contesto in cui viene utilizzato. Per contesto d’uso si intende, infatti, l’insieme di utilizzatore, ambiente, compito e strumenti, nonché l’interazione tra gli stessi e con l’artefatto.

L’utente è la persona che interagisce con il sistema per il raggiungimento di un obiettivo definito. Il compito è l’insieme delle attività che l’utente svolge per raggiungere uno specifico obiettivo.

Le caratteristiche del compito si situano su assi differenti: frequenza, durata, richieste fisiche e cognitive, interruzioni, interdipendenza con altri compiti.

L’ambiente in cui l’utente opera deve essere considerato dal punto di vista fisico, spaziale, organizzativo e di sicurezza.

Negli strumenti rientrano tutte le attrezzature di cui fa uso l’utente per raggiungere l’obiettivo e l’interazione con esse. Il grado di comfort o di discomfort provato nell’utilizzo degli strumenti può pregiudicare il raggiungimento del risultato. Inoltre i dispositivi devono essere adatti all’ambiente in cui si opera al fine di non diventare un vincolo per l’operatore.

Per progettare con obiettivo l’usabilità bisogna tenere in conto tutti questi aspetti e le loro diverse combinazioni, definiti scenari, al fine di creare tecnologie di supporto alle persone nello svolgimento delle loro attività di lavoro previste dal compito.

Ne “La caffettiera del masochista” (1990), David Norman dando la sua immagine del costrutto di usabilità la definisce attraverso 5 assi:

  1. Learnability è definita come la facilità di apprendimento di uno specifico sistema. È data dal grado di facilità con cui una persona che si avvicina per la prima volta al sistema, possa essere in grado di utilizzarlo, attingendo dalla propria esperienza personale, senza possedere una conoscenza specifica dello stesso.
  2. Efficiency. Meno la persona deve sforzarsi per raggiungere lo scopo, utilizzando il sistema, maggiore è il suo grado di usabilità.
  3. Memorability. Facilità di memorizzazione. La procedura di utilizzo deve essere facilmente ricordabile.
  4. Capacità di evitare gli errori. Il sistema deve essere progettato in maniera tale da evitare gli errori o da permettere di recuperare velocemente e senza danni.
  5. Satisfaction. È definita come la soddisfazione soggettiva nell’uso. Un sistema usabile deve veicolare nell’individuo che lo utilizza emozioni positive e piacevoli.

Esistono diverse, anche se non molte, definizione di usabilità, ma tutte in comune hanno gli aspetti di utilità, efficacia, apprendibilità, flessibilità e corrispondenza al compito. Lo strumento “usabile” è, dunque, quello funzionale al raggiungimento dello scopo che l’utente si è prefissato, permettendo di evitare errori, di cui l’utente può facilmente comprenderne il funzionamento.

Ergonomia: cos’è l’accettabilità

Di accettabilità se ne è iniziato a parlare in termini di strumenti tecnologici con l’introduzione delle Information Technology (IT) nei contesti lavorativi d’ufficio. Il costrutto si poggia sul concetto secondo cui la propensione all’utilizzo e all’accettazione delle tecnologie, può essere sufficientemente spiegata, accuratamente predetta e controllata.

Ciò che entra in gioco nel momento in cui un individuo decide di adottare o meno un dispositivo tecnologico non risiede solamente nell’usabilità dello stesso (intendendo efficacia ed efficienza), ma riguarda ambiti diversi che ricadono nella sfera sia intrapersonale (interna, interiore, personale), sia in quella interpersonale, in relazione gli altri individui ed all’organizzazione, sia nelle caratteristiche della tecnologia stessa.

Gli elementi dell’accettabilità possono riguardare aspetti differenti tra cui: la politica (in quanto l’introduzione di una tecnologia dovrebbe tenere in conto i sentimenti e le opinioni di coloro che si trovano ad utilizzarlo), la praticità (le tecnologie dovrebbero essere introdotte tenendo in conto il contesto in cui vanno ad inserirsi e gli utenti che vanno ad utilizzarle), le abitudini culturali e sociali delle persone, l’utilità (riferita allo specifico contesto in cui l’individuo utilizza lo strumento) e l’economia (nel caso in cui si tratti l’individuo singolarmente, questa caratteristica è rappresentata dal prezzo; se, invece, ci si riferisce a una grande organizzazione, si può considerare anche un possibile cambiamento nel modello di business determinato dall’adozione di uno specifico strumento).

Si possono distinguere due tipi diversi di motivazione che possono portare all’adozione di uno strumento: motivazione estrinseca nel caso in cui ci si riferisca all’utilizzo di uno strumento ritenuto utile per il raggiungimento di scopi che fanno parte dell’attività (eg. migliorare la performance lavorativa); in caso contrario si può parlare di motivazione intrinseca, quando lo strumento viene utilizzato poiché l’individuo prova soddisfazione e appagamento dall’impiego dello stesso. La letteratura avvisa: solamente la motivazione di tipo intrinseca porta all’accettabilità di un dispositivo!

Dall’analisi degli studi condotti negli anni in varie parti del mondo, è evidente come le indagini si siano concentrate solamente in ambito software e non sull’Accettabilità di strumenti “fisici”. Ma ora più che mai è fondamentale chiedersi perché un dispositivo viene utilizzato oppure no, cosa può interferire con l’accettabilità e come progettare con la sicurezza che venga accettato ed usato.

Un caso pratico di ergonomia industriale nell’automotive

A partire dal 2016 FCA ha ipotizzato l’introduzione di dispositivi in ​​grado di supportare i lavoratori in alcune attività lavorative della linea di montaggio che prevedono impegno degli arti superiori con l’obiettivo di diminuire il carico

Le attività hanno avuto inizio con il test su un modello di esoscheletro passivo (che non sviluppa forza ma funge da supporto con azione meccanica) presente sul mercato. Si tratta di un dispositivo di peso ridotto e di contenute dimensioni.

Un aspetto interessante dell’intero progetto – che ha coinvolto molti ergonomi di diverse aree di competenza, ingegneri e progettisti – è l’importanza attribuita alla comprensione dell’interazione fisica e cognitiva. È stato richiesto l’intervento di ergonomi cognitivi per valutare l’usabilità dello strumento e la propensione all’uso da parte dei lavoratori.

Per allontanare l’ipotesi del rifiuto, l’azienda ha deciso di investire in una valutazione per capire fin da subito, se tali esoscheletri fossero percepiti come strumenti di supporto utili al lavoro, valutati facili e intuitivi e successivamente impiegati per le operazioni di montaggio.

Con questi obiettivi conoscitivi è stata avviata la valutazione dell’usabilità per indagare possibili criticità nell’uso di questa tecnologia, e dell’accettabilità per analizzare la propensione all’uso.

La sperimentazione messa in campo ha previsto diverse fasi, ciascuna indirizzata a un obiettivo specifico. In ciascuna di queste fasi di raccolta dati è stato centrale il coinvolgimento degli operatori target identificati tra quelli addetti alla produzione, ipoteticamente destinatari per tipo di attività.

Le fasi di raccolta dati e di test, che hanno visto un gran numero operatori coinvolti, sono state pensate per valutare l’efficacia operativa dello strumento attraverso alcuni compiti artificiali ed altri di simulazione.

  • Task sperimentali – attività ideate ad hoc in laboratorio per valutare l’efficacia dello strumento durante l’esecuzione di attività fittizie utili per la comprensione dell’interazione. 1) task di tenuta in presa statica senza e con esoscheletro; 2) task di movimentazione manuale senza e con esoscheletro; 3) task di precisione senza e con esoscheletro.
  • Task di simulazione di operazioni reali di linea per valutare l’interazione con lo strumento in situazioni di potenziale impego. 1) task di sigillatura sotto scocca senza e con esoscheletro; 2) task di montaggio guarnizione senza e con esoscheletro.
  • Task in linea assemblaggio. In questa fase, sono state analizzati reali task lavorativi, all’interno della linea di produzione (task fissaggio con fascette) per verificare l’efficacia e l’efficienza del dispositivo nel vero contesto in cui sarebbe stato impiegato.

L’obiettivo di questa fase di test è stato valutare l’efficacia dell’esoscheletro nel supportare l’operatore nell’esecuzione dei diversi task, l’efficienza raggiunta, attraverso il confronto tra la durata del task, la qualità di esecuzione e la forza applicata con e senza l’ausilio del dispositivo. Gli strumenti di raccolta dati impiegati sono stati: una scala di valutazione per la descrizione della forza impiegata, la misura dei tempi, l’osservazione, le interviste e i questionari di usabilità e accettabilità. A valle di questa e una seconda campagna di test, hanno avuto luogo dei focus group, interviste di gruppo guidati, a cui hanno partecipato gli operatori delle fasi precedenti.

Alcuni dettagli sugli strumenti impiegati dall’ergonomo cognitivo incaricato di valutare usabilità e accettabilità:

  • Interviste e osservazione. Durante l’esecuzione dei task sono stati raccolti dati osservativi attraverso una griglia di osservazione pre definita ad hoc per annotare gli aspetti e le istanze interessanti; a valle dei task ciascun partecipante è stato invitato a rispondere ad alcune domande descrittive predefinite relative all’esperienza di interazione appena effettuata.
  • Questionario usabilità. Per capire se il dispositivo oggetto di studio fosse usabile (efficace, efficiente e soddisfacente) , oltre all’osservazione diretta degli utenti, la raccolta dei dati di performance e sulla descrizione della forza, è stato realizzato un questionario ad hoc con alcune metriche di usabilità reperite in letteratura e sono stati costruiti 22 item (frasi/affermazioni) per ciascuna delle quali viene chiesto al partecipante di rispondere indicando il grado di accordo attraverso una scala a 7 punti (0 per nulla d’accordo. 7 totalmente in accordo)
  • Questionario accettabilità (Technology Acceptance Model). Come già accennato in precedenza, quando si parla di accettabilità, ciò che entra in gioco quando un individuo decide se utilizzare o no un dispositivo tecnologico risiede non solo nell’usabilità del dispositivo, ma riguarda differenti ambiti che rientrano nella sfera intrapersonale, nella sfera interpersonale. Per indagare il costrutto di accettabilità, invece, si è deciso di adottare il Technology Acceptance Model 2 (TAM2). Il modello proposto non limita il focus sull’utilità percepita e sulla facilità d’uso (come nel modello precedente), ma cerca di ampliare la visione, introducendone diversi elementi, come le norme soggettive, volontarietà d’uso, la rilevanza per il lavoro, qualità dell’output e altri aspetti. Anche in questo caso si tratta di frasi per le quali è richiesto di esprimere il grado d’accordo con una scala da 1 a 7.
  • Focus Group. Dopo le due fasi di test in laboratorio sono stati condotti dei focus group finalizzati per ottenere ulteriori dati questa volta di sintesi e come avvio per le fasi successive di sviluppo. Nei focus group il moderatore, l’ergonomo che ha condotto la sessione, ha invitato e guidato i lavoratori a discutere sull’uso dell’esoscheletro, con focus sugli aspetti positivi e negativi in relazione al loro specifico contesto di lavoro, con l’obiettivo di definire le caratteristiche ideali che il dispositivo avrebbe dovuto avere.

L’analisi dei dati raccolti mostra che lo strumento è considerato utile per le attività target. Inoltre, è considerato efficace per gli arti superiori e per il compito. Il questionario sulle metriche di usabilità ha messo in evidenza che l’esoscheletro è stato giudicato efficace, intuitivo, semplice e flessibile in quanto in grado di adattarsi a individui, compiti e contesti. Le caratteristiche del dispositivo attivano sensazioni positive nei soggetti che attribuiscono punteggi elevati alla prevedibilità dello strumento, aumentando la sensazione di sicurezza, fiducia e affidabilità nei suoi confronti.

L’interazione con il compito è stata invece considerata critica, in quanto il dispositivo è stato giudicato ingombrante, e in alcuni casi fastidioso. Nonostante questo, gli operatori coinvolti lo ritengono migliorabile ed è utilizzabile.

In merito all’accettabilità, è emerso che l’uso di tale dispositivo dovrebbe essere volontario a prescindere dall’utilità e dalla facilità d’uso.

Il costrutto di accettabilità può quindi essere considerato più ricco ma critico del costrutto di usabilità. Il fatto che una tecnologia venga valutata come utilizzabile non è sufficiente per avere la certezza che verrà successivamente utilizzata, poiché l’introduzione di una nuova porta all’attivazione di aspetti più ampli rispetto alla semplice interazione uomo-artefatto, ma si sposta a livelli più alti legati alla cultura e al clima organizzativo.

Il ruolo dello psicologo ergonomo nell’industria

L’intero processo di valutazione, attraverso la raccolta dati sul campo, l’organizzazione e l’analisi degli stessi è stata effettuata, sebbene all’interno di un team di ricerca, da un ergonomo cognitivo con formazione psicologica (la sottoscritta). Perché? Qual è il contributo specifico di questa figura professionale in un progetto di innovazione e di inserimento di una nuova tecnologia?

La psicologia cognitiva si occupa di come le persone percepiscono ed elaborano le informazioni per prendere decisioni e muoversi nel mondo (HIP Human Information Processing). Si occupa di studiare le caratteristiche delle risorse cognitive tra cui attenzione e memoria (alcuni tipi) e di come funzionano i processi tra cui la percezione, il riconoscimento, l’apprendimento etc. che insieme concorrono a spiegare l’impegno cognitivo sviluppato durante un’operazione o attività. Lo psicologo cognitivo conosce le teorie di riferimento (e si aggiorna sempre), i metodi con cui queste conoscenza sono state conseguite e gli strumenti adatti (a partire dall’osservazione) per studiare ciascuno di questi aspetti.

L’ergonomia “è la disciplina scientifica relativa alla comprensione delle interazioni tra gli esseri umani e gli altri elementi del sistema” (IEA International Ergonomics Association). Si tratta di una disciplina applicativa che si avvale della conoscenza teorica e metodologica di alcune scienze (medicina, biomeccanica, psicologia, biologia, etc.) e le applica all’analisi e progettazione delle interazioni. Ha come oggetto di studio ed intervento le interazioni.

L’uomo interagisce con il mondo fisicamente (usando il corpo per agire, muoversi, lavorare, etc.) e cognitivamente attivando i processi mentali per conoscere e riconoscere gli stimoli che provengono dal mondo e per attivare decisioni ed azioni. Serve dunque un ergonomo cognitivo (con background in psicologia) per analizzare e progettare interazioni adeguate al sistema cognitivo/operativo dell’essere umano in relazione al suo contesto operativo.

Serve perché è in grado di analizzare la domanda conoscitiva e l’obiettivo progettuale in relazione ai diversi attori (decisori e operatori in estrema sintesi) ed è in grado di rappresentare l’immagine mentale di ciascuno in merito al progetto e di metterle in comunicazione, facendo dialogare così le esigenze di business, di efficienza con le istanze ed esigenze degli operatori.

Serve perché è in grado di definire e predisporre gli strumenti descrittivi ed interpretativi delle interazioni nel contesto specifico, per identificare punti di forza e debolezza ed immaginare le giuste soluzioni progettuali. Serve perché è in grado di costruirli se ancora non esistono in letteratura.

Serve perché l’ergonomo ha un approccio scientifico alla progettazione: lo Human Centred Design, processo iterativo che procede per step evolutivi in base ai dati che vengono raccolti con le persone nei contesti specifici con approccio induttivo.

Serve perché nell’epoca delle HMI (Human Machine Interface) conosce bene le componenti “human” e “interface” ed è appassionato della componente “machine”.

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Ergonomo Junior in Adequat

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