Service transformation

Servitizzazione: all’ASAP Forum parlano i casi concreti

Le esperienze di Biesse Group, Salesforce, Claind, Servitly, l’utilizzo della blockchain con NPO Sistemi, i servizi innovativi di ServiceMax e le prospettive per la service transformation nell’analisi di Nicola Saccani

Pubblicato il 11 Dic 2019

ASAP Forum 2019 apertura

Quali strade percorrere per arrivare alla servitizzazione? Quali suggerimenti, indicazioni, buone pratiche seguire e con quale approccio affrontare questo percorso per garantire alla propria azienda nuove forme di competitività? L’edizione 2019 dell’ASAP Forum ha voluto dedicare una importante sessione alle testimonianze e alle esperienze delle aziende che hanno fornito un quadro sia delle prospettive di business, sia dell’utilizzo delle tecnologie.

Il primo passaggio: Dai prodotti connessi ai clienti connessi

Industry4Business, media partner del convegno, ha dedicato un servizio ai temi del passaggio dal prodotto intelligente e connesso al valore di un nuovo rapporto con i clienti che “vivono” le prospettive della “connettività”. Accanto alla lettura delle esperienze delle aziende suggeriamo la lettura del report: Dai prodotti connessi ai clienti connessi: la servitization apre a nuovi modelli di business

Tecnologie più accessibili, ma focus sui modelli di business nel passaggio dal prodotto al servizio

Nicola Saccani, RISE Lab Università di Brescia

Pur avendo una prospettiva concentrata prevalentemente sul business e sui servizi, ASAP SMF ha sempre lavorato anche sul tema delle tecnologie abilitanti. In passato si parlava soprattutto di come il digitale potesse supportare i servizi post-vendita, ma già nel 2012 si è dedicato un convegno a Firenze per capire come la tecnologia potesse essere in grado di cambiare il service.

Il messaggio forte oggi è legato alla consapevolezza che le tecnologie sono diventate più mature e accessibili. Oggi è più “facile” avere a disposizione e a costi minori rispetto al passato strumenti di Augmented o Mixed Reality, soluzioni di intelligenza artificiale, applicazioni basate su Blockchain con smart contracts, o più in generale app a livello industriale. Ci sono tecnologie mature e consolidate come Internet, come l’IoT, come il mobile internet che possono essere sfruttate ampiamente per i progetti di servitization. C’è poi un’evoluzione tecnologica rapida che ci mette a disposizione tecnologie all’avanguardia sempre più pronte all’utilizzo.

Allo stesso tempo anche i processi di innovazione legati alla servitization hanno vissuto un processo di consolidamento e maturazione. Molte aziende hanno capito che questo processo si sviluppa partendo in verticale, dai servizi base, come l’installazione del prodotto, come le manutenzioni reattive verso servizi intermedi che facilitano il controllo del funzionamento stesso del prodotto, per arrivare a servizi avanzati che incidono sempre più sulla catena del valore del cliente, come ad esempio a livello di consulenza, per arrivare poi allo sviluppo di modelli di business in modalità pay per use. Le tecnologie sono fondamentalmente sempre più un abilitatore e al contempo, un acceleratore di questi processi di evoluzione.

Il ruolo di IoT, Cloud, predictive analytics

Così si sono iniziati a studiare i meccanismi tramite i quali le tecnologie abilitano questo percorso, come il legame tra IoT, Cloud e predictive analytics che consente una serie di micro-funzionalità, con la corretta identificazione di un soggetto magari anche tramite riconoscimento vocale, visivo, o tramite geolocalizzazione, per misurare ad esempio l’intensità di utilizzo di un prodotto. Le tecnologie abilitano una serie di nuove opportunità di conoscenza collegate alle funzionalità associate ai dati che l’utilizzo di un bene genera e che abilitano nuovi servizi e nuovi livelli di intelligenza sullo smart object. L’altro aspetto è poi quello della consapevolezza. Questi meccanismi iniziano ad essere divulgati presso il mondo aziendale e il potenziale pratico delle nuove soluzioni tecnologiche a beneficio dei servizi è sempre più evidente.

Occorre però fare attenzione: la tecnologia è e resta il mezzo e non il fine. Xerox nel 1959 iniziò a proporre il modello del pay per page, che come è ben noto è poi diventato un concetto ben radicato nel mondo del printing. Il tutto è nato quando ancora non c’era Internet, tuttavia erano riusciti a sviluppare un modello che applicava il pay per use, con la stampa delle pagine pagate a copia. In altre parole, anche se si hanno tutte le tecnologie allo stato dell’arte si possono realizzare tante forme di innovazione, ma serve una chiara visione e una direttiva strategica: occorre aver ben chiaro dove si vuole andare, quali sono gli obiettivi, e sulla base di questi costruire le value proposition, altrimenti la tecnologia rischia di diventare solo un budget. È fondamentale che questa trasformazione possa contare su un forte commitment del top management e su un altrettanto forte spirito di squadra. Una delle basi della servitizzazione è nell’interdisciplinarietà e nella multidisciplinarietà dei progetti e dei processi, è fondamentale lavorare in team integrando sia competenze diverse sia la ricchezza di dati che arrivano dall’interno dell’azienda, dai diversi sistemi, dai prodotti, dal mondo esterno.

Il passaggio chiave delle competenze

In questo senso occorre lavorare sicuramente sulle competenze: i dati sono certamente il nuovo petrolio, ma è necessario saper scavare e trovare il valore e servono skill adeguati. Servono data scientist, ma anche nuove competenze trasversali, con la lettura delle prospettive orientate alla comprensione dei bisogni del cliente in primis. Il lavoro sulle esigenze del cliente, su come utilizza gli asset, sul suo rapporto con i prodotti e con l’ambiente sono forme di conoscenza che permettono poi di dare il massimo valore al cliente stesso riportando il massimo valore poi all’azienda. Per fare questo è necessario reingegnerizzare i processi aziendali, affinché questa integrazione si tramuti in un’execution di servizi che sia nello stesso tempo efficace ed efficiente.

ASAP contribuisce a superare queste sfide attraverso la community e attraverso le attività di focus group in cui si analizzano e confrontano dati ed esperienze delle aziende della community, si facilitano momenti di interazione e co-creazione legati allo sviluppo e co-sviluppo di idee per dare contributi concreti e per disporre di esperienze da condividere. ASAP propone servizi di coaching e formazione legati alla digitalizzazione e servitization come il Service Transformation Lab per creare sensibilizzazione su questi temi, per integrare diverse funzioni aziendali e permettere di lavorare assieme su progetti concreti in corso.

Salesforce: l’evoluzione digitale dei processi di field service. Il caso Biesse

Michele Federici, Senior Strategic Account Manager Service & Field Service, Salesforce

L’evoluzione tecnologica sta portando un cambiamento significativo nel paradigma di gestione dei servizi sul campo o field services e sta permettendo alle imprese di cambiare radicalmente i propri processi e raggiungere nuovi importanti risultati.

Le innovazioni tecnologiche impongono però di adottare uno shift in termini di modello culturale. Non siamo di fronte a semplici attività di installazione e manutenzione, bensì stiamo affrontando un cambiamento verso un modello evolutivo guidato da clienti che sono abituati a utilizzare servizi, come nel caso di Uber, di Amazon, e che sono allenati a relazionarsi con un crescente orientamento culturale al servizio. In molti casi, pur essendo importantissimo, il prodotto è dato per scontato, l’attenzione cade naturalmente e chiaramente sul servizio che diventa più rilevante del prodotto stesso.

Come cambia la generazione di valore

Ma cosa vuol dire gestire una nuova linea di ricavo? Come cambia il modello di valore? Gli asset principali secondo cui il service cambia i processi di business interni ed esterni all’azienda arrivano dall’esperienza delle persone sul campo e dalle interazioni con i clienti che evolvono e che con la loro evoluzione “parlano” di nuovi bisogni. Ma occorre prima di tutto capitalizzare che il paradigma è anche nel passaggio da disconnesso a connesso, che può voler dire anche, da sconosciuto a conosciuto. Si tratta di un cambiamento guidato dalle informazioni che si sostanziano in una domanda di maggiore intelligenza all’interno dei processi aziendali, di insight precisi, di maggiore conoscenza durante l’interazione on field e di connettere, in modalità end-to-end, tutte le esperienze che i clienti stanno conducendo. Il concetto alla base di tutto è che le esperienze devono sostanzialmente essere connesse.

Nella realtà dei progetti il field worker che si trova di fronte al cliente deve avere evidenza di tutti gli elementi informativi legati all’azione che deve svolgere, ma anche di tutto ciò che sta in azienda. Siamo di fronte a un paradigma unico culturale, e grazie alla Salesforce Customer 360, tutte le informazioni e tutti i dati sono concepiti per ruotare attorno al cliente con gli elementi informativi condivisi lungo le fasi del pre-vendita, della vendita e del post-vendita.

Come si arriva alla field service intelligence

Occorre poi porre l’attenzione sul tipo di intelligenza che si può incorporare in un processo di service aziendale. Abbiamo in questo caso vari livelli che guardano alle possibilità di organizzazione, di chiarificazione e di semplificazione. L’innovazione permette di modificare l’esperienza del lavoratore sul campo attraverso la centralizzazione della sua esperienza; offre la possibilità di integrare automaticamente qualunque tipo di dato che origina da sensoristiche di bordo macchina e permette di dare evidenza diretta al tecnico on site di ciò che serve per gestire in maniera automatica tutte le fasi: dalla raccolta del dato alla trasformazione del dato in azione, in informazione per il cliente e per il customer service in back office. Tutto questo permette di condurci alla field service intelligence.

Quando ci spostiamo sul territorio, occorre affrontare anche una serie di tematiche come ad esempio l’invecchiamento della forza lavoro, l’innovazione dei prodotti, l’allineamento delle competenze. E’ necessario mantenere un aggiornamento costante con le innovazioni che il mercato richiede, servono strumenti che facilitano il lavoro, come il video sharing, la realtà aumentata e altri elementi che rendono l’esperienza del tecnico più efficace e in costante aggiornamento.

Gli strumenti di interazione con il cliente

Serve poi un focus speciale sul cliente. Grazie alla servitizzazione è possibile fornire al cliente una serie di elementi per poter interagire in modo innovativo e come meglio preferisce. E’ possibile utilizzare strumenti in mobilità per colloquiare, per prenotare visite, per avere accesso a dati e statistiche, per l’analisi e il funzionamento delle macchine, per i service report o anche per i video service report che permettono di visualizzare l’attività del tecnico on site. Si può disporre di soluzioni che permettono al tecnico di limitarsi a “parlare”, perché un algoritmo speech to text è in grado di compilare il service report per lui. Queste soluzioni sono in grado di cambiare e migliorare radicalmente l’esperienza del cliente.

Il percorso di servitizzazione in Biesse Group

Alessandro De Gregorio, Head of Service Division Biesse Group

Biesse Group è un’azienda di Pesaro che nasce nel 1969, progetta, produce e commercializza una gamma completa di tecnologie e soluzioni per l’industria del mobile, del serramento e dei componenti in legno per l’edilizia e per il mondo degli artigiani. Da qualche anno è attiva anche nelle macchine per la lavorazione della plastica.

L’azienda opera sul mercato con quattro marchi collegati alla tipologia di lavorazione e in funzione dei materiali: legno, vetro, plastica e marmo. Lo scenario di mercato è molto ampio e Biesse Group mette a disposizione soluzioni che vanno dalla produzione di prodotti come le sedie a prodotti più complessi per la costruzione di immobili. Si tratta di una realtà che conta su 12 siti produttivi presenti soprattutto in Italia con 4000 persone. Dal 2018 circa un migliaio lavora con la piattaforma Salesforce con un modello progettato per creare un circolo virtuoso interno che mette in diretta relazione l’attenzione del cliente sia lato vendita che lato servizio.

Il progetto dedicato ai servizi ha richiesto prima di tutto una importante fase di assessment e design dei processi che sono state realizzate con Salesforce partendo da una situazione “base” in cui i prodotti erano realizzati da macchine meccaniche a controllo numerico con tecnici che si relazionavano con il cliente e gli consegnavano report cartacei. In quello scenario si sono identificate diverse variabili, sia legate alle necessità dei clienti sia collegate alle varie realtà territoriali “non si operava nello stesso modo”. Nel ridisegno del processo sono stati definiti dei modelli e degli standard a livello di servizi con un approccio innovativo che fosse in grado di rispondere alle esigenze che si presentavano nei vari paesi.

Il ruolo dell’IoT e dei prodotti connessi

Si è gestito il passaggio da una situazione in cui arrivava la segnalazione di un cliente in merito a un problema di funzionamento di una macchina a una situazione in cui, grazie alla digitalizzazione, la segnalazione legata al guasto arriva direttamente dalle macchine tramite l’IoT e tramite messaggi email già codificati. Giungono così informazioni strutturate con dati sul cliente, sull’asset, sul contatto e sulla base di queste informazioni parte un’interazione diretta lato call center con il cliente stesso. Questo permette di andare subito alla fase di analisi relativa alla macchina aumentando l’efficacia e l’efficienza dell’intervento.

Su questo disegno è stato validato un nuovo modello e si è poi partiti con una sequenza di roll out con la diffusione del modello e dell’applicazione prima in Italia e poi in altri paesi. È nato un viaggio importante per mappare le differenze territoriali nel rapporto con i clienti, incontrando persone che erogavano il servizio in modo diverso e comprendere la cultura progettuale specifica di ogni realtà per costruire un percorso comune. L’approccio scelto partiva da un primo contatto in cui si è mostrata l’applicazione, si sono raccolti i requisiti, si è effettuato uno user acceptance test e poi si è lavorato a livello di training, per arrivare al go live.

Dalla “compilazione di un report” alla produzione di conoscenza

L’interazione nata con questo progetto ha fatto crescere una maggiore cultura e una maggior conoscenza della digitalizzazione e ci ha portati a progettare una fase di continuous improvement con una fortissima valenza all’automazione di processo.

Si può dire che questo è un vero e proprio percorso di change management, di crescita culturale dal punto di vista di un rapporto nuovo con i clienti. Un cambiamento che può essere schematizzato nel passaggio da un approccio che vedeva il tecnico muoversi sul campo per “compilare un report”, a un approccio in cui si relaziona con il cliente per produrre conoscenza.

Gli strumenti della tecnologia permettono oggi questa evoluzione: dall’applicazione che vede le informazioni relative alla storia della macchina con tutti gli interventi precedenti alla knowledge base che vede i documenti che fanno riferimento al problema della macchina stessa e che consentono una diagnosi e una soluzione accurata del problema.

Servitizazion come change management

Quando si realizza un progetto di questa portata si affronta anche un change management, c’è anche un tema di fiducia e la consapevolezza di avere una struttura con tutti i dati e gli strumenti per lavorare correttamente alla risoluzione del problema, è un fattore di confidenza molto importante che aumenta il livello di relazione con il cliente. Così come anche il fatto di avere una visione condivisa dell’andamento della richiesta del cliente, è un altro elemento di valore aggiunto dell’organizzazione. Senza questa condivisione, le aziende rischiano di lavorare a compartimenti stagni. Oggi abbiamo una forte condivisione nel team service della richiesta del cliente e di come viene gestita.

Sulla base di questa progettualità sono poi stati realizzati servizi che si basano sulla connessione e sulla manutenzione predittiva e si sta avvicinando la cultura del field a quella del cliente, creando un ponte che permette di integrare queste due culture con una serie di vantaggi per l’azienda e per il cliente.

Cosa può fare la Blockchain per la Servitizzazione

Francesco Gallo, Innovation & Strategy Director Npo Sistemi

Npo Sistemi è stata fondata più di 30 anni fa, dal 2015 fa parte di Ricoh, azienda che ha il proprio core business nel printing con un forte focus sulla servitizzazione da oltre 10 anni e anche per questo è un ambiente molto fertile per approfondire tematiche legate all’utilizzo della blockchain per la gestione di servizi.

La blockchain è stata definita da alcuni osservatori come la più grande invenzione dopo Internet e tra il 2016 e il 2019 ha mosso investimenti complessivi per diversi miliardi di dollari con un forte trend di crescita nel tempo. La blockchain promette di essere una sorta di game changer anche per le possibilità di innovare le modalità per scambiare valore tra aziende e tra soggetti.

Occorre poi portare l’attenzione sul fatto che la blockchain abilita nuovi modelli di business. Se Internet viene usata per scambiare informazioni con cui poi vengono realizzati servizi, la natura degli “scambi” sulla blockchain è diversa e infatti si parla di Internet of Value poiché ciò che viene scambiato attiene ad asset di valore. Siamo poi davanti a una rete che permette di superare l’esigenza di una mediazione e consente di attuare transazioni senza bisogno di un soggetto che controlli o verifichi i passaggi. Si può focalizzare l’attenzione su dove è necessario scambiare valore.

Da modelli centralizzati e modelli distribuiti

E con questo si arriva a un cambiamento di paradigma: da modelli centralizzati si passa a modelli decentralizzati e disintermediati. La tracciabilità è uno dei principali vantaggi della blockchain che permette di ricondurre le transazioni ad un unico soggetto, unitamente alla trasparenza, alla programmabilità e alla immutabilità che rappresentano le altre caratteristiche su cui si stanno costruendo nuovi modelli di business. Relativamente alla programmabilità, la blockchain permette di supportare gli smart contract, ovvero una specifica rappresentazione in formato digitale di un contratto, che viene eseguito da tutti i nodi che costituiscono la blockchain. Tra i vantaggi di questo tipo di servizi ci sta il fatto che nel momento in cui le singole regole del contratto vengono eseguite da tutti, è possibile avere la certezza della validità di una transazione gestita in automatico.

Che cos’è Scan2Blockchain

In questo contesto si colloca Scan2Blockchain, un progetto pensato per utilizzare la blockchain in un contesto complesso dove è necessario creare valore per i clienti. Nello specifico si è pensato a questa soluzione per “estendere” il funzionamento delle tecnologie già presenti e per creare nuovi servizi da portare sul mercato.  Scan2Blockchain si configura come una funzione inserita all’interno dello smart operation panel che permette di scansionare un documento e utilizzare la caratteristica di immutabilità della blockchain per rappresentare il documento nella forma di hash e per aggiungere la caratteristica di data certification. Con questa funzionalità si può registrare il documento sulla blockchain e ottenere la data certification che prima si otteneva con una serie di passaggi manuali come poteva essere la registrazione del documento con un timbro fisico. Si tratta di un servizio che può velocizzare e semplificare molte operazioni nell’ambito degli studi legali.

Verso la Notarization of Receips

C’è poi la funzionalità di Notarization of Receips o notarizzazione delle ricevute di acquisto, degli scontrini che può a sua volta semplificare attività correnti. Pensiamo semplicemente ai documenti che associano la garanzia di un prodotto alla validità della prova di acquisto stampata su carta termica. Si tratta di documenti cartacei sottoposti a un veloce degrado (la carta termica spesso dopo pochi mesi sbiadisce, rischia di diventare illeggibile ed emergono difficoltà nel provare la validità della data di acquisto per far valere la garanzia). In questi casi viene in aiuto la Notarization of Receips, i punti vendita sono già dotati di scontrino elettronico e possono notarizzare le informazioni dello scontrino con un inserimento automatico nella blockchain grazie a un portale di servizi che permette poi anche di rafforzare il rapporto tra esercente e acquirente con eventuali servizi aggiuntivi come l’estensione di garanzia, la fornitura di servizi di installazione, manutenzione ecc.

La blockchain permette di mettere a disposizione l’elemento della trasparenza e della programmabilità in contesti di fiducia reciproca tra gli attori che partecipano all’ecosistema. Scan2Blockchain non è solo un esercizio tecnologico, ma rappresenta una tecnologia che abilita nuovi modelli di business che trovano le loro basi sulla logica dell’ecosistema.

Verso l’Equipment-as-a service e dal prodotto connesso al Pay-x-use

Stefano Butti, Amministratore Delegato Servitly

“Come Servitly siamo dei fanatici del software as a service. Il nostro mantra è che ogni riga di codice che scriviamo deve arrivare ad esecuzione ai nostri clienti entro massimo 2 settimane e dobbiamo garantire l’up-time del servizio e del software. Ma siamo anche fanatici di IoT e non meno importante siamo “fanatici” di servitization.”

E la sintesi di questa passione e di questa focalizzazione non poteva che esssre una value proposition basata su un software as a service che fa leva sull’IoT per la servitization.

Partire dal bisogno per arrivare alla tecnologia

L’altro grande mantra di Servitly è quello che si deve partire dal bisogno per arrivare alla tecnologia e il tema è che se un’azienda manifatturiera intende affrontare questo percorso sicuramente ha bisogno di un software adeguato. Ma è opportuno vedere i passaggi di questo percorso: il field service management, il prodotto connesso, la dimensione software del digital service, per certi aspetti la copia digitale del prodotto, che rappresenta la spina dorsale del sistema. Su queste basi si realizzano i servizi di back office e di front office. Il cambiamento si concretizza poi nel momento in cui il servizio si trasforma da costo a valore ed ecco che si afferma la necessità di trasferire questo valore al cliente con una value proposition adeguata e innovativa.

Il software per la servitization viene impiegato in varie fasi: dalla gestione del prodotto connesso, alla delivery della value proposition per arrivare alla implementazione di contratti di servizio avanzati. Si tratta di una filiera del valore che tiene conto della grande peculiarità del mondo manifatturiero: ovvero dell’intermediazione. La manifattura presenta infatti una catena del valore che passa attraverso fornitori, distributori, dealer ecc. e il tema del front office riguarda poi il cliente finale ma impatta evidentemente anche sulla parte di service e di value chain.

A fronte di queste prospettive un’azienda si pone davanti a una scelta molto importante: costruire lo stack tecnologico in casa, oppure usare una soluzione as a service. Il software Servitly risponde alla domanda sempre più diffusa di soluzioni as a service e consente di affrontare scenari anche molto diversi dalla gestione ad esempio di forni per rosticcerie o panetterie, alle vending machine, dai sistemi di riscaldamento ai sistemi per il packaging.

Servitization goes digital, i protagonisti: Nicola Saccani, Michele Federici, Alessandro De Gregorio, Francesco Gallo, Coen Jeukens, Giovanni Cogotzi, Stefano Butti
Nicola Saccani, Michele Federici, Alessandro De Gregorio, Francesco Gallo, Coen Jeukens, Giovanni Cogotzi, Stefano Butti

Il caso e l’esperienza di Claind

Giovanni Cogotzi, Amministratore Delegato Claind

Claind è una società che progetta e vende generatori di gas tecnici, in particolare azoto e idrogeno. L’azienda conta su circa 40 dipendenti e ha un portfolio di 40 modelli di generatori di gas che vengono venduti a diversi settori di industria in 30 paesi nel mondo. Si tratta di una “piccola” multinazionale con una forte propensione all’export considerando che realizza all’estero il 70% del proprio fatturato. Claind è POI un’azienda di prodotto con un business model tradizionale e ad oggi il 90% del fatturato è costituito dalla vendita di apparati. Il 10% del fatturato arriva in particolare dal service in Italia e Francia.

Su questo progetto l’azienda è partita dalla convinzione che il service rappresenta un trend molto importante con grosse prospettive di crescita. L’idea che sta alla base del nuovo progetto è basata sull’adozione di soluzioni IoT e sulla convinzione di dare vita a un progetto da sviluppare in chiave di opportunità di business e per questo è partita da un una idea di evoluzione del business model. Il modello di business attuale attiene alla produzione e alla vendita di prodotti, e su questo si è costruita una road map che ha visto come primo passo la connessione dei prodotti, la ri-progettazione dell’elettronica di bordo in modo tale che potesse scambiare dati con la rete e l’adozione della piattaforma Servitly con la creazione di un portale che viene messo a disposizione del cliente e del service Claind4You. L’idea tecnologica di base attiene alla connessione del prodotto, ma con i dati e le informazioni a disposizione ci si è resi conto che in realtà il cliente è relativamente poco interessato a effettuare controlli sui dati dell’apparecchio a distanza ai report, alle notifiche di allarme, alla diagnostica e al supporto remoto. Sono tutti servizi chiave e fondamentali ma il vero interesse del cliente è che la macchina funzioni bene e che se si presenta un problema questo sia individuato e risolto rapidamente. Da qui la scelta di puntare sul supporto da remoto e sulla vendita di servizi smart: ovvero sull’utilizzo della tecnologia per fornire servizi migliori, più efficienti ed efficaci per i clienti. Su queste basi è nato un percorso congiunto e integrato a quattro mani con il provider di tecnologia e lo sviluppo e la implementazione di questo nuovo modello.

Le tappe della roadmap di servitization

Stefano Butti

Il punto di partenza progettuale risiede in un assessment congiunto per definire il business model canvas e per capire quali funzioni abilitare in relazione della value proposition. Sempre in maniera congiunta si definiscono poi i contenuti del servizio e si arriva alla parte tecnologica. C’è poi un importante tema rappresentato dalla parte finanziaria particolarmente rilevante per le PMI e per il product as a service. Il passaggio dalla vendita di prodotti alla loro trasformazione in servizi necessita dell’appoggio di un partner finanziario per sostenere una evoluzione del business che richiede tempo. In questo il software può aiutare con cruscotti a servizio anche di una lettura “finanziaria” del progetto e per un controllo costante del valore dell’asset. In questo scenario si colloca poi anche l’evoluzione dalla vendita tradizionale di prodotti all’offerta di pacchetti di servizi a canone variabile di tipo pay per use con una serie di vantaggi rilevanti in termini di:

  • flessibilità di upgrade e downgrade delle soluzioni
  • riduzione sostanziale del total cost of ownership per il cliente
  • maggiore sostenibilità ambientale grazie all’allungamento della vita utile degli apparecchi

 

Giovanni Cogotzi

Con questa prospettiva si attiva un nuovo modello di business dove la parte finanziaria è fondamentale. Un’azienda di prodotto tipicamente gestisce un cash flow e un circolante orientato ad acquistare, produrre e vendere. Nel momento in cui si passa alla sola vendita di servizi le cose cambiano, occorre strutturarsi per adeguare l’organizzazione finanziaria a questo tipo di business.

Il pay per use è uno step ulteriore, permette di concentrare tutto il business sul servizio e non più sul prodotto e il fatturato dipenderà dall’utilizzo del prodotto. Il manufacturer diventa un fornitore di servizi che deve gestire asset con una vita non infinita, ad esempio i costi di ammortamento e di manutenzione. Ma stiamo parlando di una prospettiva nella quale il servizio passa da costo a valore con un modello di business che premia con una serie di vantaggi come la durata della vita del prodotto che sarà gestito sempre meglio nell’interesse reciproco del produttore e del cliente.

L’impatto della digital technology sui servizi

Coen Jeukens, VP Global Customer Transformation, ServicerMax

ServiceMax è una software company che progetta, costruisce, vende e implementa software dedicato ai servizi e oggi più che mai per capire l’impatto del digitale sui servizi è importante definire correttamente il contesto. Il web da una parte e la digitalizzazione dall’altra hanno permesso di dare vita alle basi della service industry: connettività, smart product, mobile devices, Internet of Things, wearable ecc. Sono tutte tecnologie adatte per le PMI e per il contesto italiano.  Se si guarda nello specifico all’impatto del digitale occorre portare l’attenzione sul prodotto, sull’asset, sul business process, sulle risorse umane, sulle competenze e sulla componente “customer” ovvero alle dimensioni che permettono di stabilire forme di relazione innovative con i clienti, come la disponibilità di connettersi, la comunicazione sui social media, la condivisione di informazioni ed esperienze.

Le priorità del service nella digital transformation

Secondo una ricerca commissionata a Forrester Consulting le priorità di più di 600 aziende che decidono di affrontare la digital transformation sono:

  1. Raccogliere apparecchiature e service data per guidare migliori decisioni di business
  2. Incrementare le digital skills di service dei tecnici
  3. Migliorare la customer satisfaction

From fixing what breaks to knowing what works

In questo contesto i clienti hanno la necessità culturale e reale di passare da “fixing what breaks to knowing what works”, di superare la logica dell’intervento a valle di un problema e di concentrarsi sul valore delle funzionalità che si devono interrompere il meno possibile. Purtroppo occorre anche non dimenticare che “una delle certezze nella vita è che qualcosa si romperà”. La sfida del digitale è dunque quella di evitare questo guasto, di renderlo il meno frequente possibile e di gestire al meglio tutte le possibili conseguenze. Se qualcosa si rompe sappiamo altrettanto bene che poi va sistemato e nel caso, un corretto warning permette di accelerare i tempi di intervento e di ridurre le conseguenze negative. Per i clienti l’attenzione è al downtime e la preventive maintenance permette di mitigare i costi. La connettività permette di usare i dati e questa è la vera chiave di volta: dati, dati, dati. Con i dati si possono riscrivere completamente le logiche di business. Ma la priorità deve essere quella di aiutare le organizzazioni ad affrontare questo percorso in base alla natura del business e alle più specifiche esigenze dei clienti.

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