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Tecnologie abilitanti e modelli di business per rendere reale il miraggio della manutenzione predittiva



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La predictive maintenance è un obiettivo ambizioso per molte organizzazioni, a prescindere dal settore di pertinenza. Ecco perché occorre un approccio che sgombri il campo da aspettative erronee o ingannevoli, un approccio come quello portato avanti dal MADE, Competence Center per l’Industria 4.0 che supporta le aziende nei loro processi di innovazione

Pubblicato il 9 apr 2024



concept di manutenzione predittiva

Tra le definizioni possibili della parola “miraggio” intesa in senso figurato, si può scegliere la seguente: “Prospettiva tanto allettante quanto ingannevole”. Se questa definizione la si associa al concetto di manutenzione predittiva o predictive maintenance, è opportuno scindere la prospettiva allettante, che consiste nella capacità di intervenire tempestivamente nella risoluzione di un malfunzionamento, dall’illusione che non esisteranno in futuro più guasti da riparare. Realtà come MADE hanno proprio l’obiettivo di fugare ogni dubbio in merito. Nato dal MISE, oggi MIMIT (Ministero delle imprese e del made in Italy), è un Competence Center per l’Industria 4.0 che supporta le aziende con attività di orientamento, formazione e finalizzazione di progetti di trasferimento tecnologico nell’era della quarta rivoluzione industriale. Rientrano fra questi progetti quelli inerenti alla manutenzione predittiva, di cui ci parla Luca Fumagalli, esperto di MADE4.0: “Per la manutenzione predittiva è fondamentale avere i dati su cui svolgere un’analisi. Solo così è possibile ricavare un segnale o un allarme che indichi quando sia opportuno o più conveniente fermare il macchinario”.

Le tecnologie abilitanti per la manutenzione predittiva

La premessa del professor Fumagalli consente di circoscrivere le tecnologie abilitanti che bisogna implementare affinché da una manutenzione reattiva e preventiva si passi alla manutenzione predittiva. La prima di queste tecnologie, che si riferisce alla sensoristica e a quello che oggi viene definito Internet of Things (IoT), non è nuovissima. Negli ultimi anni però ha avuto un enorme sviluppo, con innovazioni soprattutto sul fronte della miniaturizzazione dei sensori e su quello dello spostamento dei dati, ad esempio tramite il 5G, verso il luogo dove avviene l’analisi (cloud o edge). In merito all’analisi dei dati, invece, la novità più recente arriva dall’Intelligenza Artificiale (AI). “Anche in questo caso – sottolinea Fumagalli – non si tratta di nulla di nuovo. Esistevano già gli algoritmi e le tecnologie, tuttavia mancavano tempo ed esperienza. Oggi, con l’AI generativa, questi limiti possono essere superati ad esempio velocizzando moltissimo la fase di programmazione e di sviluppo software. Basti pensare all’ottimizzazione per attività quali il debug o la revisione del codice”. Ciò non toglie che il rischio del “miraggio” resta molto alto, poiché non basta avere algoritmi e analisi di big data – che adesso si possono ottenere più facilmente e celermente grazie alla Generative AI – se i dati a disposizione sono pochi. Gli “eventi” di guasto infatti non sono così ricorrenti, altrimenti il flusso produttivo sarebbe continuamente interrotto. Occorre perciò capitalizzare i pochi dati a disposizione, cercando una correlazione tra le caratteristiche dei dati e quelle dei guasti.

Dai casi d’uso alla personalizzazione dei modelli di business

In uno scenario siffatto, non sempre l’approccio data-driven rappresenta l’unica soluzione nell’ambito della manutenzione predittiva. “Ci sono modelli che si risolvono ancora con le formule di fisica e di ingegneria più classiche. Un esperto serve proprio a questo: ad aggiungere talvolta un modello data-driven su una conoscenza di presidio che viene prima” dice Fumagalli. E per rimanere al paragone del “miraggio” in cui le aziende potrebbero incappare, è come se ci si trovasse in un deserto e l’obiettivo fosse quello di sapere esattamente dove si trova l’acqua. In realtà, la manutenzione predittiva aiuta a scoprire che l’acqua c’è nei dintorni. Fuor di metafora, permette di capire in anticipo che sta per verificarsi un guasto in virtù dell’analisi dei dati raccolti sul campo, non tanto di individuare subito dov’è il malfunzionamento.

Questa peculiarità fa sì che i meccanismi di standardizzazione tipici dell’informatica, che si basano sulla replicabilità dei sistemi IT in settori merceologici affini, nel caso della manutenzione predittiva siano applicabili su casi d’uso analoghi, vale a dire su macchinari che registrano segnali simili o la cui classificazione sia equivalente. Sta all’esperto poi fare questo tipo di collegamento, travasando non solo l’esperienza di un caso nell’altro, ma anche identificando il modello di business adeguato alla specifica azienda. “Ogni tool, ogni software che contiene le librerie di vari algoritmi deve prevedere una personalizzazione” spiega Fumagalli, ricordando a tal proposito l’importanza della formazione di coloro che sono chiamati a utilizzare una soluzione per la manutenzione predittiva nel proprio ambiente.

Il ruolo del MADE nel supportare l’innovazione delle aziende

Il MADE non si limita ovviamente a formare gli addetti dello shop floor ma, prima ancora, porta cultura, competenze e best practice a favore delle aziende che intendono innovare e innovarsi, a prescindere dalla fase di innovazione in cui si trovano. Il che significa che possono beneficiare della consulenza e dei servizi del MADE sia le organizzazioni all’inizio del loro percorso di digital transformation sia quelle che l’hanno già intrapreso e che desiderano perfezionarlo. Sul versante della manutenzione predittiva questo si traduce nell’affiancare un’organizzazione alle prime armi, nell’aiutarla a selezionare la soluzione idonea o, ancora, nell’implementare il giusto mix di tecnologie e partnership per raggiungere un risultato a prova di miraggio. “Paradossalmente le piccole e medie imprese ultimamente sono le più favorite ad abbracciare il cambiamento” afferma Fumagalli in conclusione, richiamando un fenomeno come quello del passaggio generazionale in cui agli imprenditori del dopoguerra con il pallino della meccanica è subentrata una nuova generazione appassionata di tecnologia e informatica: “Negli anni Sessanta e Settanta in Italia si è investito nella metalmeccanica. Alla luce del successo di queste esperienze, molti continuano a prediligere approcci tradizionali legati alla meccanica standard, pensando che chi li ha preceduti fosse ‘innamorato’ della meccanica e non invece dell’innovazione. Se oggi l’innovazione coincide con la digitalizzazione, bisogna allora seguire la radice dell’innovazione. È quello che cerchiamo di far comprendere alle imprese ogni giorno con il MADE”.

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