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Da Leonardo all’Industria 5.0: l’innovazione al servizio dell’uomo e delle imprese

I contributi di Omron e Oracle in un evento organizzato da Digital360 nell’InnovationLAB di Omron per capire le nuove potenzialità dell’innovazione digitale anche alla luce delle “lezioni” di Leonardo e del Rinascimento sul genio e sulla creatività, interpretate da Matto Ordanini di The FabLab

Pubblicato il 05 Nov 2019

Orracle Omron home 2

Stiamo vivendo un momento speciale, in termini di innovazione per il mondo manifatturiero. Un momento in cui le straordinarie opportunità dell’innovazione tecnologica e del digitale stanno portando l’uomo e il suo ingegno verso un nuovo potenziale creativo, che è al servizio della competitività delle imprese e nello stesso tempo è nel segno di un rapporto tra ingegno, strumenti di produzione, cultura e produttività.

Nell’anno che segna le celebrazioni del cinquecentesimo anniversario della morte di Leonardo da Vinci si prospetta la possibilità di vivere una fase del rapporto tra uomo e strumenti di produzione che può trarre profitto e vantaggio dagli insegnamenti che ci arrivano dalla potenza creativa della Bottega Rinascimentale.

I protagonisti di questa fase sono prima di tutto le imprese di produzione, le aziende del manifatturiero, in tutti i comparti, che hanno la possibilità, grazie a nuovi strumenti di produzione, tecnologica e digitale, di cambiare tanto le logiche di produzione quanto i prodotti e, non ultimo, gli stessi modelli di business. Ma per trasformare questa opportunità in un vantaggio competitivo occorre prima di tutto conoscere e valutare esperienze ed proprio per rispondere a questa domanda di conoscenza che è nato il progetto e l’evento “Il Genio e le macchine: il nuovo paradigma dell’Industria 5.0” organizzato da Industry4Business del Gruppo Digital360 in collaborazione con Oracle e Omron nell’efficacissimo spazio dell’InnovationLAB di Omron a Milano.

La i-Automation di Omron: Integrated, Interactive, Intelligent

Marco Spimpolo, Regional Marketing Manager Omron Electronics Italia

Marco Spimpolo, Regional Marketing Manager Omron Electronics Italia mette subito in evidenza il messaggio chiave del fondatore di Omron Kazuma Tateisi, perfettamente in linea con il tema del rapporto uomo – macchina e che attiene alla missione di migliorare la vita delle persone e contribuire a costruire una società migliore. La società fondata a Osaka nel 1933 conta su più di 80 anni di innovazione in “sensing & control” vissuti nel rispetto di una filosofia aziendale dove il business deve creare valore per la società attraverso una innovazione che si ispira a bisogni sociali concreti. Con un Global Revenue di 6,6 Miliardi di Euro Omron opera in particolare nell’automazione industriale (46%), nei componenti elettronici per l’automotive (15%), nell’healthcare (13%) oltre ai componenti per elettronica e meccanica e nelle soluzioni e nei servizi per il sociale. Innovazione, strumenti e cultura per aiutare, come sottolinea Spimpolo, chi lavora nella manifattura ad aumentare la propria competitività.

La coesistenza di IT e OT si fa reale

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Tre sono le linee guida e i riferimenti per vincere questa sfida e sono le basi della cultura Omron:

  • Massima qualità
  • manifattura sostenibile
  • operational excellence

Ma Spimpolo porta l’attenzione anche sul metodo, ovvero su come la società permette ai clienti di mantenere e aumentare la propria competitività, ovvero attraverso la continua innovazione nella Factory Automation e con quella si potrebbe definire come la “regola delle 3I” della i-Automation: Integrated, Interactive, Intelligent.

Un approccio, quello di Omron, che per Spimpolo deve essere letto nella ricerca di un nuovo equilibrio e una nuova armonia nel rapporto tra macchine e persone, tra robotica e nuovi processi di lavorazione, tra robotica collaborativa e sviluppo delle competenze e innovazione degli ambienti di lavoro.

IoT, AI, Blockchain: il digitale è pronto per innovare le supply chain con l’OT

Per Simone Marchetti, Sales Development Manager, Digital Supply Chain Solutions Oracle, Leonardo Da Vinci rappresenta l’emblema di cosa l’uomo è capace di fare. Sicuramente una porzione di DNA l’abbiamo ereditata da lui, l’ingegno ci contraddistingue dalla macchina, ma da questa possiamo trarre aiuto e possiamo organizzare il rapporto in modo da minimizzare i rischi di frizione o di conflitto.

La seconda rivoluzione industriale, che ha portato alla migrazione dalle campagne alle città e da un’economia agricola a una produzione di massa, aveva generato una forte conflittualità nel rapporto tra l’uomo e i nuovi strumenti di produzione e conseguentemente nella società. L’uomo era diventato una sorta di compendio alle macchine, parte di esse, che poi non erano così evolute e avevano appunto bisogno di qualcuno che svolgesse compiti ripetitivi. In quello scenario non c’erano prospettive di trovare forme di convivenza.

Le attitudini sono la leva del nuovo manifatturiero

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Abbiamo attraversato questa fase arrivando al concetto di automazione e computer, che hanno aiutato a costruire fabbriche dove l’uomo potesse avere una relazione diversa con il lavoro. Oggi stiamo lavorando per implementare la quarta rivoluzione industriale in cui la connettività ci ha permesso di creare ambienti ancora di più a misura d’uomo, ma non sappiamo se ci siamo già arrivati.

Simone Marchetti, Sales Development Manager, Digital Supply Chain Solutions Oracle

Marchetti cita Alessandro Baricco nel libro The Game, dove si cerca di mettere in ordine cronologico e logico gli eventi che hanno portato alla civiltà digitale, sottolineando che stiamo vivendo in una sorta di gioco e facciamo valere le nostre ambizioni e aspettative secondo un sistema di regole molto giovane e recente. Non possiamo non considerarlo, di fronte al cambiamento del modo in cui possiamo lavorare all’interno delle aziende, anche perché sta creando un nuovo rapporto con la tecnologia, e impone di riscrivere le regole e le modalità di relazione tra persone e sistemi di produzione.

Un altro importantissimo cambiamento che accompagna questa trasformazione è il tema del cambiamento nelle abitudini dei consumatori. Siamo diventati digital customer, sviluppando attitudini e aspettative nei confronti delle aziende completamente diverse sia per quanto riguarda i prodotti che vogliamo sia per le modalità con cui vogliamo usufruirne. Dobbiamo reagire a questi cambiamenti. Le sfide sono:

  • Reagire a una necessità di customizzazione di massa: i consumatori richiedono altissima personalizzazione, ma l’economia di produzione deve mantenere la sua sostenibilità riuscendo a produrre quantitativi tali che giustificano gli investimenti.
  • Immediatezza: vogliamo tutto e subito a disposizione le informazioni, beni e servizi che ci interessano. Un tema che si riflette anche dal punto di vista dei cittadini
  • Multicanalità: non è banale per le aziende implementare strategie efficienti
  • Globalizzazione: con un tavolo da gioco sempre più ampio.

Il ruolo della customer experience

Abbiamo interpretato queste sfide e abbiamo realizzato applicazioni che permettono un dialogo tra i processi fondamentali in un’azienda completa che deve fare innovazione di prodotto, deve stare attenta alla customer experience, a una IT sempre più gestita e relativamente agli aspetti finance, che devono essere regolati secondo logiche nuove.

Oggi siamo tutti persone digitali e anche i processi sono votati alla digitalizzazione. Noi abbiamo permesso un dialogo per sfruttare il patrimonio di informazioni che risiedono dentro e fuori le organizzazioni. I dati rappresentano una nuova energia che crea valore per le organizzazioni. In questo ecosistema prendono importanza le tecnologie più innovative come ad esempio:

  • IoT: che permette di completare il quadro delle informazioni del mondo fisico per arricchire i sistemi informativi al fine di prendere decisioni più mirate
  • Intelligenza artificiale: che permette di automatizzare task ripetitivi, siamo schiacciati in processi complessi, vogliamo un percorso trasparente e che qualcuno ci aiuti a fare un lavoro
  • Blockchain: che permette di spostarci su modelli di business e paradigmi non del tutto esplorati e che nasconde tanto valore che può portare a compimento la trasformazione più ampia.

AI presente in modo nativo nelle applicazioni

Come Oracle, sottolinea Marchetti, abbiamo realizzato applicazioni che già sfruttano tutte le potenzialità dell’IoT e della blockchain.  Stiamo ragionando sul nuovo ruolo dell’uomo in relazione alla macchina. Mentre il grande dibattito è sull’AI, in merito alla sostituzione dell’uomo, anche con questioni di natura etica. E quasi tutte le aziende hanno capito che è un modo per creare competitività. È un compagno di lavoro che ci deve aiutare a prendere decisioni.

Abbiamo messo l’AI nativamente nelle nostre applicazioni, che risolvono problemi come di una pianificazione di lavoro per aiutare un determinato task in funzione delle informazioni che si hanno a disposizione. Abbiamo sviluppato applicazioni puntuali per risolvere problemi specifici. Un oggetto pronto all’uso che si mette a disposizione con data rack e interfacce conversazionali che danno suggeriment e con  App che sfruttano questi algoritmi e aiutano a capire il contesto con tutte le informazioni e a prendere decisioni.

Un altro aspetto è legato alla User Experience intelligente: oggi abbiamo cambiato mindset e la UX deve essere allineata alle nostre aspettative e al nostro modo di relazionarci con la tecnologia. Sono stati costruiti oggetti che creano un continuum tra noi e, ad esempio,  l’oggetto smartphone. La capacità di costruire agenti relazionali permette di creare una relazione con le app più fluida ed efficace.

Marchetti porta l’attenzione sui servizi cloud che poggiano su un’infrastruttura in grado di contenere tutte le tecnologie di cui abbiamo parlato e che permette di costruire applicazioni su infrastrutture collaudate e sicure. In questa prospettiva ci sono tutti i componenti per innescare e sostenere il nuovo paradigma della trasformazione digitale, per avere una copertura dei processi sfruttando appieno le tecnologie e con strumenti costruiti perché l’uomo possa convivere al meglio e possa mettere da parte lavori che non gli danno la possibilità di esprimere le capacità. Ovvero per permettere all’uomo di rimanere sulle attività a maggior valore.

Le sette lezioni sull’innovazione di Leonardo e del Rinascimento

Matteo Ordanini di The FabLab

E il tema delle persone è il vero filo conduttore dell’evento naturalmente ma anche di questa fase economica e sociale. I due mondi del digitale e dell’automazione sono spazi comuni. Se prima c’era distanza tra IT e automazione, adesso questo passo di innovazione è su una strada comune.

E siamo in un contento in cui l’ingegnosità delle persone, il genio di artigiani e artisti ha gli strumenti per diventare realtà, per trasformare la realtà. Ovvero siamo in un momento che ha non poche similitudini con l’epoca rinascimentale.

E Matteo Ordanini di The FabLab ci tiene prima di tutto a ricordare che rappresenta una startup impegnata proprio nel favorire i processi di trasformazione digitale nelle aziende e nella ricerca di una nuova sintesi tra genio e strumenti di espressione e di produzione. Ordanini propone di rileggere gli insegnamenti e le esperienze di Leonardo in 7 lezioni che ci permettono di capire da dove è arrivata la “magia” del Rinascimento e come è possibile recuperare quella dimensione unica, oggi, con le potenzialità straordinarie dell’innovazione.

Le 7 lezioni, ricorda Ordanini, che possiamo recuperare da Leonardo sono prima di tutto un insegnamento sul ruolo dell’innovazione nelle aziende:

  1. La crisi è una benedizione perché porta al progresso. La prima lezione è una delle chiavi di volta del pensiero di Leonardo Da Vinci che anche per questo atteggiamento è diventato uno dei capisaldi del Rinascimento, ovvero di un’epoca di rinascita dal momento buio del Medioevo. Leonardo insegna che serve un atteggiamento proattivo, che occorre reagire e che la crisi, la difficoltà è un momento che porta rimettere in discussione le certezze e a rivedere la realtà in modo creativo.
  2. Il secondo insegnamento riguarda il contesto. Occorre avere ben presente che Da Vinci non è un genio isolato. Non avremmo avuto il Leonardo che conosciamo se non ci fosse stato il suo maestro e tutti gli artisti dell’epoca. L’insegnamento importante per noi è che l’innovazione non parte da singoli individui ma è frutto di una sintesi tra esperienze, intelligenze, sensibilità, competenze, storie diverse.
  3. C’è poi il grandissimo tema dell’Intelligenza sociale e dell’empatia. È veramente importante che la creatività possa trovare terreno fertile attorno in termini di relazione tra le persone. Non sono sufficienti gli skill verticali, ma è sempre più importante saper comunicare, relazionarsi in modo creativo, valorizzare le idee e le visioni comuni.
  4. Interdisciplinarietà. Anche questo aspetto gioca un ruolo chiave. Avere non solo la mente aperta ma anche la curiosità e la capacità di mettersi in gioco con una creatività che si esprime su diverse discipline. Da Vinci è stato pittore, scultore, biologo, ingegnere civile ecc. si cimentava in tantissimi ambiti. Senza paura di mettersi in gioco, anzi, cercando di inseguire la conoscenza anche in funzione degli eventi, degli interlocutori, delle situazioni. Volendo attualizzare la situazione un personaggio che sta oggi interpretando le sfide di innovazione e creatività su più ambiti è Elon Musk: imprenditore, inventore e filantropo sudafricano con cittadinanza canadese naturalizzato statunitense. È fondatore, AD e CTO di Space Exploration Technologies Corporation, co-fondatore, CEO e product architect di Tesla e co-fondatore e CEO di Hyperloop.
  5. Non può mancare una lezione sull’education e sulle competenze. Occorre anche studiare e studiare tanto. E la parola in questo caso è STEM (Science Technology, Engineering and Mathematics) che si arricchisce, secondo alcuni, anche in STEAM (Science Technology, Engineering, Art and Mathematics), che si deve sviluppare in un contesto educativo con un approccio esperienziale in cui scienza, tecnologia, ingegneria e matematica vengono trasferiti agli studenti anche tramite la sperimentazione. Lo suggeriva anche Leonardo Da Vinci, solito definirsi discepolo dell’esperienza. Fare esperimenti è uno dei pilastri del metodo scientifico. Questo suo sperimentare non lo applicava esclusivamente alle scienze ma anche all’arte. Scienza ed esperienza.
  6. User Experience: ovvero progettazione attorno all’utente. Oggi siamo convinti che costruire prodotti e servizi a misura dell’uomo che siano interattivi e facili da utilizzare sia una chiave di successo aziendale. Leonardo lo diceva, i suoi prodotti erano attorno all’uomo. E oggi con la quarta rivoluzione industriale stiamo rimettendo veramente al centro l’uomo.
  7. Infine la modernità del Design thinking: il design ha il suo potere nell’analisi industriale, nella progettazione, non è solo legato al disegno estetico. Leonardo usava un processo rigoroso di progettazione. Un processo creativo che porta a progettare qualcosa che passa attraverso fasi standard dall’osservazione dei fenomeni, dall’individuazione del problema ecc. Da Vinci progettava allo stesso tempo osservando la natura, raccogliendo stimoli, sperimentando, provando e riprovando. Essere pronti a leggere in modo creativo la realtà, a tornare indietro e continuamente ad accogliere gli stimoli è un valore.

È il momento del fare: l’innovazione parte dall’esperienza

Rispetto alle opportunità che arrivano dal digitale e dalle tecnologie del mondo operation oltre ai temi dell’integrazione tra questi due mondi, come si muovono due aziende come Oracle e Omron per permettere alle imprese del manifatturiero di conquistare nuove forme di competitività puntando appunto sull’innovazione. Come vedere la questione del “Fare”?

Per Simone Marchetti la risposta è nella scelta di creare app cloud pronte con use case già definiti e tracciati, con la possibilità di iniziare a fare subito. “Il passo del cambiamento oggi è esponenziale, ha una curva molto rapida. Garantire alle aziende di iniziare a fare è la nostra mission oggi. Abbiamo costruito successi con molti dei nostri clienti perché stavano vivendo una fase di trasformazione e avevano necessità di fare. Noi abbiamo fornito loro gli strumenti. Siamo nella condizione di abilitare a fare innovazione”.

Per Marco Spimpolo l’investimento mirato che ha voluto Omron l’anno scorso nella costruzione dei centri Innovation Lab di competenze per tecnologie, ben otto centri in Europa negli ultimi due anni. Un progetto nasce dalla convinzione che il proof of concept sia molto importante per permettere alle imprese di capire la portata di progetti e dell’innovazione. Così come è importante la contaminazione, e ci rendiamo conto che l’interdisciplinarietà, ovvero la capacità di gestire punti di vista diversi tecnologici e relazionali sono valori che fanno la differenza.

La sfida di fare innovazione digitale nel Tissue

Per Antonio Mosca, Chief Digital Officer di Fabio Perini l’innovazione ha il “gusto” di una sfida molto particolare. Il settore è quello delle macchine per la carta, che si confronta con sistemi di produzione che hanno almeno 30 anni di vita, nella convinzione che la sfida è nei dati che si possono ottenere da queste macchine anche con la difficoltà che poi c’è un tema di condivisione dei dati da affrontare.

Mosca spiega che ha trascorso molti anni in settori diversi dal Manufacturing, con una lunga esperienza nelle TELCO, con compiti di gestione di reti di comunicazioni. E poi nell’advisory, in particolare in progetti per connettere macchinari, effettuare data collection, analizzare quegli stessi dati per ottimizzare i processi di maintenance e capire come migliorare la gestione delle reti. Da un anno è in Fabio Perini, dove ha avviato progetti che in una decina di mesi hanno permesso di collegare  le macchine più recenti in previsione di sviluppare soluzioni per l’assistenza remota. “Abbiamo semplificato il rapporto con i dati, la loro analisi e la visualizzazione del dato che serve in funzione del  contesto in cui serve e abbiamo realizzato dei “termometri” che ti dicono a che punto sei e quali sono le criticità. Ecco che chi non aveva mai visto un “termometro” l’ha voluto, chi se l’era costruito da solo, quando abbiamo proposto il nostro, anche i clienti più grandi hanno capito che il valore non è il dato in sé ma il valore che descrive e che permette di utilizzare. Ecco da questo elemento, sul dato e sulla possibilità di trasformarlo in valore, si è costruito un interesse e un insieme di azioni che aumentano la competitività delle imprese”.

Il digitale e la robotica trasformano il Fast Moving Consumer Goods

L’Innovazione è fatta anche di visione e di coinvolgimento delle persone e di capacità di contestualizzare gli strumenti a disposizione con le esperienze e le competenze delle persone. Cesare Gibilaro, Technical and Innovation & V. Factory Manager in Unilever osserva che oggi è relativamente facile acquisire i dati, ma la vera sfida è nella capacità di trasformare questi dati in valore, attività assolutamente non facile. “Stiamo lavorando per attivare i processi di miglioramento facendo leva sull’esperienza di chi conosce veramente la produzione e di chi conosce il contesto nel quale operano le macchine”.

Gibilaro sottolinea di credere molto nella blockchain, e di considerarlo uno dei driver dei prossimi anni. Il tema vero è che cresce il ruolo e l’importanza dei dati per tutte le imprese e occorre strumenti per fidarsi di questi dati.

Nella visione di Gibilaro la correlazione e il tema del rapporto tra uomo e macchina così come lo viviamo oggi è una questione transitoria. Occorre guardare alla revisione dei processi di lavoro, ripensare all’organizzazione delle attività, ad esempio evitando che ci sia gente che lavora sabato, domenica e nelle festività e che è chiamata a occuparsi di attività ripetitive, con poco valore e nello stesso tempo occorre capire ridurre i fattori di rischio. In prospettiva occorre anche puntare su macchine che siano in grado di autogestirsi.

Sperimentazione, sviluppo, attenzione ai dati e ai processi per cercare un nuovo vantaggio competitivo

L’innovazione impone e chiede di ricercare una nuova armonia tra uomo e macchina ma chiede anche di cercare un nuovo modo che permetta alle macchine e al mondo della produzione di sviluppare nuovi modelli di produzione e nuove forme di governance. La prospettiva è quella di definire processi e regole completamente nuove che vanno definite nel rispetto anche degli spazi e della nuova tipologia di contributi dell’uomo. Nicola Aliperti, European DPO coordinator & Central Eastern Europe BU IT Marketing lead in Coca Cola osserva che in Coca Cola si è deciso di utilizzare il design thinking ad esempio per rivedere il KMS in ambito GDPR. E sempre con l’ottica di sperimentare puntando sull’innovazione quattro anni è stato realizzato, insieme allo spin off del Politecnico, Cefriel, il modello Visual Innovation Framework molto simile al design thinking, una sorta di dimostratore e nello stesso tempo un prototipo per aumentare le potenzialità delle persone ma anche per impostare un rapporto più efficace con i dati e con la conoscenza degli strumenti di produzione e degli ambienti di produzione e di vendita. “Ad esempio, per capire quante volte venivano aperte le porte per acquisire i nostri prodotti ecc. Abbiamo utilizzato lo stesso approccio sperimentale e di prototipazione anche in altri ambiti”. Anche Aliperti sottolinea l’importanza della blockchain e la necessità di fare sperimentazione anche in quell’ambito.

Dall’Industria 3.0 al 4.0 il passaggio non è solo tecnologico, ma si gioca sulle competenze

Anche Golden Lady, come osserva Alberto Leali, Plant Director presso Golden Lady Company,  affronta la sfida dell’industria 4.0, ma mentre fino alla 3.0 quando si decideva di acquistare una macchina automatizzata i passaggi erano semplici: ovvero si individuava chiaramente il vantaggio competitivo e il ritorno dell’investimento nella percentuale di produzione in più oppure nel risparmio di risorse, la macchina era acquistabile e si potevano pianificare i risultati

“Adesso, con il paradigma 4.0 dobbiamo confrontarci anche con macchine che hanno 20 anni e che vanno benissimo a livello produttivo, ma mancano di elementi a livello di connettività. Adesso occorre capire quale vantaggio competitivo riusciamo ad ottenere dalla raccolta dati sul campo per avere un vantaggio economico. Ovvero dobbiamo anche introdurre la variabile, non certo facile ma importantissima, della capacità di tradurre i dati in valore per la nostra azienda.

Bisogna fare, perché continuare ad analizzare e fare progetti di fattibilità con la digitalizzazione è limitante. Di idee ce ne sono e tante. Anche noi ci buttiamo e facciamo, lo spunto interessante che ho ricevuto oggi è proprio questo. Siamo alla ricerca di giovani volenterosi. Le idee ci sono, dobbiamo metterle in campo. Magari sbaglieremo con i prototipi, ma impareremo e miglioreremo”.

Una automazione che sia in grado di dare più valore al tempo dell’uomo

Andrea Chevallard, Operational excellence manager del Gruppo Pontiggia osserva con attenzione che sul tema del valore dei dati in azienda cominciano ad essere sempre più presenti le figure dei data analyst e dei data scientist che giocano un ruolo chiave nella individuazione del valore dell’innnovazione a partire dai dati. Ma accanto a questo, osserva Chevallard , c’è anche una importante questione etica che si esprime sia nel rapporto uomo – macchina ma ancora di più nella capacità di sviluppare modelli in grado di far valere sempre di più il tempo dell’uomo. Siamo in una prospettiva che deve permettere lo sviluppo di forme di automazione che siano in grado di dare maggiore valore al tempo dell’uomo.

Servono forme di attenzione e di analisi diverse da quelle del passato, più attente agli ambienti, ai comportamenti, alle relazioni tra sensibilità e funzioni diverse. Le macchine possono essere un aiuto straordinario per cambiare le logiche di produzione e per creare modelli che mantengono l’uomo e la persona al centro in un contesto che vede i flussi di conoscenza passare dai dati.

La robotica al servizio della sicurezza e per creare un nuovo ambiente di lavoro

Uno dei temi per cui si parla tanto di Industry 5.0 e che è destinato a svolgere un ruolo sempre più importante è rappresentato dalla robotizzazione per la sicurezza dell’uomo, come osserva Davide Filiberti, ingegnere di produzione Giacomini. Per le imprese che sono oggi alle prese con il passaggio dal paradigma 3.0 al 4.0 parlare di 5.0 può essere prematuro, ma è importante avere una visione di queste prospettive, prepararle e sapere già oggi quali saranno i vantaggi.

Per quanto riguarda la collaborazione uomo-macchina, Filiberti afferma di prediligere soluzioni che permettano di ridurre i fattori di rischio per le persone e aumentare nello stesso l’efficienza. Una collaborazione ad esempio nel trasporto del materiale e nella movimentazione logica industriale. Nel caso di assemblaggio e nei cicli di lavorazione ci sono ancora preferenze sull’automazione tradizionale. Mentre ci sono delle prospettive per la mass customization, anche se ci sono forme di standardizzazione che sono difficili da raggiungere.

Dai prodotti intelligenti arrivano servizi più intelligenti

Uno dei temi che accompagnano questa innovazione è quello della integrazione tra innovazione su piani e su tecnologie diverse e nello stesso tempo quello della crescita culturale delle aziende. Gli ascensori e le scale mobili sono un prodotto, osserva Matteo Bonardello, Head of Marketing & Sales and Digital Business in Schindler Italia, che tutti noi usiamo ma noi tutti diamo per scontato che ci portino da un punto A ad un punto B, a destinazione. Con il passare degli anni, con la logica dell’IoT, da una decina d’anni tutte le nostre macchine hanno molta sensoristica, un parco connesso di alcune centinaia di migliaia di unità nel mondo.

“Dodici anni fa siamo partiti con un progetto di innovazione sull’intelligenza dei prodotti destinato ai tecnici di manutenzione: una sorta di cassetta degli attrezzi digitale dove trovavano non solo manutenzione intelligente delle chiamate ma anche applicazioni di risoluzione. Abbiamo allestito un technical operation center con un team di ingegneri che rende proattivo l’intervento sul campo dei tecnici. Abbiamo realizzato contratti di sorveglianza 24h e intervento proattivo. Anche sulla base di queste esperienze il tema del data scientist è per noi diventato concreto, abbiamo tanti dati e abbiamo la necessità di trasformarli in valore. Non ultimo, il fatto di lavorare sui dati permette di cambiare i prodotti, trasformarli in servizi e consente di agire sul rapporto tra azienda e cliente con una trasformazione vera e profonda”.

Verso nuovi modelli produttivi e nuove logiche di formazione delle persone

Brembo è un’azienda italiana di innovazione nel mondo automotive, specializzata nello sviluppo e nella produzione di impianti frenanti per veicoli e componentistica per auto, moto e veicoli industriali, per il mercato del primo equipaggiamento, i ricambi e per il racing. Claudio Locatelli, Automation & Special Projects Manager presso Brembo sottolinea l’importanza di unire sia i temi dell’efficienza, ovvero di una automazione che permette di produrre di più e meglio, con i temi della customizzazione. Il mercato, soprattutto quello dei prodotti ad alto e altissimo valore aggiunto chiede prodotti di qualità sempre più elevata e sempre più innovativi. E nello stesso tempo chiede anche personalizzazione. Per questo serve unire flessibilità e automatismi e da qui prendono vita nuovi modelli produttivi ma anche nuove logiche per la formazione del personale, per preparare le risorse umane a nuove forme organizzative.

Sicurezza per le persone e sicurezza deve saper rendere più sicuro il modo di lavorare dei dipendenti a prescindere dall’età e dalla preparazione e deve saper rispondere in modo nuovo al rema della gestione dei dati. Pierluigi Passera, R&D Director in VIMAR Spa osserva che in azienda sono stati fatti importanti investimenti per misurare le performance di processo produttivo, ma sempre più per progettazione, prodotto e servizio, tutte fasi che generano dati che vanno integrati e utilizzati per ottimizzare le singole aree. Ma un lavoro altrettanto importante è rappresentato dalla capacità di unire questi dati e di permettere un dialogo tra tutte le aree.

Inoltre, il tema del rapporto collaborativo apre nuove prospettive sia a livello di rapporto uomo macchina sia nei rapporti tra le persone. Passera sottolinea che far star bene le persone sul lavoro significa anche e soprattutto ridurre i rischi dell’operatore nello spazio collaborativo, ad esempio con una diversa gestione della movimentazione dei carichi.

Dalla manifattura alle banche: resta la centralità del dato

Apparentemente distante dalla manifattura il mondo finance e banking condivide l’importanza e la centralità del dato. Gabriele Milito, Business Intelligence & Group Data Office Lead in UniCredit porta l’attenzione sul fatto che c’è una necessità costante per tutti di lavorare sui dati. Nelle banche c’è sempre stato e forse oggi è un impegno ancora più rilevante.

I temi peraltro non sono distanti dal mondo del manufacturing. Milito ricorda che si è occupato di supply chain & innovation in aziende di automotive prima di approdare in Unicredit dove sta aprendo l’innovazione culturale e tecnologica da diversi anni, rivoluzionando completamente il processo decisionale della catena di comando e operativo. Per questa sfida ricorda che l’azienda ha assunto tanti data scientist e data specialist e ha creato laboratori per una contaminazione vera di competenze e discipline in cui è stato implementato un processo di estrazione dell’informazione all’interno del dato. Sottolinea che in questo progetto ha a disposizione dei veri e propri asset di Big Data e che il vero valore finanziario oggi non è più l’asset finanziario, ma è il dato ed è la capacità di estrarre insight, con la capacità di capire la realtà che circonda l’azienda per prendere decisioni consapevoli.

“Per raggiungere questi obiettivi l’azienda ha creato una piattaforma tecnologica e culturale che ci permette di prendere decisioni consapevoli. Ci si sta spingendo verso la progettazione di modelli predittivi e di simulazione che consentiranno di leggere in anticipo le realtà da affrontare. Tutto il processo end-to-end dall’analisi dei dati all’estrazione di informazione permette in pochi secondi di capire la realtà e l’informazione di cui l’azienda ha bisogno per prendere una decisione rapida ed efficace”.

La connettività che cambia l’operational technology

Edoardo Scattolini, Product Engineer Coordinator, Omron Electronics

Abbiamo parlato di industry 4.0, osserva Edoardo Scattolini, Product Engineer Coordinator, Omron Electronics, e se volessimo trovare una parola che definisce l’Industry 4.0 questa parola potrebbe essere connettività. Per connettività si intende l’IoT dedicato al mondo dell’operational technology. In questo ambito si è parlato dei vincoli e delle sfide tradotte in opportunità che l’industria manifatturiera si trova a gestire. Ci sono vincoli tecnologici con tecnologie che cambiano rapidamente e obbligano chi deve gestirle ad adattarsi alla velocità rapida di cambiamento, vincoli sociali legati ad esempio alla manodopera specializzata che deve gestire tecnologie che variano velocemente. Anche il tema ambientale cresce di importanza e se fino a ieri la focalizzazione era sulle performance di produzione senza troppi pensieri sui materiali, oggi questi devono essere sempre meno impattanti sull’ambiente.

Un altro cambiamento riguarda i consumatori che stanno cambiando, sono sempre più connessi, sono abili nella ricerca del prodotto di cui hanno bisogno, per loro vale il tema della mass customization che ribalta come ben sappiamo il modo di produrre. Si identificano così una serie di aree chiave sulle quali lavorare. E si innesta sempre qui anche il tema della safety & security, si deve parlare di sicurezza non solo dell’operatore ma anche di cybersecurity, di sicurezza dei dati e di privacy degli stessi, anche se sono riferiti ai prodotti e sono temi fondamentali per chi deve connettere le macchine e definiscono delle vere e proprie strategie di Risk management.

Omron, come fornitrice di tecnologie, ha elaborato il Concept Automations che porta al concetto di Flexible Factory: una fabbrica flessibile, dove le linee sono modulari per consentire una risposta reale alle esigenze, per plasmare la produzione su esigenze che cambiano nel corso del tempo.

Le sfide sono certamente importanti e impongono di lavorare per facilitare la vita di chi dal mondo dell’operation technology deve muoversi nella direzione dell’information technology, due mondi paralleli che non comunicavano tra loro e che nel passato ragionavano con obiettivi e concetti separati, oggi stiamo invece assistendo a un avvicinamento sempre più importante tra questi due mondi.

Un altro aspetto è nelle tematiche fondamentali su cui si concentra l’attenzione: l’intelligenza artificiale che vista dall’OT non è solo quella dei veicoli a guida autonoma quanto quella focalizzata su aspetti di produzione, di anomal detection, di gestione della qualità. Per ultimo, l’integrazione di tecnologie diverse sempre più capaci di colloquiare tra loro con prestazioni e velocità in ascesa in relazione al rapporto con le persone aprono a prospettive che portano a una nuova armonia tra uomo e macchina. Oggi si avverte il rischio che le macchine possano sostituire l’uomo. Con il 5.0, l’obiettivo sarà quello di inserirsi in una società dove le macchine sono viste come autentico ausilio agli operatori con capacità di interazione.

Un esempio tangibile di questo concetto Scattolini lo riprende ricordando il robot-giocatore di ping pong, che alla versione 5.2 mostra la capacità del robot non solo di adattarsi al livello di gioco del giocatore ma di aiutare a migliorarsi. Il robot è programmato con un obiettivo che non è quello di battere l’uomo ma di far crescere le sue capacità; l’abilità del robot è quella di capire il livello del giocatore e di adattarsi in modo che il giocatore acquisisca competenze. Un altro aspetto interessante del robot è che grazie all’AI e un paio di colpi capisce come interpretare il movimento dell’operatore e adattarsi rispondendo correttamente. Dunque la capacità della macchina di imparare dall’operatore, ovvero da chi inizialmente ha un’esperienza maggiore, adattarsi e portare di nuovo l’uomo a migliorare le proprie abilità. Questo è un po’ il concetto di Industry 5.0.

Il digitale e le application per democratizzare l’innovazione nelle imprese

Eric Prevost, Vice President, Industry 4.0 & Advanced Technologies, Oracle

Per Eric Prevost, Vice President, Industry 4.0 & Advanced Technologies, Oracle il ruolo dell’innovazione è anche quello di abilitare processi di innovazione che ciascuna azienda deve essere in grado di realizzare autonomamente sulla base di soluzioni applicative che sono testate, solide e che permettono di definire delle roadmap di implementazione e di raggiungimento di determinati obiettivi. La “filosofia” di Oracle permette un ripensamento dei prodotti, di innovazione di prodotto, della produzione e della distribuzione e dei modelli di business. Abilita le imprese a cambiamenti profondi e radicali sulla base di soluzioni solide. In questo scenario cambiano anche le logiche di ideazione e di produzione ed è possibile pensare a tutta la filiera del valore dei prodotti in chiave digitale. Si può e si deve considerare anche il vissuto del prodotto, il modo in cui viene utilizzato. I dati che vengono messi a disposizione del design sono un arricchimento culturale profondo per le imprese che possono trovare nuovo valore su questa strada di cambiamento.

E cambia naturalmente anche la fabbrica e con la fabbrica cambiano i processi e le operations, grazie alla disponibilità di dati analizzabili con strumenti digitali sempre più accessibili che permettono di agganciarli ad altre fonti come d esempio all’Internet of Things per avere il quadro completo dei fenomeni che accadono nello spazio fisico.

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Maria Teresa Della Mura
Maria Teresa Della Mura

Giornalista, da trent’anni segue le tematiche dell’innovazione tecnologica applicata ai modelli e ai processi di business.Negli ultimi anni si è avvicinata al mondo dell’Internet of Things e delle sue declinazioni in un mondo sempre più coniugato in logica smart: smart manufacturing, smart city, smart home, smart health.

Mauro Bellini
Mauro Bellini

Ha seguito la ideazione e il lancio di ESG360 e Agrifood.Tech di cui è attualmente Direttore Responsabile. Si occupa di innovazione digitale, di sostenibilità, ESG e agrifood e dei temi legati alla trasformazione industriale, energetica e sociale.

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